RASSEGNA STAMPA DEL 18-19 SETTEMBRE 2000


LA STAMPA - 18 settembre 2000

pag.6


Scuola, si decide lo sciopero

Unitario o a scacchiera? Sindacato diviso


Tutti in piazza lo stesso giorno eppure scioperi a scacchiera? I sindacati della scuola decidono oggi su quando e come protestare contro quella che definiscono "l'elemosina" offerta loro dal governo. Tutte le sigle sindacali (dai confederali allo Snals e alle organizzazioni dei neo dirigenti scolastici; dal Gilda ai Cobas) sono infatti d'accordo nel ritenere che 400 miliardi, pari a un aumento di 30 mila lira nette in busta paga di ciascun docente, sono "briciole", soprattutto se si paragonano gli stipendi dei docenti italiani con quelli di altri colleghi europei.
Anche 1'Anp (Associazione nazionale presidi e direttori didattici) ha avanzate le sue richieste, minacciando "iniziative, di lotta": almeno 300 miliardi nella Finanziaria 2001, per portare ciascun capo istituto ad avere in busta paga circa 25-30 milioni lordi in più all'anno, ovvero la differenza che vi è con quanto guadagna un dirigente di Stato.
E' fronte comune, dunque, nella rottura delle trattative con il governo. Rimane da vedere, però, se l'articolato fronte sindacale riuscirà a trovare un'intesa per scioperare nello stesso giorno. A parte la richiesta di più soldi, i distinguo nelle rivendicazioni non mancano, anche tra le organizzazioni confederali. La Cisl-scuola insiste per un "progetto organico di investimenti pluriennali", ma soprattutto chiede che gli aumenti siano destinati a tutti i docenti. La posizione dello Snals è sostanzialmente analoga a quella della cisl-scuola; in più rivendica l'aggancio degli stipendi degli insegnanti ,a quelli dei professori universitari. Anche la Uil scuola vorrebbe un piano pluriennale di investimenti. La Cgil-scuola ha più volte chiesto, invece, di premiare innanzitutto gli insegnanti che si impegnano di più.
L'Unicobas, il sindacato ritenuto più estremista, nel proporre il 6 ottobre quale data dello sciopero generale, reclama invece un migliore trattamento per tutti e l'utilizzo dei 1260 miliardi del "concorsone" per istituire una indennità di funzione docente da distribuire a tutti i docenti. Parita di trattamento economico da riallineare a quello europeo è anche la bandiera di Gilda e Cobas.
A otto mesi dalla scadenza del contratto dei 730 mila insegnanti (esclusi i precari), si preannuncia un autunno difficile per la scuola. Dopo 1a rottura delle trattative, il ministro della Pubblica Istruzione, Tullio De Mauro, si è comunque detto ottimista: "Riusciremo a trovare un punto di equilibrio tra le richieste dei sindacati e le possibilità della Finanziaria", commenta.
Al momento, l'unica cosa certa è lo sciopero generale: unitario o scaglionato, è solo questione di giorni. A fare da detonatore è certamente lo scontro in atto sugli aumenti salariali, ma il malessere è più profondo. Le riforme in atto o annunciate creano più d'una incertezza e gli insegnanti italiani non si sentono sul piede di guerra solo per una questione di soldi.
Un'indagine dell'Eurispes dedicata ai problemi della scuola del Duemila rileva molti altri motivi di insoddisfazione che affliggerebbero i nostri docenti quasi con la stessa intensità della magra busta paga: la mancanza di strutture, dirigenti scolastici incapaci e genitori invadenti.
In particolare: i docenti di tutti gli ordini di grado di istruzione concorderebbero sul basso livello retributivo; quelli delle materne e delle elementari avvertirebbero un notevole disagio, soprattutto per la carenza di strutture basilari. un problema, quest'ultimo, che non interesserebbe molto, invece, i professori delle superiori, che mettono al secondo. posto di questa classifica dell'insoddísfazione i genitori interessati solo al rendimento.
[m.tor.]


