FILMOGRAFIA

Schede Informative dell'Opera Cinematografica di Paolo Benvenuti

 

 

AIUTO REGIA

1972 - Assistente volontario sul set di:
L'ETA' DEI MEDICI di Roberto Rossellini

1974 - Aiuto regista di Jean-Marie Straub e Danielle Huillet nel film:
MOSES UND AARON


regie teatrali

1973 - Regia di MEDEA, un'opera del Teatro del Maggio interpretata da contadini di Buti, presentata al "Festival Mondial du Théatre" di Nancy - Francia.

1978 - Regia de IL CONTE UGOLINO, un "Maggio" interpretato da bambini di Buti, in occasione della Prima Rassegna di Teatro Popolare a Buti.

1981 - Regia della SFILATA STORICA DEL GIOCO DEL PONTE. Il corteo, con ottocento figuranti in antichi costumi seicenteschi, è uscito dal Duomo di Pisa ed ha raggiunto l'antico Palazzo Comunale, attraversando l'intera città.

1987 - Regia di teatro popolare di strada: ricostruisce a Calcinaia (Pisa) UN MATRIMONIO CONTADINO DELL'OTTOCENTO, riprendendo riti, ballate e danze del secolo scorso.

1988 - Regia di teatro popolare di strada: LA TRASLAZIONE DI SANTA UBALDESCA. Rievocazione della riconsegna dei resti della santa medievale a Calcinaia.

1989 - Regia di teatro popolare di strada: FESTA DANZANTE A VILLA LOLLEY, il nobile inglese che fu, nella Calcinaia dell'800, un proprietario terriero "democratico".

1991 - Regia di teatro popolare di strada: a San Giovanni alla Vena (Pisa), realizza uno spettacolo dal titolo: I PRIMI SEI DEL NOVANTASEI. Ricostruzione fantastica che ha per protagonista la Morte - uno splendido macchinario progettato dallo stesso regista - che restituisce alla vita sei vittime della guerra 15/18.


REGIE CINEMATOGRAFICHE

 

1974 - FRAMMENTO DI CRONACA VOLGARE

Regia: Paolo Benvenuti
Soggetto: Michele Luzzati
Sceneggiatura: Paolo Benvenuti e Michele Luzzati
Fotografia e Montaggio: Mario Benvenuti
Sonoro: Franco De Angelis
Produzione: Cooperativa Nuova Comunicazione Roma per i programmi sperimentali della RAI
16 mm, colore, sonoro, 80'
Cronaca dell'assedio di Pisa da parte dei Fiorentini dal 1494 al 1509 svolta attraverso interviste di testimoni e protagonisti ricavato da lettere inedite che quei personaggi scrissero allora.

 

