Maurice Sand
GIOCATTOLI E MISTERI
Fantasia in un atto andata in scena
per la prima volta a Nohant il 18 giugno 1871.
Anselmo
Hans, mercante di giocattoli
Mardoscé, vecchio ebreo
Paicul
Angramanio, genio
Giulietta, figlia di Hans
La baronessa
Carlotta, sua figlia
Doretta, serva
Lunaria, regina delle bambole
Bambole, compagne di Lunaria
Spiriti e Geni sotto diverse forme
La scena si svolge a Norimberga verso
il 1780.
La bottega di un mercante di
giocattoli di Norimberga. In primo piano, alla sinistra dello spettatore, una
vetrinetta con giocattoli in bella mostra. Di fronte, l’ingresso vetrato con
una porta al centro, da ogni lato una vetrinetta con giocattoli. Alla destra
dello spettatore, una scala a chiocciola sale al primo piano. Davanti alla
scala, una tavola imbandita con due coperti e due sedie. Giocattoli appesi alla
parete. In fondo, dietro alla vetrina della bottega, il profilo della città di
Norimberga sotto il chiaro cielo di una notte serena.
All’alzata del sipario, Hans e Giulietta sono in fondo
alla bottega. Anselmo, in primo piano vicino alla tavola, sta apparecchiando.
Poi Doretta.
Anselmo: Ne è valsa proprio la pena aver studiato due anni
all’università d’Heideilberg, per venire qui a Norimberga dal signor Hans, mercante
di giocattoli, a coprire il ruolo di commesso di bottega e servitore! Solo
l’attrazione e l’amicizia che provo per la signorina Giulietta, la figlia del
padrone, potevano attirarmi e trattenermi qui. Ha degli occhi blu a mandorla
così belli e dei così bei capelli biondi! Quando mi guarda per darmi un ordine,
il cuore mi batte così forte e il sangue mi ronza talmente nelle orecchie, che
non capisco una parola di quello che mi dice. Quando non la vedo, trovo un
sacco di cose che potrei dirle. Quando compare, tutto svanisce. Allo stesso
tempo m’impaurisce e mi ammalia. Oh! Non oserei mai dirle che io, il dottor
Anselmo, mi son fatto garzone e suo servitore.
Doretta: (Portando la zuppa) Ecco servita la zuppa alla
birra! Beh, Anselmo, che fate là? Sempre a fantasticare! Invece di avvertire il
padrone e la signorina? Si direbbe che non osiate rivolgervi a loro… (A parte)
È molto caro, certo, ma così svagato! Oh, quant’è svagato. (Se ne va al fondo)
Mastro Hans, la cena è servita. (Esce)
Hans e Giulietta mentre vengono a sedersi.
Hans: Anselmo!
Figliolo, volete occuparvi voi del banco durante la cena?
Anselmo:
Certo, signor Hans, con piacere.
Hans:
Insomma, non chiamatemi sempre “signore”. Io non sono un borghese, ma un
artigiano, e a suo tempo un operaio, oggi venditore e commerciante. Chiamatemi
mastro Hans… Non soffro di superbia, e se non ci fosse tanta clientela da
soddisfare in questa vigilia di Natale, vi direi: sedetevi qua con noi e
servitevi.
Anselmo: Oh!
Mastro Hans, so che non devo…
Giulietta:
Domenica chiuderemo il negozio e andremo a passeggio in campagna. Voi ci
accompagnerete, Anselmo, e ceneremo tutti insieme alla locanda della “Pipa
Colorata”.
Anselmo: Oh!
Signorina! …sarebbe un onore. Io non so… (A parte) Non trovo le parole per risponderle,
sono come paralizzato… (Se ne va al fondo)
Hans: È un
bravo ragazzo questo Anselmo.
Giulietta:
Sono due mesi che è qui e ha sempre mostrato un carattere gentile e rispettoso.
Hans: Inoltre
è anche colto e parla forbito con la clientela. Versami dell’altra zuppa…
Grazie… E poiché non è un ragazzo scorbutico, le mamme e le ragazzine si
rivolgono più volentieri a lui che a me, vecchio bacucco.
Giulietta:
Mi pare invero molto timido!
Hans: È
l’età.
SCENA III
Entrano la baronessa e Carlotta.
