CONFORTORIO: Gli invisibili del cinema italiano
di Gianni Volpi
Quaderni di Tredicilune n. 5, Maggio 1993
Confortorio"
è uno di
quei rari film che sanno parlare sia alla sensibilità sia all'intelligenza
dello spettatore. Nasce, insomma, da una sua necessità, di discorso, di
linguaggio cinematografico. Ambientato nella Roma papalina settecentesca, è un
film storico e attuale come non pochi; racconta la "macchina della pietà" di
un'istituzione forte, autoritaria, ideologicamente inflessibile e, contrapposta,
la presa di coscienza di un'identità etnico-culturale più che non religiosa.
La Storia - luoghi, forme, oggetti, rituali - è osservata con materiale
esattezza e con una tensione morale senza moralismi e senza didascalismi.
Diventa una storia davvero nostra. A suo modo erede di tutto un filone di cinema
"moderno" che viene dalle originali acquisizioni degli anni Sessanta,
Confortorio è un esempio alto delle potenzialità di un cinema povero (e nello
stesso tempo ricco di risultati espressivi) e indipendente, cioè non succube di
nessuna "dipendenza primaria"; un cinema fatto con pochi soldi ma fondato sulla
ricerca, sulla documentazione, sull'invenzione, su un uso sapiente, lucido del
tempo (la notte prima dell'esecuzione di due ladruncoli ebrei; un tempo definito
che si "riduce", si contrae, in una suspense di "conversione" possibile), dello
spazio (lo spazio come luogo fisico; come suggestione di un clima morale;
sotterranei, meandri, buio caravaggesco, la notte dell'intolleranza; come
visione; un barocco romano in realtà toscano), di un racconto forte. Non
riconciliato ne' con la realtà ne' con il cinema così come sono.