1988 - IL BACIO DI GIUDA

Regia: Paolo Benvenuti
Soggetto: Paolo Benvenuti
Sceneggiatura: Paolo Benvenuti, Marcella Nicolini e Gianni Menon (consulenza di Roberto Filippini)
Scenografia: Paolo Barbi
Costumi: Marcella Niccolini e Damiano Simi
Fotografia: Aldo Di Marcantonio
Montaggio: Mario Benvenuti
Musiche: Stefano Bambini e Andrea Di Sacco
Interpreti: Carlo Bachi (Il Nazareno), Giorgio Algranti (Giuda Iscariota), Emidio Simini (Nicodemo), Marina Barsotti (La Maddalena), Pio Giannelli (Simon Pietro), Nicola Checchi (Giovanni), Roberto Morini (Caifa)
Produzione: Paolo Benvenuti per Alfea Cinematografica in collaborazione con RAI Tre
Distribuzione: Istituto Luce Italnoleggio
35mm, colore, 70'
Selezionato alla Settimana Internazionale della Critica del Festival di Venezia.
Tratto dai quattro Vangeli canonici e dai sette Vangeli apocrifi, il film parte da un'idea di base: il tradimento di Giuda era un atto indispensabile alla missione di Cristo e alla salvezza dell'umanità. La messa in scena dell'esordiente Benvenuti è rigorosa, essenziale, fin troppo astratta. Gli attori, non professionisti, contribuiscono alla dimensione mitica del racconto.
(tratto da: Il Morandini Dizionario dei film)
S'immagina, in uno spazio e in un tempo indeterminati, di ascoltare la struggente testimonianza di Giuda Iscariota. Narra, l'antico discepolo, del muto legame con il suo maestro, del faticoso percorso verso la parola di quell'uomo la cui grandezza non fu solo nella passione delle ultime ore ma nella infinita pazienza con cui cercò sempre, nella sua vita breve, di farsi capire da uomini incapaci di comprenderlo.
Noi riteniamo che la figura del cristo, quale ci è stata tramandata dai Vangeli, non sia storica ma "mitica", e nella evangelizzazione di questa idea-mito si sia sviluppata appunto l'ideologia del cristianesimo. Questa premessa ci pare atta a chiarire il punto di vista culturale dal quale intendiamo affrontare il problema. L'idea che noi proponiamo, pur essendo sconosciuta a molti, non è nuova e risale addirittura ai primi secoli del cristianesimo: la setta gnostica dei cainiti, giustificando il tradimento di Giuda come atto indispensabile alla salvezza dell'umanità, dichiarava che costui era una vittima sacrificata per la nostra salvezza quale strumento di redenzione. Giuda infatti, rendendo possibile la morte di Gesù ha dimostrato di essersi elevato sino alla gnosi e di aver compreso, meglio degli altri apostoli, noi diciamo l'unico fra tutti, che il Maestro "doveva" morire.
Questa proposta di lettura è certamente ardua, ma ci sembra che caratterizzando la figura alquanto evanescente del Giuda dei Vangeli, dandogli cioè il volto di un personaggio colto, intelligente ed estremamente convinto dell'ideale di vita che il suo maestro proponeva alle genti, il "mistero del tradimento" che da secoli inquieta teologi e psicologi trovi finalmente una logica spiegazione.
Nella nostra ipotesi le figure di Gesù e di Giuda vengono ricondotte alla loro naturale dimensione mitica, e cioè all'interno dei loro ruoli "predestinati", nei quali l'equivoco millenario del tradimento assume la precisa connotazione del "gioco delle parti".
(tratto da: Lab 80 film - Il cinema di Paolo Benvenuti)

 

1992 - CONFORTORIO

Regia: Paolo Benvenuti
Sceneggiatura:Paolo Benvenuti, Giuseppe Cordoni, Gianni Lazzaro, Simona For
Soggetto: da una ricerca storica di Simona For
Fotografia: Aldo di Marcantonio
Montaggio: Mario Benvenuti
Scenografia: Paolo Barbi
Costumi: Marta Scarlatti
Suono (in presa diretta): Marco Fiumara
Interpreti: Emidio Simini (il Provveditore), Franco Pistoni (Angeluccio della Riccia), Emanuele Carucci Viterbi (Abramo Cajvani), Adriano Jurissevich, Gianni Lazzaro, Dario Marconcini.
Produzione: Andrea De Gioia per Arsenali Medicei-Pisa
Distribuzione: Lab 80 Film
35mm, colore, 85'

Nel 1736 a Roma, sotto il pontificato di Clemente XII, due giovani popolani, rei confessi di furto con scasso, sono condannati all'impiccagione. Poiché sono giudei, si mette in moto la "macchina della Pietà": esperti della predicazione e della catechesi cercano di ottenere la loro conversione per salvargli l'anima, ma i due poveri cristi, analfabeti e ladri, trovano dentro di sé il significato di un'identità religiosa e culturale dimenticata e muoiono "ebrei ostinati come vissero". 2° film di P. Benvenuti (1946), è un dramma di forte suggestione claustrofobica e di ammirevole compattezza drammaturgica, sostenuta da una fotografia ispirata alla pittura fiamminga e caravaggesca
(Tratto da: IL MORANDINI Dizionario dei film).
Presentato in concorso al Festival di Locarno, ottiene il premio Giuria dei Giovani. Nello stesso anno partecipa al Festival di Montpellier (Gran Premio della Giuria), al Festival di Saint Vincent, al NICE di New York, alla Settimana del cinema italiano in Israele. Al festival di Sulmona ottiene il primo premio per la migliore regia e per il miglior film.
Ciack d'Oro 1993 a Paolo Barbi per la migliore scenografia.