Baronessa:
Buonasera, signor Anselmo. Avete qualche giocattolo nuovo per la mia bambina?
Carlotta, guarda se qualche cosa ti piace.
Carlotta:
Oh, mamma! Voglio tutto quello che c’è.
Baronessa:
Tutto è troppo! Signor Anselmo, scegliete qualcosa per me, voi avete gusto…
Anselmo:
Signora, non so che dire: un corredo di
mobili… una bambola a molla…
Carlotta: Ne
ho già quindici. Io vorrei… un cacciatore, per sposarlo con la mia bambola
grande.
Anselmo:
(porgendole un giocattolo) Eccoti accontentata, signorina…
Carlotta:
Codesto non è affatto bello, non è alla moda e non ha la livrea.
Anselmo:
Perché l’ha persa in battaglia.
Baronessa:
Carlotta! È meglio questo soldatino. È carino e assomiglia al signor Anselmo.
Anselmo: Oh,
signora! È più bello di me.
Baronessa:
Quanto costa?
Anselmo: Sei
talleri.
Baronessa:
Eccoveli! Il giocattolo m’ingombrerebbe però: ve lo lascio. Me lo porterete
questa sera.
Giulietta:
Anselmo! Venite dunque, datemi un piatto.
Anselmo: Sì,
signorina.
Giulietta:
Che cosa vi diceva la signora?
Anselmo: Di
portarle quel soldatino in legno a domicilio.
Giulietta:
Voi non siete qui per fare la consegne. (Alla baronessa) Signora, vi invierò il
pacco con la mia serva.
Baronessa:
Lo porterò via io stessa. Buona sera. (Prende il giocattolo ed esce)
SCENA IV
Entra Paicul, figlio del consigliere.
Paicul:
Piacere di vederla, signor Hans…
Hans:
(Alzandosi) Ah! Il signor Paicul, il figlio del consigliere.
Anselmo: (A
parte) Ancora questo bellimbusto. Da qualche tempo, viene fin troppo di
sovente.
Paicul:
Signorina Giulietta, l’altro giorno mi avete confidato il desiderio di andare a
teatro e io mi sono procurato dei biglietti per questa sera.
Giulietta:
Oh! Siete proprio adorabile, signor Paicul!
Paicul:
Signorina, poiché ne siete contenta, io sono ripagato dell’incomodo.
Anselmo: (A
parte) Ecco ciò che non sarei mai in grado di dire. Fa lo stesso, questo
damerino mi irrita.
Giulietta:
Allora, questa sera andremo… Padre mio, sbrighiamoci a cenare.
Hans: Sì,
facciamo in fretta per non fare aspettare il signor Paicul.
Paicul: Ora
vi lascio e avrò l’onore di venirvi a prendere con la mia vettura.
Hans: Siete
troppo gentile, ma andremo a piedi.
Paicul: No,
no! A fra poco. (Esce)
SCENA V
Hans:
(Sedendosi) Giulietta, c’è ancora della zuppa?
Giulietta:
No papà. (Chiamando) Doretta!
Doretta:
(Portando un piatto) Eccomi, signorina.
Hans: Che
cosa avete lì, mia giovane cuoca?
Doretta: Crauti
con salsicce di Francoforte confezionate dal salumiere all’angolo.
Hans:
Perfetto!
Doretta: Non
avete lasciato neanche un po’ di zuppa.
Hans: Ed è
colpa tua: non bisognava farlo così buona. Ne farai dell’altra per te e
Anselmo.
(Doretta esce).
SCENA VI
Mardoscé:
(Entrando dal fondo con un cesto. Con un pronunciato accento ebraico) Volete
delle bamboline, delle graziose bamboline?
Anselmo: Ce
le abbiamo già…
Mardoscé:
Non ne avete di così belle: guardate! Comprate le mie piccoline.
Anselmo:
Sono molto belle, non dico di no; ma io non sono il padrone.
Mardoscé: E
dov’è il padrone? Ah, eccolo. Buonasera signor Hans, comprate le mie bamboline.
Hans: Ah!
Siete voi, vecchio Mardoscé! Che cosa mi portate oggi? Ancora qualche droga?
Mardoscé:
Chiamate droga queste incantevoli bamboline? Osservate, aprite bene gli occhi,
indossate i vostri occhiali: sembrano vive, sono capolavori d’arte! Voi ve ne
intendete, signor Hans! Acquistatele!
