MEDEA: ATTORI CONTADINI
di Paolo Benvenuti
Dalla rivista "Cineforum" n.ro 346
luglio/agosto 1995

 

        ...Avevo notato, per esempio, che il senso della distanza, inteso in senso brechtiano, quella gente l'aveva sulle dita, sulla lingua, in natura. Farnaspe, immediatamente prima di cantare un'ottava, faceva un passo indietro. Da qui il problema della giusta distanza fra la cinepresa e questa antica forma di teatro. La parola non era sufficiente per comunicare con i miei attori contadini: non riuscivo a far capire loro la differenza tra lo spazio teatrale e lo spazio del cinema. Loro si muovevano in rapporto a uno spazio teatrale che io dovevo tradurre, senza snaturarlo, in uno spazio cinematografico. Ma per far ciò, ero costretto, in un certo modo a snaturare lo spazio teatrale. Se avessi avuto una videocamera (nel 1971 non sapevamo nemmeno cosa fosse) avrei potuto far vedere che non potevo riprendere il loro spazio e ridarlo uguale nell'immagine. Dovevo convincerli a comportarsi in un modo leggermente diverso sulla scena, per ottenere nel film l'originale. In questo mi aiutarono i disegni: coi disegni ci si capiva perfettamente. Io mostravo loro lo sviluppo possibile delle sequenze e insieme decidevamo qual'era quello giusto. Così potemmo stabilire come loro si dovevano disporre e qual era la corretta distanza dalla macchina da presa. Decidemmo che la situazione doveva essere di tipo triangolare, dove il massimo spazio a loro disposizione dava la misura della base di un triangolo la cui altezza era la macchina da presa. Così la piazzai in quel punto, che poi è il punto di vista prospettico rinascimentale. Tutto il film è stato ripreso da quell'unico punto di vista.
        Però questo non mi bastava. Avevo bisogno anche di "leggere" il testo: volevo che la cinepresa non fosse semplicemente un occhio impersonale e anonimo ma che fosse in grado di leggere in modo dialettico la realtà senza snaturarla. Allora, tenendo inchiodata a terra la cinepresa (la cui altezza era calcolata sull'occhio di uno spettatore seduto sul pavimento-posizione naturale per il pubblico dei Maggi), cambiavo gli obiettivi a seconda della drammaturgia: grandangolo per le situazioni in cui in scena erano in molti, normale se erano due, teleobiettivo se era uno solo. Questo non avveniva per caso ma in rapporto alla struttura dell'impianto narrativo. Abbiamo fatto una divisione in blocchi del testo e, grazie ai disegni, è stato possibile evidenziarne la forma cinematografica che ne sarebbe scaturita.