lunedi 24 settembre 2001
"Gostanza da Libbiano", rigoroso e in bianco nero
La storia di un processo per stregoneria
La ricerca di Paolo Benvenuti
alle radici dell'arte del cinema
di PAOLO D'AGOSTINI
Non può né deve essere il solo cinema esistente. Ma può, ma deve continuare sempre ad esistere, per la salute di tutto il cinema, anche un cinema come quello che fa Paolo Benvenuti. Non tutti lo sanno e allora diciamo chi è, Paolo Benvenuti. Pisano, 55enne o forse qualcosa di più, non ha mai fatto del cinema un mestiere - è sempre vissuto di altro - ma una fede, una missione, o meglio un bisogno. Senz'ombra di fanatismo, malgrado il rigore della persona. E' il primo a sapersi minoritario ma senza compiacimento, il primo a non essere intollerante verso altri modi di fare cinema, il primo a non lamentare i mancati finanziamenti pubblici e a percorrere non senza enormi sforzi ma senza vittimismo la strada dell'autofinanziamento, il primo perfino ad ammettere l'opportunità del divieto ai minori per il suo ultimo film.

Che s'intitola Gostanza da Libbiano. E' difficile trovare un esempio più potente di assoluta aderenza ai grandi temi di sempre e quindi anche di oggi, a dispetto della remota collocazione spaziotemporale di ciò che il film mette in scena: un processo per stregoneria da parte della Santa Inquisizione ai danni di una donna nella Toscana - siamo dalle parti di San Miniato - della fine del XVI secolo. A dispetto della dimensione claustrofobica, punitiva di una messa in scena che, in bianco e nero, riduce gli ambienti a due o al massimo tre "interni" e i personaggi a quattro: l'imputata e tre inquisitori. E l'azione, il movimento, all'essenziale: facendo della parola movimento e azione. Dimensione che, incredibilmente e con un effetto che ha del miracoloso, non impedisce al film - che al contrario esalta del film - l'effetto appassionante, coinvolgente, addirittura, e paradossalmente, spettacolare. Sarà anche per via della statura della protagonista Lucia Poli, un'attrice che come pochissime è capace di esporsi, darsi, anche umiliarsi così con tanta autorità.

La sua vicenda è puntigliosamente, ma non pedantescamente ricostruita sulla base di documenti relativi appunto a un processo realmente celebratosi in quel tempo e in quei luoghi, cui l'autore si è attenuto scrupolosamente. Ma sapendo sollevarsi dall'intento pur rigorosissimamente documentario e documentato, facendone trampolino di lancio per un racconto emozionante che a sua volta si fa grande, universale metafora sulla libertà di pensiero e sui danni incalcolabili che ogni tentativo di ridurre gli spazi di libertà può produrre. Motivo che non è nuovo al percorso di questo artista, così come non gli è nuovo l'interesse nei confronti del ruolo da assoluta protagonista che nel corso di una lunga storia ha esercitato la Chiesa cattolica nel reprimere, intimidire, condizionare, imporre la propria ideologia con ogni strumento e con la pretesa di essere nel giusto e di convincere di questo le sue vittime.
Imitata, malamente e senza lo stesso successo, ma soprattutto senza la stessa straordinaria capacità di sopravvivere ai propri mostruosi errori, dallo stalinismo.

Meraviglioso precedente il suo secondo film Confortorio. La vicenda di due ladruncoli ebrei nella Roma secentesca. Imprigionati e condannati alla pena capitale, i due vengono sottoposti dall'Inquisizione a interrogatori e torture allo scopo di estorcere loro la conversione al cristianesimo. Un po' come i due indimenticabili fanti Gassman e Sordi de La grande guerra i due poveracci diventano loro malgrado due eroi. Un estremo scatto di dignità li condurrà a rifiutare il ricatto e a trovare il loro riscato, ad affrontare il patibolo a testa alta, da ebrei.

C'è bisogno di artisti come Benvenuti, di film belli (peraltro sempre memori di accuratissime ricerche pittoriche, valorizzate nonostante la sobrietà per non dire la povertà) e impegnativi come i suoi. Così come c'è stato, c'è e ci sarà sempre bisogno di artisti, di poeti del cinema come Bresson, come Dreyer, come Bergman.

GOSTANZA DA LIBBIANO
Regia di PAOLO BENVENUTI
Con LUCIA POLI, R. CERRATO


(9 marzo 2001)
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