Hans: Non
dico che siano brutte, ma non siete voi che le avete lavorate.
Mardoscé:
Certo che no, non sono stato io!
Hans: Quanto
per una dozzina.
Mardoscé:
Non ne ho che sette, e le vendo a un tallero per una.
Hans: Troppo
care! D’altra parte ne ho abbastanza di quell’articolo.
Mardoscé:
Non di così accurate. E… quanto vorreste pagarmele?
Hans: Tre
talleri tutte.
Mardoscé: Va
bene, prendetele! (Con un sospiro) Ma solo perché siete voi e ho bisogno di
denaro…
Hans: Ecco
la vostra somma. Ditemi da dove vengono queste bamboline?
Mardoscé:
(Ironico) Ve lo dico subito… dalla Luna!
Anselmo:
Dalla Luna!
Hans:
Suvvia, vecchio burlone, non volete dirmi il nome del fabbricante?
Mardoscé:
Bene. Signor Anselmo, carissimi, buonasera.
SCENA VII
Gli stessi tranne Mardoscé.
Anselmo:
Dove diavolo ha trovato queste bambole quel vecchio straccivendolo? Non c’è a
Norimberga un solo artigiano che sappia lavorare con questa finezza. Di cosa
son fatte? Di porcellana? No! D’alabastro!
Giulietta:
Sembrano delle donnine pietrificate.
Anselmo: Non
le ho pagate affatto care. Le prezzerai a tre talleri ciascuna. Ma io potrei
averle a un costo più vantaggioso se mi rivolgessi direttamente al fabbricante.
Il mio cappello, il mio bastone, le mie galosce, presto!
Giulietta:
Dove volete andare?
Hans:
L’ebreo non è molto lontano: lo spierò, lo seguirò e saprò dove va… e…
Giulietta:
Ma il teatro, papà!?
Hans: È
vero! Non si può mancare di parola al signor Paicul. L’ebreo verrà domani con
altre bambole e cercherò di sapere l’indirizzo dell’artigiano… (A Anselmo)
Sistema tutte queste personcine nella vetrinetta. (Si sente il rumore di una
vettura. A Giulietta) Via, andiamo: sento la carrozza del signor consigliere…
(Escono)
SCENA VIII
Anselmo e Doretta.
Doretta:
(Entrando con un piatto) Ora, signor Anselmo, noi due potremo cenare
tranquillamente insieme. Vi ho preparato dei crauti succulenti e ho spillato
della birra dalla botte grande. Sediamoci. (Mangiano)
Anselmo:
Fate male, Doretta, a bere la birra del padrone.
Doretta:
Nessuno scrupolo! Noo! Non se ne accorgerà nemmeno! Dunque, eccoci qua faccia a faccia come marito e moglie. E
quando penso che potrebbe anche capitare, perché no! Potremmo anche noi avere
un negozio di giocattoli o di lattoniere con una dozzina di piccoli marmocchi.
Anselmo: Una
dozzina!
Doretta: Sì,
son sufficienti. E la domenica andremo a fare gite in battello. (Si sente un
rumore. Urlando) Ah! Avete sentito?
Anselmo: Sì,
qualche giocattolo sarà caduto.
Doretta:
(Stringendosi ad Anselmo) Ah! Che paura!
Anselmo:
Doretta! Non stringetemi così: mi impedite di mangiare.
Doretta: (A
parte) È proprio stupido! (Ad alta voce) Mi ricompongo. Ditemi, non avete
voglia di ballare? La vecchia Gertrude, la nostra vicina, dà un ballo. Io, ci
andrò! Con voi!
Anselmo: E
il negozio, chi lo curerà?
Doretta: E
voi credete che questi cavalli di legno, queste palle, questi corredi e queste
bambole possano tentare dei ladri? Chiuderemo bene la porta…
Anselmo:
Questo non si può fare, Doretta!
Doretta: Se
non mi volete fare questo piacere, è perché non avete amicizia per me.
Anselmo: Oh!
Vi voglio molto bene… come cuoca. Ma ciò non arriva a farmi dimenticare il mio
dovere.
Doretta:
Certo, certo, mio buon amico, conosco il vostro debole… Potete continuare a guardare
la signorina Hans con occhi da pesce lesso, ma lei non è del vostro rango… il
suo matrimonio è già deciso.
