ECCO UNA TESTIMONIANZA DRAMMATICA
MUCCA PAZZA UCCIDE
Una mamma racconta le sofferenze del figlio colpito dalla malattia della mucca pazza
Il ministro della sanità Umberto Veronesi, secondo il quale l'emergenza mucca pazza durerà ancora molto, ha emesso un'ordinanza in base alla quale non è idoneo a donare il sangue chi ha soggiornato per almeno sei mesi nel Regno Unito fra il 1980 e il 1996. In Inghilterra gli animali colpiti da BSE sono stati finora 180.000, le vittime umane 78. L'ultima di esse aveva solo 31 anni. Altri sette contagiati stanno lottando contro la morte.
In Francia le vittime umane sono tre: due sono già morti, il terzo è un ragazzo ormai in fin di vita. La madre ha accettato di raccontare il calvario del figlio che fino a quattro anni fa era un ragazzo bello e robusto appassionato di arti marziali. "Oggi mio figlio non può più nemmeno stare seduto sulla sedia a rotelle come faceva fino a pochi mesi fa. È immobile a letto e l'unico segno di vita che riesce a trasmettermi è quello di un lieve stringere delle dita attorno alla mia mano. Fino a qualche mese fa, durante la notte, per farmi capire che era ancora vivo fischiettava. Adesso non ha nemmeno più un filo di fiato".
"La tragedia è cominciata in maniera semplice insospettata. Ricordo ancora le parole che mio figlio mi disse nel settembre '98, al termine di uno degli inspiegabili attacchi che ogni tanto lo sconvolgevano: "Mamma, perdonami, ma sento che il mio cervello non funziona più, sono stato contagiato dalla malattia della mucca pazza". Dalla disperazione più nera passava a una calma relativa; sembrava che potesse ritrovare il carattere sereno e affettuoso di un tempo. I medici mi parlavano di depressione dell'adolescenza. Mio figlio aspettava con impazienza l'estate per incontrare una ragazza che gli piaceva. Nonostante le crisi sempre più frequenti, nel luglio '99 partì con alcuni amici per quella che sarebbe stata la sua ultima vacanza. Ma la malattia lo portava ai confini della follia: si contorceva, perdeva l'equilibrio, dimenticava i nomi delle persone, non riconosceva i luoghi in cui si trovava."
"Quando tornò a Parigi dovette rinunciare ad andare da solo per strada. Una volta perse il senso dell'orientamento nel metrò e impiegò quattro ore per guadagnare l'uscita. Era debole e incerto, cominciammo a pensare a un tumore al cervello. Nel mese di novembre un neuropsichiatra cominciò a parlare di un probabile virus e ci consigliò di farlo ricoverare per sottoporlo ad alcuni esami. Questi durarono due settimane in cui mio figlio fu sottoposto a test genetici, encefalogrammi, tac, ecc. Ma i medici non ci volevano dire i risultati. Presentivamo il peggio, infatti il direttore della clinica ci disse che l'esame aveva rivelato la presenza del prione. E il 24 dicembre 1999 i medici sentenziarono: il ragazzo è condannato a morte e la sua fine sarà piuttosto dolorosa perché la diagnosi del male è stata tardiva. Fino al maggio 2000 la situazione rimase stazionaria, poi mio figlio fu sottoposto a nuovi esami e i risultati ci furono comunicati subito. I prioni si erano moltiplicati. In poche parole: le cellule nervose aggredite dal male erano scoppiate liberando nuovi prioni destinati a trasmettere l'infezione ad altre cellule."
"Mio figlio non riusciva più a stare ritto né ad aprire la bocca per nutrirsi. In agosto cominciò a disidratarsi e cadde in coma. Poi non ebbe più la forza di muoversi e restò inchiodato al letto dove ora si trova. Quattro anni fa mio figlio pesava 79 chili, oggi non arriva a trenta. Quando siedo vicino a lui aspettando che ricambi la stretta di mano, chiudo gli occhi e cerco di ricordare com'era la sua voce, i suoi occhi che adesso non apre più. Ma ci credete? Non mi viene in mente niente."