Ogni giorno che passa è sempre maggiore il numero di immigrati, regolari e non, presenti sul nostro territorio: Persone con cultura, religione, lingua ed usanze diverse
dalle nostre, che vengono in cerca di una casa e un lavoro, cose che spesso non ci sono neanche per i nostri giovani: Le nostre città, ormai, sono piene di extracomunitari costretti all'elemosina o alla delinquenza (vedi Milano), le associazioni di volontariato fanno il possibile,
i centri di accoglienza sono affollati e spesso teatro di rivolte. Eppure c'é ancora chi parla di diritto all'immigrazione e dovere di solidarietà, dimenticandosi di chi lavora onestamente pagando le tasse, di chi è nato e cresciuto sulla propria terra, di chi si è sudato
una pensione.
L'intervento del Cardinale Ruini sull'immigrazione clandestina, pur attento ed equilibrato, pone l'accento su due temi: legalità e solidarietà. In particolare sull'illegalità dell'immigrazione clandestina e sulla compatibilità tra essa e la società italiana.
E da questo ha dedotto un preciso intervento sul piano politico: basta sanatorie. Questa posizione è in netto contrasto con quella dell'ex ministro degli interni Rosa Russo Jervolino. Ma non è questo il punto rilevante. Il cardinale va contro una tendenza di tanti cattolici
che vedono nell'accoglienza dell'immigrato il principio stesso della carità e pensano che l'accoglienza del "diverso" sia più cristiano che la fraternità con il simile. Oggi infatti si parla tanto di solidarietà verso il terzo mondo e il Kosovo, ma forse ci siamo dimenticati i nostri
terremotati di Marche ed Umbria che da oltre due anni vivono nei containers? Ci siamo dimenticati le immagini del telegiornale che mostrava anziani infreddoliti nei prefabbricati sotto la neve con le tubature dell'acqua ghiacciate? Eppure sono gente come noi, italiani che pagano le tasse!
Possiamo esporre i più deboli italiani alla violenza? Tutto ciò che è protesta è razzismo? Sono problemi seri. Forse senza l'aumentare della protesta al Nord, di cui il referendum della Lega è espressione, non avremmo avuto questi interventi ecclesiastici. Io ho firmato quel referendum
e non mi vergogno a dirlo.
Emigranti Liguri nel mondo
Qualcuno penserà: ma anche i nostri nonni sono emigrati in America. È vero, ma era gente onesta, con voglia di lavorare: «è il caso di Andrea Vaccarezza, originario di Chiavari, che nel 1870 si trasferì in Argentina - racconta Oscar Luis, suo discendente -
spingendosi all'interno di Buenos Aires verso nord-est, acquistò un appezzamento di terreno oggi divenuta una città molto ben sviluppata grazie a un duro lavoro, una sincera onestà e un forte sacrificio personale». I nostri avi hanno contribuito a costruire l'economia di Paesi sudamericani allora molto poveri.
Ecco un'intervista a Julio Maria Sanguinetti, ex presidente dell'Uruguay (nato 1936, presidente 1985-1990 e 1995-2000), che poco prima che scadesse il suo mandato, insieme alla sua signora (Marta Canessa), ha concesso alla tv italiana riguardo al contributo italiano nello sviluppo della propria nazione.
J.M.Sanguinetti: «Possiamo dire che tutti gli aspetti della vita di questo Paese riflettono l'influenza della immigrazione italiana. Io stesso discendo da una famiglia di italiani
che è arrivata qui nella metà del secolo scorso al seguito di Garibaldi, la famiglia Sanguinetti è di origine ligure della città di Chiavari e come molti che sono arrivati qui nel corso di 50 anni.
L'architettura, le nostre abitudini, il nostro modo di essere rispecchiano l'influenza culturale dell'Italia sotto tutti gli aspetti. Il nostro diritto è influenzato dal diritto italiano specialmente in alcuni campi.
Io penso che non si possa capire ed interpretare il nostro Paese senza considerare questa influenza e senza questi contatti che si sono mantenuti e conservati per un lungo periodo di tempo
e che senza alcun dubbio rappresenta l'essenza stessa di ciò che può essere l'Uruguay come nazione.» Marta Canessa: «Nostro Paese, come tutti sanno, è un Paese di origine italiana
e fondamentalmente l'immigrazione è arrivata dalla Liguria. Io credo che tutto questo sia avvenuto sin dai primi anni della vita del nostro Paese poiché già dalla fondazione di Montevideo che è la nostra capitale,
il suo primo immigrato fu un genovese di nome Jorge Burghes, ora una casa di Montevideo lo ricorda, e supponiamo che suo nome e cognome originali siano stati Giorgio Borghese.
Da questo periodo in poi, dal momento che si trattava di una città con porto, porto di mare e porto di fiume, attirò molto agli immigrati genovesi che a cominciare dal 1830,
e persino prima, entrando a far parte degli eserciti spagnoli, arrivò in questo Paese e vi si insediò. L'Italia la portiamo ben radicata dentro di noi, è sempre presente in tutti gli aspetti
della nostra vita e soprattutto in quello culturale e in tutte le nostre abitudini. Ci è stato inculcato dai nostri genitori, ed è molto importante sentire che la nostra solidarietà nazionale
è una solidarietà Uruguayana forte come quella che proviamo verso quegli antenati che arrivarono per diversi motivi, fondamentalmente quando si emigra lo si fa per ragioni profonde, e si insediarono e formarono questa famiglia che oggi forma il nostro Paese».
In Ecuador Vicente Norero, senatore della repubblica, è figlio di italiani di S. Colombano Certenoli un paese ligure della val Fontanabuona, il quale, dopo essersi imbarcato