Anselmo: Si
sposerà? E con chi? Col signor Paicul forse?
Doretta: È
molto probabile! Buonasera, vado dalla vecchia Gertrude. Se vorrete raggiungermi,
vi insegnerò delle cose che non conoscete… (Esce)
SCENA IX
Anselmo:
(Solo) Non è felice! Parla per cattiveria. No, Giulietta non può sposare il
figlio di un consigliere. Proprio lei, una commerciante! …ma, per me uno
scoglio inaccessibile, una muraglia di diamanti! …basta! …bisogna sistemare le
bambole! (Le guarda) È vero che sembrano delle personcine, come diceva la
signorina Giulietta. Sono proprio belle! Sono addirittura più belle di Doretta,
e perfino di Giulietta. Quel vecchio ebreo ha detto che venivano dalla Luna…
non è impossibile. Sulla Luna, essendo più piccola della Terra, gli abitanti
saranno di conseguenza molto più piccoli di noi… Ma non ci sono che donne sulla
Luna? Se fosse così dovremmo sentirle ciacolare fin qui! Com’è bella questa, ha
dei capelli veri, delle vere ciglia e che bella figura. Ciò che è strano, è che
hanno tutte gli occhi chiusi. Dormono, sicuramente: farò loro un bel letto di
cotone bianco e le adagerò l’una accanto all’altra… e poi le coprirò con un
morbido copripiedi perché non abbiano freddo… Ecco fatto, signorine! Questa
dovrebbe essere la regina… ho qui un bel lettino in oro con baldacchino a tende
rosa. Ci starà benone. Ecco pronta l’alcova! Signora regina, vogliate
coricarvi. Vi rimbocco le coperte. Sembra sorridere… è perché è contenta.
Bisogna raccontarvi una storia per farvi addormentare? Sono proprio sciocco!
…come dorme profondamente! È un peccato che sia così piccola. Signora regina,
vi auguro la buona notte… dormite bene… e fate sogni d’oro. Siete così bella
che vi chiedo il permesso di baciarvi. (Bacia la bambola) Che strano! M’è
sembrato che avesse la pelle umida. Ma, sta aprendo gli occhi! Muove le labbra!
(Prende una candela e l’avvicina alla bambola) Quanto sono stupido, è il
tremolio della luce! Buona notte, signora regina dei lunatici. (Suonano le
dieci) Già le dieci. E Giulietta non è ancora rientrata! Non prenderà mica
piacere alla compagnia del signor Paicul?! È così insipido! …perché Doretta mi
ha detta che mi insegnerebbe molte cose che non so? …e se la raggiungessi? Così
mi parlerebbe di Giulietta. Scoprirei… No! Che si tenga i suoi segreti:
sicuramente delle cattiverie! Aspetterò qua, su questa sedia, il signor e la
signorina Hans. (Si siede e s’addormenta)
SCENA X
Musica dolce che si sviluppa in crescendo. La
Luna sorge e si alza in cielo. La regina delle bambole si sveglia.
Lunaria: Un
ardente soffio mi ha attraversato… Dolci parole hanno ammaliato le mie
orecchie. Un grande bacio ha sfiorato la mia guancia… I miei sensi mi sono
restituiti. Torno in vita! Sorelle, compagne, svegliatevi, scuotetevi dal
torpore! Si dissolva l’incanto!
Bambole: (In
coro) Chi ci ha condotte qui?
Lunaria: Chi?
L’ignoro. Colui che ci ha restituito la vita! Lo so: è l’essere che riposa là.
(Si dirige verso Anselmo)
Bambole: Oh!
Com’è grande!
Lunaria: Non
temete! È dolce e buono. Lo sveglierò e ci aiuterà a uscire di qui.
(S’arrampica su Anselmo).
Bambole: Che
coraggio! Che audacia!
Lunaria: Il
suo naso è un antro profondo da dove esce un vento simile alla tramontana. La
sua orecchia è come la bocca di un vulcano! (A Anselmo) Grande abitante della
Terra, svegliati!
Anselmo:
(Svegliandosi) Eh? Che c’è? Qualche topolino…?
Lunaria: No.
Sono io, Lunaria.
Anselmo: Ah!
