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Sito telematico dedicato all'informazione, al confronto, al dibattito sui problemi connessi con il CONTRATTO DEI DIRIGENTI SCOLASTICI – a cura del D.S. Paolo Quintavalla  in servizio presso la Direzione Didattica 3° Circolo di Parma - In Rete dal maggio 2000 –

 

 

 

 

NEWS 

 

PROGRAMMI E DEVOLUTION

La legge Bossi sulla devolution è … incostituzionale? Diciamo che esiste un errore tecnico-legislativo che potrebbe inficiarne la applicazione.

Questo è il mio parere, confortato da quello di alcuni esperti consultati.

Da una lettura attenta infatti del testo del ddl n. 1187 (la famosa modifica all’art. 117 già modificato dal centro-sinistra) approvato recentemente dal Senato, si evidenzia un errore tecnico-giuridico, apparentemente solo terminologico e non visibile a chi non mastica di normativa scolastica, ma secondo me importante, che rischia di rendere inapplicabile l’intero articolo: la legge in sostanza andrebbe modificata, pena la sua nullità, almeno in una parte non di poco conto. Mi scuso per le argomentazioni tecniche, ma altrimenti non si capirebbe il senso di quanto affermo.

Il testo approvato,come si sa, si compone di sole 11 righe e recita:

"Le Regioni attivano la competenza legislativa esclusiva per le seguenti materie:

omissis

c) definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della Regione

omissis"

Ora si dà il caso che l’espressione "programmi scolastici" sia sbagliata in quanto i "programmi scolastici" non esistono più nella normativa (e un po’ meno nella prassi didattica) a partire almeno dalla L. 59/97 (legge Bassanini) e dalle norme derivate. Infatti, nel D.P.R 275/99 (quello famoso che introduce nei fatti l’autonomia scolastica) essi sono stati sostituiti dai "curricoli"; e la sostituzione non è semplicemente terminologica, come dimostrerò.

Infatti all’art. 8 del suddetto DPR (Definizione dei curricoli) si dice che il Ministero "definisce a norma dell’art. 205 del D.Lgs. 297/94 .. per i diversi tipi e indirizzi di studio:

gli obiettivi generali del processo formativo

gli obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni

le discipline e le attività costituenti la quota nazionale dei curricoli e il relativo monte ore annuale

l’orario obbligatorio annuale complessivo dei curricoli comprensivo della quota annuale obbligatoria e della quota obbligatoria riservata alle istituzioni scolastiche (sottolineature mie) ecc.

Non si parla mai di "programmi scolastici" che infatti si intendono superati. Quando parliamo di "programmi scolastici" ci riferiamo nel parlare corrente (e anche nel modo di esprimersi giornalistico) all’elenco dei contenuti o degli argomenti costitutivi di una "materia" o disciplina: i programmi di storia, i programmi di matematica, tanto per intenderci. Fino a qualche anno fa infatti era lo Stato a fissare i "programmi" (nei Licei sono ancora adesso in vigore i Programmi Gentile del 1923!) e le Scuole dovevano adeguarsi.

Dal 1999, come dicevo, lo Stato ha attribuito tale facoltà alle Scuole, limitandosi a fissare "obiettivi" e "standard", ma non entrando nei "contenuti". Infatti, sempre nel D.P.R. 275/99 all’art. 4 si dice "Le istituzioni scolastiche … concretizzano gli obiettivi nazionali in percorsi formativi… " vale a dire che i "programmi" li fa la Scuola sulla base delle indicazioni del Ministero.

Quelli che normalmente e impropriamente chiamiamo i programmi Berlinguer/De Mauro o gli stessi Programmi Moratti non esistono come "Programmi" bensì come "Indicazioni nazionali" o "Piani di studio personalizzati" e se li andiamo a leggere si riferiscono a "obiettivi di apprendimento" per le singole discipline senza più indicare i "contenuti" (anche se nei Piani di studio Moratti a dire il vero si tenta di ritornare proprio ai contenuti, ufficialmente abrogati).

In sostanza lo Stato fissa gli obiettivi generali e, a livello disciplinare, definisce i vari tipi di scuola, il quadro orario (quello che si definisce il "piano di studio") dei vari indirizzi, indica i "profili di uscita" (e questi devono essere rispettati su tutto il territorio nazionale) mentre affida alle Scuole i "percorsi formativi" ossia i programmi delle singole discipline.

Ciò in linea non solo con il discorso sull’autonomia, ma anche con gli indirizzi prevalenti nell’odierna pedagogia e didattica. In sostanza:

NIENTE PIU’ PROGRAMMI NAZIONALI - questo è un dato ormai acquisito nella normativa (nella prassi didattica non sempre, anche perché dal 1999 il Ministero non ha ancora ufficialmente enunciato gli obiettivi e gli standard come previsto dal DPR 275/99).

Tornando quindi alla modifica del 117 proposta da Bossi, come fanno le Regioni a riservarsi una "parte dei programmi scolastici", visto che essi non esistono più? Esiste la "parte" del nulla? Avrebbero dovuto dire tutt’al più "la parte dei piani di studio" o del "quadro orario" o più esattamente della "quota di curricolo" che come si è visto è distinta in "quota nazionale" e "quota locale" (per il momento riservata alla Scuole e domani, chissà, alle Regioni, anche se con l’emendamento Bassanini introdotto al Senato, "salva l’autonomia delle Scuole", non si sa come va a finire: quota nazionale, quota regionale e quota delle Scuole? Mah! vedremo).

Quello che resta comunque certo è la imprecisione dei termini usati nella legge, il che, a mio parere, come dicevo all’inizio, rende la stessa inapplicabile. Cosa farà ora l’opposizione? Lascerà perdere, visto che neanche loro si sono accorti della cosa, o prenderà la palla al balzo?

Ciò che mi meraviglia è che con tanti esperti in legislazione scolastica (nella maggioranza e nell’opposizione) nessuno si sia accorto della cosa.

P.S. Chi scrive avrebbe voluto dire queste cose nel corso della trasmissione "Ballarò" alla quale era stato invitato martedì scorso (il giorno prima dell’approvazione della legge in Senato) ma non gli è stato consentito dal conduttore "per ragioni di tempo"!

Prof. Pasquale D’Avolio

Dirigente Scolastico Istituto comprensivo di Arta- Paularo (UD)

Referente Regionale ANDIS

(Associazione Nazionale Dirigenti scolastici)

 

 

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