IL SOLE 24 ORE - pag.19

Scuola n Non ci sono i 300miliardi di aumenti contrattuali richiesti per i 10mila capi d'istituto diventati dirigenti
Pochi soldi per i presidi-manager
In risposta l'associazione di categoria (Anp) minaccia lo sciopero

Sono dirigenti, ma senza nessun contratto. Hanno sulle spalle l'avvio dell'autonomia scolastica e devono gestire vecchi e nuovi problemi, con molte più responsabilità. Potrebbero rischiare perfino il posto, secondo le nuove regole, e comunque devono rispondere ed essere valutati per i risultati ottenuti. Adesso, il pericolo dell'ennesima beffa: scoprire che nella legge finanziaria non ci sono i soldi richiesti.
Secondo i capi di istituto, insomma, la promozione "virtuale" di grado ha dato, finora, solo angosce. E la categoria, da tempo abituata a digerire male lo spazio che sui media trovano invece gli insegnanti, minaccia: o ci date quello che ci spetta, o sarà sciopero. Di questo passo, aggiungono, la riforma della scuola potrebbe fallire.
La vicenda, che riguarda circa 10mila presidi e direttori didattici, ha avuto l'ultima puntata nei giorni scorsi, con una riunione presso il dipartimento della Funzione pubblica di Franco Bassanini, presenti i tecnici della Pubblica istruzione e del Tesoro. Così come per i docenti e il personale Ata (si veda, per questi ultimi, l'articolo qui sotto), il rinnovo del contratto si è intrecciato in modo perverso con la definizione della manovra economica per il 2001. Una Finanziaria che, paradossalmente, ha due problemi esattamente opposti e simultanei: da una parte, la difficoltà di come dare soldi agli italiani, attraverso il cosiddetto bonus fiscale; dall'altra parte, l'annunciata esiguità delle risorse disponibili per i rinnovi contrattuali. Così, nell'incontro della settimana scorsa svoltosi a Palazzo Vidoni, sede della Funzione pubblica, ai rappresentanti della Pubblica istruzione, che ha stimato in 250 miliardi la somma necessaria per il nuovo contratto dei capi di istituto, è stato risposto: i soldi non ci sono.
Venerdì scorso, però, il sottosegretario Giovanni Manzini ha ribadito ufficialmente che "il passaggio alla dirigenza comporta circa 200-250 miliardi di oneri". Quanti ce ne saranno effettivamente nella Finanziaria, però, non è ancora stato deciso. Comunque, la stima del ministero guidato da Tullio De Mauro ha già abbassato quasi del 20% la richiesta economica, pari a 300 miliardi, contenuta nella piattaforma dell'Anp, l'associazione nazionale presidi. Così l'operazione "presidi-manager", che ha già comportato una spesa di circa 80 miliardi per la formazione dei neodirigenti, rischia di finire in panne. Con l'imbarazzo della Pubblica istruzione, divisa tra l'esigenza di rispondere alla categoria investita della responsabilità dirigenziale di avviare l'autonomia, e le necessità inevitabili degli equilibri di governo, soprattutto in materia economica.
C'è poi un aspetto apparentemente formale, che tuttavia ha innescato tensioni sindacali altissime. I capi di istituto non vogliono assolutamente vedersi assegnati stanziamenti all'interno del comparto scuola. Avvisa Giorgio Rembado, presidente di Anp: "Se il Governo ci considera nel comparto scuola non rispetta la legge, che ha posto i capi di istituto nella quinta area della dirigenza pubblica. Noi siamo fuori dal comparto scuola". E tanto per non nascondersi dietro un dito, Rembado dice i modo esplicito: "Se non saranno accolte le nostre richieste, mobiliterò la categoria". Certo, il peso numerico (e, dunque, politico) dei presidi è inferiore a quello dei circa 750mila docenti. Ma è anche vero che gli istituti, ora, sono fortemente legati con l'autonomia alle responsabilità e alle attività svolte dai presidi o direttori didattici. Aggiunge con amarezza Rembado: "Almeno si faccia subito il contratto e si definisca la parte normativa del rapporto di lavoro, attraverso l'avvio del confronto tra le parti nella sede dell'Aran, l'Agenzia per la contrattazione per il pubblico impiego".
Il problema è che tutto è fermo finché non sarà pronta la direttiva del governo, di fatto preparata dal ministro Franco Bassanini, da inviare all'Aran. E alla Funzione pubblica sostengono, non senza ragioni, che il testo della direttiva, peraltro ormai definito nei contenuti giuridici, manca, appunto, di un elemento fondamentale: la quantificazione dei soldi da destinare a questo contratto, il primo per i presidi-manager, di durata breve (1° settembre 2000-31 dicembre 2001).
La parte normativa proposta dalla Pubblica istruzione, esaminata poi dai tecnici di Franco Bassanini, è stata sostanzialmente recepita. A quanto risulta, però, è stata anche in parte modificata, attraverso una più piena definizione dirigenziale del preside o direttore didattico, in linea con la riforma prevista dal decreto legislativo 29/93. In pratica, ferma restando la specificità della scuola, il capo di istituto sarà un dirigente pubblico senza sconti, con tutti gli oneri e gli onori del caso.
Non è escluso che a questo punto, forse, qualcuno, tra i capi di istituto, rimpiangerà il vecchio e certo meno rischioso sistema.
Marco Ludovico