La regina delle bambole! E tutte le altre piccole laggiù? Non riposavate dunque
comodamente?
Lunaria: In
verità sì, e ti ringrazio delle cure che prodigasti per me e le mie compagne;
ma, poiché hai cominciato ad aiutarci, bisogna che tu finisca il lavoro:
bisogna che tu ci liberi.
Anselmo:
Liberarvi! E da cosa, signore?
Lunaria:
Come ti chiami e che fai?
Anselmo: Mi
chiamo Anselmo. In assenza del padrone, mi occupo delle bambole e le vendo ai
clienti.
Lunaria:
Bene, giacché sei il nostro guardiano, ti lascerai intenerire e non ci venderai
come vili schiavi. Avrai pietà di me e delle mie compagne… Ci aiuterai a
tornare sulla Luna.
Anselmo:
Sulla Luna? Arrivate veramente da là.
Lunaria:
Senza alcun dubbio.
Anselmo: E
come? Non ci sono mezzi di comunicazione fra la Terra e Luna.
Lunaria: Per
voi altri terrestri, forse. La vostra intelligenza, i vostri sensi, il vostro
sapere sono ancora troppo ottusi. Ma noi altri lunariani abbiamo trovato il
mezzo di nuotare nell’aria attorno alla nostra sfera. Ascolta ciò che ci è
successo. Avevo progettato, con un centinaio delle mie compagne, di far visita
a una regina mia amica che vive nel cratere del più alto vulcano della Luna. Da
noi ascendere le montagne è lungo e faticoso, il tragitto aereo è molto più
semplice. Noleggiai dunque alcune navicelle volanti; ma la nostra piccola
flotta si alzò un po’ più del solito, senza che ce ne accorgessimo.
Improvvisamente fummo trascinate da una violenta corrente contraria. Ci
spingemmo ancora più in alto per non precipitare, ma la tormenta ci trascinò
così in alto e così in alto che entrammo nella corrente terrestre che ci portò
sul vostro pianeta. Dovremmo esserci incagliate non lontano da qui. Ma
Angramanio, il genio dei fuochi sotterranei, geloso della nostra presenza sul
suo territorio, ha disperso la nostra flotta non appena abbiamo toccato terra.
Alcune bambole si sono fracassate al suolo e altre sono annegate nella
profondità del mare. Insomma, di tutte le mie compagne, non ne trovo che sei
intatte e… questa non ha più piedi e quella ha perduto le mani.
Anselmo: Mi
perdoni, signora, ma voi parlate sempre delle vostre compagne… non avete dunque
compagni da voi?
Lunaria: No,
siamo tutte signorine.
Anselmo: Ma
allora come si svolge l’operazione di riproduzione della specie lunariana?
Lunaria: Per
taléa.
Anselmo: Per
taléa? Non capisco.
Lunaria: È
molto semplice. Quando si prova il bisogno di un’amica, ci si rompe un dente,
lo si pianta e lo si annaffia con una certa pozione; lui mette radici, cresce e
lo si coglie quando è diventato una persona dotata di ragione. D’altra parte, i
denti non sono fatti che per questo.
Anselmo: Va
bene, ma per mangiare?
Lunaria:
Mangiare? Tocca a me questa volta non capire…
Anselmo: Per
vivere, bisogna mangiare. Come vivete?
Lunaria: Ma
come voi, suppongo: respirando odori… (Rimbombo di tam-tam. Si sente un rumore
sordo) Ah! È il vento sotterraneo che annuncia l’arrivo del nostro nemico.
Bambole:
(Correndo spaventate e urlanti) Dove nasconderci? Regina! Salvaci dal terribile
Angramanio!
Lunaria:
Venite qui, compagne mie! Anselmo, nascondile!
Anselmo:
Venite, venite, piccole paurose! Nascondetevi nelle mie tasche… E per voi,
signora regina, ecco un bel cantuccio caldo, sul mio cuore, dentro al mio
gilet. (Scivolano tutte nelle tasche di Anselmo e scompaiono. Fiamme nel centro
della scena; colpi di tam-tam)
SCENA XI
Appare Angramanio.