 

1996 - TIBURZI

Regia: Paolo Benvenuti
Soggetto: Paolo Benvenuti e Antonio Masoni
Sceneggiatura: Paolo Benvenuti, Lele Biagi, Mario Cereghino, Antonio Masoni
Consulenza storica: Alfio Cavoli
Fotografia: Aldo Di Marcantonio
Montaggio: Roberto Perpignani
Scenografie: Paolo Barbi
Costumi: Marta Scarlatti
Interpreti: Silvana Pampanini (il Destino), Pio Giannelli (Domenico Tiburzi), Roberto Valenti (Luciano Fioravanti), Marcello Bartolomei (Capitano Giacheri), Stefano Bambini (Tenente Rizzoli), Dario Marconcini (Il principe Corsini), Giuseppe Francione (brigadiere Giudici), Atos Davini (monsignor Luchetti), Felice Tazzini (Il poeta carbonaio), Paolo Benvenuti (Voce narrante).
Produzione: Ager 3 Roma e Arsenali Medicei Pisa
Distribuzione: Lab 80 Film
35mm, colore, 84'

Con il patrocinio del Comune di Montalto di Castro, Comune di Capalbio e con la collaborazione dei Comuni di Canino, Cellere, Farnese, Ischia di Castro e Tarquinia.
Scandito nei quadri di una ballata popolare e nei modi asciutti, quasi notarili di un'analisi storica e sociale, il film ricostruisce gli ultimi giorni del brigante Domenico Tiburzi, catturato e ucciso a sessant'anni nell'ottobre 1896 in una casa nei pressi di Capalbio (Grosseto). Diretto dal pisano P. Benvenuti (1946), outsider del cinema italiano, appartiene alla rara categoria dei film che trovano la loro principale ragione d'essere in un paesaggio: la Maremma, territorio mentale prima che geografico, dove la civiltà agropastorale appare ancor oggi fusa con le tracce di civiltà antichissime. Aperto dalla bella voce di S. Pampanini (omonima dell'attrice) e chiuso dall'unica fotografia che rimane del "nobile brigante", scattata dopo la sua uccisione, è un dichiarato omaggio a John Ford con l'austerità di un Dreyer e lo "splendore del vero" di rosselliniana memoria.
(Tratto da: IL MORANDINI Dizionario dei film)
Presentato in concorso alla Quarantanovesima edizione del Festival di Locarno. Nello stesso anno partecipa al Festival des Films du monde de Montreal Canada.

 

2000 - GOSTANZA DA LIBBIANO

Regia: Paolo Benvenuti
Sceneggiatura (dagli atti originali del processo): Stefano Bacci, Paolo Benvenuti, Mario Cereghino.
Fotografia: Aldo Di Marcantonio
Montaggio: César Meneghetti
Suono (in presa diretta): Fabio Melorio
Scenografia: Paolo Barbi, Paola Peraro, Paolo Fisher
Costumi: Marta Scarlatti
Collaborazione alla regia: Paola Baroni
Interpreti: Lucia poli (Gostanza da Libbiano), Valentino Davanzati (Mons. Roffia), Renzo Cerrato (Padre Costacciaro), Paolo Spaziani (Padre Porcacchi), Lele Biagi (il notaio Viviani), Nadia Capocchini (Monna Lisabetta), Teresa Soldaini (Dianora)
Produzione: Giovanni Carratori per Arsenali Medicei Pisa
Distribuzione: Lab 80 Film
35mm, BN, 92'