n E IN BUSTA PAGA
Stipendi minimi lordi dei capi d'istituto in base all'anzianità di servizio nel 1999(*)

anzianità

retribuzione

Da 0 a 2

49.875.000

Da 3 a 6

51.353.000

Da 9 a 14

55.750.000

Da 15 a 20

60.135.000

Da 21 a 27

64.556.000

Da 28 a 34

70.406.000

Da 35

74.827.000

Fonte: elaborazione su dati Anp
(*) Al minimo contrattuale sono stati aggiunti 13 milioni di lire di indennità integrativa speciale (uguale per tutti) e il minimo dell'indennità di direzione, pari a 4.728.000 lire


n E LE FORZE IN CAMPO
Numero del dirigenti delle istituzioni scolastiche suddivisi per Regione

Abruzzo

276

Molise

94

Basilicata

183

Piemonte

631

Campania

1.298

Puglia

870

Calabria

591

Sardegna

257

Emilia Romagna

537

Sicilia

881

Friuli Venezia Giulia

174

Toscana

542

Lazio

926

Trentino Alto Adige

226

Liguria

229

Umbria

176

Lombardia

1.221

Valle d'Aosta

*30

Marche

271

Veneto

716

 

 

totale

10.129

Fonte: Associazione nazionale presidi
*dato non definitivo


19 settembre 2000

pag.19

30mila lire? No, grazie. É sciopero
Confederali e Snals scenderanno in piazza entro il 15 ottobre