Anselmo: Non
credevo all’esistenza dei geni sotterranei, e pertanto, costui non ha niente
d’umano… Vediamo un po’! Non sogno! Richiamiamoci alla ragione che sembra
mancare… (Al genio) Signore, non è uno scherzo da farsi! Innanzitutto è banale:
è sempre così che il diavolo appare
sulle scene. E siccome voi non potete essere messer Satana, di cui qui
in Germania abbiamo fatto giustizia da molto tempo, non siete altro che un
pessimo burlone che rischiava di mandare a fuoco la casa del signor Hans.
Ritornate nella vostra tana, ve ne prego, e richiudete la botola su di voi,
altrimenti, quant’è vero vero che mi chiamo Anselmo, vi rifilo una sequela di
colpi di manico di scopa che non ve la dimenticherete!
Angramanio:
Mortale, non sono qua per te! Calmati, non essere così irascibile e rifletti
prima di rivolgerti al padre del fuoco. Al posto di coprirmi di ingiurie,
dovresti prostrarti davanti a me e ringraziarmi del bene che ti faccio tutti i
giorni.
Anselmo: Di
che parli, burlone impunito?
Angramanio:
Non credi che, senza di me, il fuoco sotterraneo, tua madre, la Terra, sarebbe
morta di freddo da molto tempo ormai?
Anselmo:
Volete dire che voi le erodete incessantemente il ventre e che fate tutto ciò
che potete per bucherellarle la pelle.?! Senza le trentadue atmosfere che la
mantengono e che vi impediscono di fare il vostro comodo, voi ci spedireste
tutti a saltare in aria. Esplodere: ecco il vostro obiettivo!
Angramanio:
Le tue affermazioni mi sorprendono. Veramente l’uomo comincia a ragionare e a
sapere quanto noi!
Anselmo: E
presto sarà anche il tuo maestro. La forza dell’intelligenza prevarrà sulla
forza bruta, e lo spirito sulla materia!
Angramanio:
Discendente della scimmia! Fai un passo indietro per sapere da dove vieni.
Anselmo: Figlio
del fuoco! Non voglio questionare con te, mi annoi! Ti rispedirò al centro
della Terra con… questa tinozza d’acqua sulla testa.
Angramanio:
Acqua!? Non mi piace affatto. No, non farlo! Me ne vado, ma ho una grazia da
chiederti.
Anselmo:
Essere senza coscienza, parla presto e vattene! La tua presenza comincia a
seccarmi la legna.
Angramanio:
Degli esseri che non sono di questo pianeta sono scesi sulla Terra…
Anselmo: E
allora?
Angramanio:
Temo l’unione della loro intelligenza con quella terrestre. Se tu non fossi già
stato in comunicazione con loro, non mi avresti parlato così arditamente.
Anselmo: E
che vuoi farne, di queste lunariane?
Angramanio:
Distruggere quello che ne rimane sulla Terra.
Anselmo: E
quando le avrai, te ne andrai?
Angramanio:
Sì.
Anselmo: (A
parte) Com’è sciocco. Giochiamocela con intelligenza. (Forte) E bene! Ti
consegnerò quelle che ho in mio potere… anche perché, questi esserini con tutte
le loro fisime, mi rendono lunatico.
Angramanio:
Sicuramente. Lo spirito umano deve restare in una dolce oscurità. Niente di
meglio che la mediocrità, caro mio.
Anselmo:
(Prende un pacchetto appeso al muro contenente omini di cartone) Tieni!
Prendile, te le consegno.
Angramanio:
Che la razza lunariana sia distrutta! Alla fornace! (Getta il pacchetto nelle
fiamme che escono dal suolo) E voi, spiriti vaganti delle tenebre, larve e
insetti, prendete ogni forma a vostro piacimento! Vegliate attorno a questo
terrestre e spiate ogni lunariano che gli si avvicinerà. Che siano distrutti.
Che siano riportati al nulla!
Anselmo:
Nulla! Una parola che non ha senso. Decisamente, Angramanio, non sei affatto
furbo!
Angramanio:
Il mio nome! Egli sa anche il mio nome! Addio! (Scompare. Fiamme e tam-tam)
SCENA XII
Anselmo: Non
sei per niente educato: andarsene senza neanche dire grazie! (Alle bambole)
Signore, prendete un po’ d’aria: riprendetevi dallo spavento.
Lunaria:
(Alle compagne) Ringraziamo Anselmo per averci salvate.