Anno 1594, San Miniato al Tedesco nel Granducato di Toscana. Monna Gostanza da Libbiano (Diocesi di Lucca), una contadina di sessant'anni, esercita da sempre il mestiere di guaritrice. La sua pratica di "misurare i panni ai malati per conoscerne i mali" mette in sospetto le autorità ecclesiastiche locali. Arrestata per ordine del vescovo di Lucca, a seguito di una breve istruttoria, viene accusata di stregoneria. Due vicari, il reverendo Roffia e padre Porcacchi, la sottopongono per molti giorni a lunghi ed estenuanti interrogatori volti a farle confessare "pratiche diaboliche".
Lentamente ma inesorabilmente, piegata da ripetute torture, Gostanza cessa di proclamare la sua innocenza per entrare nel personaggio della strega. La dona inizierà così a costruire un suo mondo metafisico, scatenandosi nelle fantasie più fervide: malie, delitti, vampirismi, metamorfosi, voli notturni e baccanali alla Città del Diavolo, confessioni che le consentono di sfruttare in modo personalissimo e originale l'inesauribile ricchezza dell'immaginario popolare e contadino.
Da grande affabulatrice, con la vivezza delle immagini evocate, Gostanza soggioga e ammalia gli inquisitori, provocandoli fin nelle loro più segrete frustrazioni sessuali.-
Forte di questa nuova identità e del potere esercitato sui suoi astanti, la donna pare pronta ad affrontare a testa alta il proprio inesorabile destino. Ma ecco apparire, sulla scena processuale, il Grande inquisitore di Firenze, padre Dionigi Costacciaro. Il terribile vecchio vuole ascoltare anche lui le confessioni della strega. Avviene così uno strano ed inaspettato ribaltamento della situazione: mentre l'inquisitore confuta una ad una le colpe dell'inquisita, Gostanza difende con forza la propria identità di strega.
Da quel momento, l'immaginario codificato della Santa Fede e quello metafisico della fantasia popolare, si contrappongono con pari veemenza in un duello verbale. Ed è un colpo di teatro a risolvere il conflitto: davanti ad una povera vedova in catene, indicata dall'inquisita come sua complice nelle pratiche diaboliche, Gostanza finirà per crollare...

Selezionato in concorso alla Cinquantatreesima edizione del Festival di Locarno. Al film viene assegnato il Premio Speciale della Giuria.

 

2003 – SEGRETI DI STATO

 

Regia: Paolo Benvenuti

Sceneggiatura: Paolo Benvenuti, Paola Baroni

Fotografia: Gianni Marras

Montaggio: César Meneghetti

Sonoro in presa diretta: Fabio Melorio, Roberto Bartoli

Scenografia: Paolo Bonfini

Costumi: Giovanni Addante

Disegni: Loredano Ugolini

Collaborazione alla regia: Paola Baroni

Consulenza storica: Giuseppe Casarrubea, Giuseppe Dicevi, Angelo La Bella, Rosa Mercarolo

Interpreti: Antonio Catania (L’avvocato), David Coco (Pisciotta), Aldo Puglisi (Il perito), Sergio Graziani (Il professore), Francesco Guzzo (Cacaova)

Responsabile amministrativo e finanziario: Paolo Di Gravio

Organizzazione Generale: Luigi Lagrasta

Prodotto da: Domenico Procacci per Fandango

Distribuito da Fandango

35mm, col, 85’

1951. Al processo di Viterbo contro i superstiti della banda Giuliano per la strage di Portella della Ginestra, l’inchiesta giudiziaria procede trascurando tracce e spiegando i fatti in maniera contraddittoria. L’avvocato di Gaspare Pisciotta, luogotenente di Salvatore Giuliano, inizia a condurre autonomamente una propria indagine partendo da un piccolo particolare: il calibro dei proiettili ritrovati sul luogo dell’eccidio. Il suo percorso lo condurrà fino in Sicilia, sul luogo della strage, portandolo a scoprire che dietro l’operazione si nascondeva ben altro scopo e si aggiravano figure ambigue, tra cui fascisti, mafiosi, uomini dei servizi segreti e politici. Tale piano infatti, così esteso e precisamente architettato, fu ideato per colpire la sinistra, fresca vincitrice in Sicilia delle prime elezioni regionali libere.

Il film è stato selezionato in concorso alla 60ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, e nello stesso anno al Festival Internazionale di Toronto.