DANIELA DE CRESCENZO

La scuola si ferma. I sindacati confederali e lo Snals, che si sono riuniti ieri sera nella sede della Cisl scuola dichiareranno una giornata di sciopero entro i primi 15 giorni di ottobre. Unicobas e Cub protesteranno il 6 e il 13 ottobre. L'astensione dal personale Ala è stato proclamato, invece, dai Cobas per venerdì. La Gilda ha già organizzato ieri un sit-in a Firenze. La riunione tra le segreterie confederali e lo Snals, che ha deciso di partecipare solo all'ultimo momento, è andata avanti fino a notte inoltrata. In discussione soprattutto la piattaforma della protesta, mentre resta ancora incerta la data della sospensione delle lezioni.
Ma non c'è dubbio: i prof intendono rinviare al mittente la "mancia di De Mauro", le trentamila lire di aumento che il ministro vorrebbe mettere nelle loro buste paga. Una protesta dura. Ma il ministro risponde con una battuta alla richiesta di dimissioni del Ccd e di Forza: "Se le mie dimissioni servissero a far aumentare gli stipendi degli insegnanti, sarei pronto a dimettermi". E sull'esito della vertenza De Mauro resta ottimista: "Credo che si finirà per trovare un punto di incontro in positivo tra le richieste dei sindacati, i vincoli della finanziaria e le esigenze degli insegnanti".
Ma, probabilmente nelle prossime ore sulla questione interverrà il Governo: Amato potrebbe convocare i rappresentanti dei lavoratori per ridiscutere dell'intera faccenda. "Il problema resta quello di disegnare un percorso che porti in qualche anno gli insegnanti italiani sui livelli retributivi dei loro colleghi degli altri paesi europei - dice la segretaria della Cisl-Scuola, Daniela Colturani - noi non chiediamo solo più soldi subito, ma pretendiamo, finalmente, un progetto complessivo".
"Va riconosciuto l'impegno di tutti gli insegnanti coinvolti dai processi di riforma e contemporaneamente va valorizzata la professionalità - ribadisce il segretario della Cgil scuola, Enrico Panini -. Il concorsone va definitivamente archiviato. Bisogna dare aumenti a tutti, e, contemporaneamente, affidare alle scuole dei soldi da distribuire agli insegnanti".
Al ministro e ad Amato, se li convocherà, i sindacati chiederanno innanzitutto di incrementare la cifra da destinare a tutti i docenti. 1400 miliardi di cui si è parlato nell'incontro di giovedì scorso sono una cifra assolutamente insufficiente ad avviare un percorso che porti a stipendi decenti: su questo punto sono d'accordo tutti i sindacati. E non sembrano sufficienti nemmeno i 600 miliardi di cui si era parlato fino all'incontro di giovedì tra il ministro e i rappresentanti (lei lavoratori che avevano indicato una cifra che si aggirava intorno agli 800 miliardi. Paradossalmente, però, sembra più facile riempire il buco dei 400 miliardi che separano Governo e sindacati, che trovare un accordo sui criteri per distribuire i 1260 miliardi previsti dall'articolo 29 dell'ultimo contratto di lavoro, quello che riguardava il cosiddetto concorsone. Bocciata ogni ipotesi di test ed esami, i Cobas insistono per il criterio dell'anzianità, i confederali cercano meccanismi che possano riconoscere i più meritevoli senza mortificare tutti gli altri. È certo, però, che nelle tasche degli insegnanti arriveranno nei prossimi mesi anche gli aumenti legati agli scatti biennali del settore del pubblico impiego: e i prof sono il 48 per cento di tutti i lavoratori del settore. Contemporaneamente il ministero dovrà sborsare circa 170 miliardi a seguito del passaggio del personale Ata (i cosiddetti ausiliari) dai ruoli degli Enti Locali a quelli dello Stato e almeno 170 miliardi per il nuovo contratto di presidi e direttori didattici che sono diventati "dirigenti".Un cumulo di spese non facile da sopportare in una legge finanziaria dai margini piuttosto ristretti: "Per salvare la scuola non possiamo portare il Paese al collasso economico", ripete il ministero. Ma gli insegnanti non ci stanno.


Presidi sul piede di guerra

Un autunno di fuoco aspetta, anche i presidi, che scendono sul piede di guerra, chiedendo 300 miliardi in più in finanziaria per il 2001. Come i docenti, anche presidi e direttori didattici minacciano iniziative di lotta, chiedendo un migliore trattamento economico in attesa di un contratta, dopo essere diventati dirigenti scolastici. il presidente dell'associazione nazionale presidi, Giorgio Rembado, chiede un trattamento economico e retributivo adeguato a quello dei dirigenti di Stato. Ma i presidi scenderanno in piazza insieme agli insegnanti il 6 ottobre? La risposta arriverà nei prossimi giorni.

I FONDI MESSI A DISPOSIZIONE DAL GOVERNO PER LA PUBBLICA ISTRUZIONE

1.260 miliardi

per l'articolo 29 del contratto di lavoro dei docenti

170 miliardi

per il passaggio del personale ATA allo Stato

250 miliardi

per il passaggio di presidi e direttori didattici nei ruoli della dirigenza del pubblico impiego