(Si sente un musica dolce; le bambole danzano e danno
un balletto per Anselmo che, poco a poco, si mette a danzare con loro. Musica.
Dei ragni mostruosi scendono dal soffitto)
Bambole:
(Spaventate, fuggono in ogni direzione urlando) I mostri! I mostri!
(Lunaria si arrampica su Anselmo che la mette al
riparo nella sua tasca)
Coro dei ragni:
Figli della notte e della polvere, tendiamo i nostri fili insieme. Ovunque fili
e fili. Mosche, a noi! Mosche dalle ali d’oro, a noi, piccole abitanti
dell’aria. A noi le bamboline della Luna! Divoriamole! Divoriamole!
Divoriamole! (Alcune bamboline sono catturate dai ragni e portate via)
Anselmo:
(Correndo in loro aiuto) Uno spolverino! Uno spazzolone! Una scopa! E se
evocassi gli spiriti anch’io? Non è impossibile all’intelligenza umana, anche
Swedenborg l’ha detto. «A me i medium, a me gli spiriti della luce, dell’ordine
e della logica! Sono il vostro evocatore!» Venite, spiriti erranti della natura
e della civiltà! Venite e rivestite le vostre forme primigenie! Cacciate questi
mostri, figli dell’ignoranza e delle tenebre!
(Si sente nell’aria: «Eccoci! Eccoci! Eccoci!»)
SCENA XIII
Coro dei ragni: Spicciamoci, miei prodi, catturiamo, mangiamo, divoriamo le figlie
della Luna! Ecco il nemico, allerta! Odio alle scope! Morte agli spazzoloni!
(S’arrampicano)
Coro delle scope: Sì, siamo le scope, amiche della pulizia, amiche dell’ordine, amiche di
tutto ciò che luccica, riluce, brilla e scintilla! Sì, noi siamo le scope!
La Scopa: Corro,
vado e vengo sui soffici tappeti e sotto i mobili. Come il gabbiano cinerino
sulle onde schiumose o il nero delfino fra i flutti argentati, caccio davanti a
me termiti, tignole e larve notturne, invisibili agenti della grande
devastazione della natura.
Coro delle scope: Sì, siamo le scope, amiche della pulizia, amiche dell’ordine, amiche di
tutto ciò che luccica, riluce, brilla e scintilla! Sì, noi siamo le scope!
Lo Spazzolone:
Irsuto e terribile come il cinghiale dalle dure setole, vigilo la casa
dell’uomo e, dal mio antro oscuro, mi lancio arditamente verso ogni recesso
della casa ove frugo e rovisto con ardore angoli e angolini. Sorprendo nella
sua tana, caccio o schiaccio senza pietà il ragno notturno, emblema di
rapacità, egoismo e disordine.
Coro delle scope: Sì, siamo le scope, amiche della pulizia, amiche dell’ordine, amiche di
tutto ciò che luccica, riluce, brilla e scintilla! Sì, noi siamo le scope!
Lo Spolverino: Parte
integrante del mattutino gallo, io, lo spolverino, simile alla rondine che
fende l’aria col suo rapido volo, disperdo gli atomi e le molecole impalpabili
che, senza di me, avvolgerebbero il globo terrestre e l’umanità d’una coltre di
polvere.
Coro delle scope: Sì, siamo le scope, amiche della pulizia, amiche dell’ordine, amiche di
tutto ciò che luccica, riluce, brilla e scintilla! Sì, noi siamo le scope!
La Spazzola da Tavola: Allorché, durante un’immensa festa, i grandi della
Terra riuniti vedono salire verso il cielo i fumi delle carni succulente e
nutrono il loro olfatto col profumo dei frutti della casta Pomona, io vengo con
discrezione, curva come un arco e leggera come una freccia, a divertirmi a far
sparire dalla bianca tovaglia le briciole del frumento più puro.
Coro delle scope: Sì, siamo le scope, amiche della pulizia, amiche dell’ordine, amiche di
tutto ciò che luccica, riluce, brilla e scintilla! Sì, noi siamo le scope!
(Scopano e spazzano con frenesia)
Anselmo: Come
sono pedanti queste scope! Animo amici miei! Avanti! Ecco il nemico!
SCENA XIV
Il grosso dei palloni avanza.
