Per chi si appresta alla lettura del romanzo, voglio precisare che non siamo in procinto di scivolare in un pantano di sistemi filosofici liquefatti e di nuovi precettismi moraleggianti. Spavaldi e Parplessi è un “romanzo vivo”, una cronaca di vita sul filo di quel ritmo a martello che ha dato vita al Rigodon di Celine, un intreccio di vicende sentimentali dove affiorano radici da cui ha tratto linfa il Buzzati “Un amore”. Ma oltre lo scocco delle emozioni vorrei soffermarmi sulla presa nella realtà che si approfondisce tra le pieghe della storia narrata, al centro della quale si trova l'uomo come “io prigioniero” che tende a liberarsi come “individuo autentico e personalità singola irriducibile” mentre la “macchina sociale moderna”, come la definisce Elémire Zolla, nei suoi stravolgimenti radicali ci sta portando sull'orlo di un baratro neo-nichilista, fino al punto di rendere priva di qualunque orientamento e perciò invivibile la vita.
Fulvio Aglieri
Nell'introdurre un romanzo così ricco di significati, come Spavaldi e Perplessi, devo per prima cosa constatare che l'autore è riuscito a conciliare una letteratura alta, di qualità, densa di significati, con un'esigenza di comunicazione che rende il testo scorrevole, di immediata leggibilità, in modo da permettere sia al lettore più colto che quello meno preparato di leggere una storia avvincente, testimonianza dei “nostri tempi”.
Il romanzo è costruito con una formula narrativa di grande efficacia, che consiste nel modificare la prospettiva e il punto di vista del narratore, che può di volta in volta coincidere con il punto di vista di uno dei protagonisti o rimanere nella formula tradizionale della narrazione impersonale. L'autore riesce a conciliare spunti e “generi narrativi” molto diversi fra loro,dal romanzo autobiografico al diario “giovanilista”, dal racconto esistenziale al “noir”, con un notevole spessore culturale,molto superiore al livello consueto dei “generi” trattati. Il pastiche linguistico che ne deriva, dà freschezza e vivacità alla narrazione, rimandando il lettore all'attualità della situazione socio-culturale descritta.
Ubaldo Giacomucci
Senza voler creare pregiudizi all’interesse e al gusto della lettura, vorrei però soffermarmi sullo stile di Spavaldi e Perplessi, molto diretto e scorrevole, sostenuto da un impianto narrativo di particolare icasticità, che scandisce la psicologia dei personaggi in sequenze nette, consecutive, con quella sorta di dinamismo che richiama il procedimento di costruzione cinematografica nello sviluppo di una storia qualsiasi.
Peraltro si evidenzia come prerogativa del narratore (oggigiorno sempre più rara, tra sperimentalismi e avanguardie) la capacità di costruire quella che Umberto Eco, prendendola in prestito da Lukàcs, aveva definito la fisionomia del personaggio tipico; vale a dire la capacità di dar vita a un personaggio, tratteggiandone la personalità con caratteri netti (a volte quasi abnormi) ma sempre vivi e pulsanti, in un contesto di attualità così verosimile da coinvolgere il lettore come se condividesse moventi psicologici e ragioni intellettuali del personaggio, incarnazione romanzesca dei connotati del proprio tempo.
Questa capacità di costruire un personaggio, tratteggiando la sua fisionomia particolare, vale non soltanto per Elsa Conforti (la protagonista) ma per Romolo, per Riko, per Androwsky, per il padre di Elsa, per sua madre Brunella, per Abramo e tutta una molteplicità di coprotagonisti che ruotano intorno a un nucleo familiare in disfacimento, con un aggancio di straordinaria verisimiglianza alla realtà attuale, quasi “referto generazionale” all'inizio del terzo millennio.
Bruno Corsaro Neri