De Mauro:pronto a dimettermi se servisse a dare gli aumenti
Scuola, sciopero dei prof entro la metà di ottobre



di MARIO REGGIO

ROMA - Fino a tarda notte ancora nessuna decisione dal conclave dei segretari nazionali scuola di Cgil, Cisl, Uil e Snals, che devono concordare il calendario degli scioperi degli insegnanti. Il nodo riguarda soprattutto le controproposte sindacali alle offerte del ministro De Mauro e quindi la piattaforma sulla quale mobilitare gli ottocentomila docenti della scuola italiana.
La Gilda ha deciso di attendere gli esiti dell'incontro prima di prendere una decisione: "Siamo disponibili a partecipare ad un' iniziativa che faccia gli interessi della categoria --commenta il neosegretario della Gilda Alessandro Ameli - e non quelli delle sigle sindacali che tentano di recuperare il consenso in vista delle elezioni delle Rsu a dicembre. Prima di decidere vogliamo vederci chiaro sulla piattaforma di confederali e Snals. Chiedia
mo che intervenga il presidente Amato per riaprire la trattativa, ma vogliamo cifre certe sull'impegno finanziario del governo".
E il governo? Per il momento nessun segnale da Palazzo Chigi. Dall'opposizione arriva l'invito al ministro De Mauro di dimettersi: la richiesta è stata ufficializzata ieri dal Ccd e da Forza Italia. "Il ministro De Mauro, al momento del suo insediamento dichiara Franco Asciutti, senatore di Forza Italia e vicepresidente della Commissione Cultura evidenziò il problema degli stipendi degli insegnanti collocandolo come prioritario nel suo programma. Oggi, dopo aver offerto 800 miliardi, il Governo dimezza la cifra degli aumenti. Un atto che sconfessa il ministro della Pubblica Istruzione, quindi di fatto lo sfiducia".
Il ministro risponde: " Se le mie dimissioni servissero a far aumentare gli stipendi agli insegnanti sono pronto. Se l'ostacolo alla conclusione positiva della vertenza sono io, sono pronto a consegnare subito la lettera di dimissioni". Quali sono le prospettive perché la trattativa riprenda? "Bisogna vedere come si pronunciano i sindacati e come organizzano le manifestazioni. Io, dopo aver parlato a lungo coni sindacalisti e anche con i miei colleghi di Governo, credo che si finirà per trovare un unto d'incontro, in positivo, trae loro richieste, i vincoli della Finanziaria e le esigenze degli insegnanti".
Se il Governo tace dalla maggioranza arrivano messaggi distensivi:Walter Veltroni, chiudendo domenica scorsa la Festa nazionale dell'Unità a Bologna, ha invitato Palazzo Chigi a trovare altre risorse finanziane per la scuola e ha rivendicato le riforme come patrimonio del centrosinistra. Ieri, il responsabile Scuola dei Popolari Franci Ciliberti ha assicurato che il Governo "darà agli operatori scolastici tutti i riconoscimenti che meritano non solo sul piano professionale, ma anche su quello economico, pur nel quadro delle compatibilità. Non mi meraviglia che Casini chieda le dimissioni di De Mauro - ha concluso - perché fa parte del normale comportamento della destra che, almeno una volta a settimana, invita alle dimissioni un ministro a caso".
Questa volta scendono in campo anche gli studenti:"Riteniamo che sia senz'altro urgente un aumento di stipendio, tangibile, per tutti li insegnanti --si legge in una nota dell'Unione degli studenti - questo però non deve significare soldi a pioggia o 1'affossamento di un sistema che sappia premiare gli insegnanti che più s impegnano e si dedicano alla loro professione. Ma il dibattito non si può esaurire solo sugli stipendi dei docenti. Chiediamo cospicui finanziamenti per 1'edilizia scolastica, investimenti sul diritto allo studio e maggiori stanziamenti per l'autonomia delle scuole".

INSEGNANTI ISCRITTI AI SINDACATI

CISL

130nila

UIL

40mila

SNALS

90mila

GILDA

22mila

CGIL

89mila

COBAS

6mila

LE OFFERTE DEL GOVERNO

EX CONCORSO DI MERITO

1260 miliardi

AUMENTO IN FINANZIARIA

400 miliardi

CONTRATTO DIRIGENTI SCOLASTICI

250 miliardi

COSTO 100 MILA AUSILIARI TECNICI E IMPIEGATI EX DIPENDENTI COMUNALI

150 miliardi

 

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