Coro dei Palloni: Avanziamo in bell’ordine, amici miei! Noi siamo gonfi d’aria e
d’orgoglio, ma siamo forti. Il nostro ventre elastico non teme colpi… Anzi, più
ci picchiano, più siam battuti, più siam gloriosi! Avanziamo, fratelli!
Avanziamo! Vento e fumo! Colpi e contraccolpi, balzi e rimbalzi: questo è il
nostro motto! (Lotta fra scope e palloni. Le scope, stanche di battere, cadono
sfinite).
Anselmo: Coraggio,
mie buone scope! Vi lasciate sconfiggere da nemici pieni d’aria?
Lunaria: (Uscendo
dalla tasca d’Anselmo) Anselmo! Anselmo! Gli spiriti cattivi vincono! Gettatevi
nella mischia, colpiteli, disperdeteli! (Rientra nella tasca)
Anselmo: Non
temete! E non muovetevi. (Si getta sui palloni) Indietro, larve, gnomi,
folletti e spiriti malvagi. ( Si batte contro i palloni infuriati che tornano
in continuazione alla carica. Le scope, bandiera in testa, riprendono
l’offensiva; i palloni, cacciati, scompaiono; le scope li inseguono. Escono)
SCENA XV
Lunaria: (Uscendo
dalla tasca d’Anselmo) Le mie donne, le mie compagne, dove sono? Orrore! Eccomi
sola!
Anselmo: No,
non sei sola, ci son qua io! Io non ti abbandonerò, povera piccola creatura; io
non ti lascerò.
Lunaria: Oh!
Ciò che mi dici in parte mi consola… ma io non posso restare sulla Terra:
bisogna che tu mi aiuti a ritrovare la mia navicella!
Anselmo:
Perché? Vorresti lasciare me che ti ho salvato? Oh! Ho molta pena per te, ma…
resta! Sarai mia amica, mia compagna… Ascoltami, Lunaria!
Lunaria: Io,
tua compagna? Sono troppo piccola!
Anselmo: Troppo
piccola! Troppo piccola! È vero, ma vivendo sulla Terra, crescerai: ti
insegnerò a mangiare, a bere; ti servirò, avrò cura di te! Perché ho per te
un’amicizia immensa, senza limiti. Non mi comprendi? Non dici più niente! Non
sarai diventata sorda? Che hai? Mi sembra che tu sia già cresciuta… Sei ancora
più bella… Oh! Mia cara piccola compagna! Ti amo da perdere la testa… Non mi
lasciare! Eh bene, se vuoi andartene, ti seguirò; verrò con te sulla Luna,
sulle stelle… Ma dimmi che mi vuoi come tuo amico… Acconsenti ad essere mia
compagna per tutta la vita. (La bambola, che è cresciuta a poco a poco durante
tutta la tirata, diventa Giulietta)
SCENA XVI
Giulietta: Anselmo!
Anselmo! Non disperate! Anch’io sento molta amicizia per voi, credetemi, e se
voi m’aveste parlato prima…
Anselmo:
Giulietta! Sei tu! Colei che amo! …perdonatemi, signorina Hans, non so più
quello che dico.
Giulietta: Ma
voi v’esprimete bene, e dite le più belle cose che io abbia mai sentito, amico
mio. Continuate!
Anselmo:
Amico vostro? Ah! Mia amata! Ma io sogno: tutto ciò non è possibile. Lunaria?
La piccola fata? La bambolina?
Giulietta:
Eccola laggiù, adagiata in un letto dorato con tendine rosa… siete stato voi a
metterla là?
Anselmo: Non
so… sì… ma vi domando un favore… non la vendete… Senza di lei, non avrei mai
avuto il coraggio di dirvi che vi amo!
Giulietta:
Ve lo prometto, la metterò dietro il vetro della mia pendola, affinché ogni
volta che la vedrete, voi mi diciate ancora: «Giulietta, vi amo!».
Anselmo: Ve
lo dirò per tutta la vita! (Le bacia le mani)
Hans:
(Entrando) Bene! Bene! Cosa significa questo comportamento?
Giulietta:
Padre mio, Anselmo mi domanda come sua sposa… e io non so cosa rispondergli
senza il vostro consenso.
Hans:
Ebbene, bisogna rispondergli… sì!
Anselmo:
(Gettandosi al collo di Hans) Oh, mastro Hans!
SIPARIO
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