La guaritrice di san
Miniato "Gostanza da Libbiano", regia di Paolo Benvenuti, dal
23 nelle sale italiane SILVANA SILVESTRI - ROMA
Nel paese dove film sono stati mandati al
rogo, tornano le streghe, ammaliatrici ma pur sempre
pericolose: Gostanza da Libbiano di Paolo Benvenuti,
tra i più bei film dell'anno, sarà dal 23 nelle sale (Roma e
Torino, poi le altre) con il divieto ai 14 anni (altri lo
hanno evitato). La motivazione stupefacente è che "si mostrano
torture inflitte da religiosi". Rigorosamente basato sugli
autentici atti del processo pubblicati in Gostanza, la
strega di San Miniato di Franco Cardini (Laterza, 1989),
un severo bianco e nero squarciato dalla luce accoglie la
magnifica interpretazione di Lucia Poli che riporta le parole
di cinquecento anni fa e le rende materia incandescente.
L'indovina di San Miniato, la guaritrice catturata
dall'Inquisizione a rendere conto dei suoi segreti si
trasforma per noi in occasione di riflessione sul potere, una
volta finito l'effetto esplosivo del bel cinema fatto con il
linguaggio toscano antico che Lucia Poli prende certamente non
solo dal suo accento, le costruzioni della prospettiva non
tanto visiva quanto mentale basata su tre coordinate
(l'inquisitore, la strega e il desiderio, il maschile, il
femminile e il potere). Chiediamo a Paolo Benvenuti come ha
operato sui testi del processo (sceneggiatura firmata con
Stefano Bacci e Mario Cereghino): "E' stato un procedimento a
togliere, da duecento pagine di processo ne abbiamo ottenute
quaranta. Un punto chiave era la paura che avevano gli
ecclesiastici del femminile, della capacità creativa,
dell'inventiva della donna, quindi abbiamo focalizzato questo
punto ed eliminato altre parti. Ci siamo poi concentrati sugli
interrogatori: Monsignor Roffia di famiglia impegnata da
sempre nella gestione del comune di San Miniato pone domande
sull'ordine pubblico (le morti dei neonati, i disseppellimenti
dei cadaveri...) mentre al più giovane padre Porcacchi sono
attribuite le domande metafisiche. Ho messo dieci anni per
realizzare questo film, che idealmente chiudeva la trilogia di
Bacio di Giuda e Confortorio". Che donna era
Gostanza che parla della sua giovinezza svanita e ritrovata
nei sabba, che si dice vecchia ma guarda negli occhi i suoi
inquisitori e quasi vola nella tortura della corda: "Molto
affascinante, visto che è riuscita ad affascinare anche me
cinquecento anni dopo, coraggiosa, determinata. Violentata da
bambina, rapita da un pastore, era figlia di un nobile di cui
conservava l'alterigia e la consapevolezza di essere diversa
dalle altre. Aveva organizzato un'azienda di vedove, all'epoca
donne senza più identità, dove si preparavano erbe
medicamentose, piuttosto redditizia visto che furono requisiti
centinaia di fiorini d'oro. Quello che confessa secondo me fa
parte di una strategia perché sono cose talmente assurde che
lei certo sperava di non essere creduta. Invece le
contestazioni sono di tipo teologico. Nei suoi racconti
inventa e sogna. In qualche modo è un film sul diritto a
sognare. Io faccio cinema per capire, incontro delle storie,
mi affascinano. Mi piacerebbe capire attraverso il film non
solo la storia di Costanza, ma il femminile". Ed è proprio
perché hanno paura del femminile che i primi due giudici la
manderebbero al rogo mentre (non sveliamo il finale) questo
sarebbe riconoscere il suo potere e la sua identità. E' molto
interessante notare che Padre Costacciaro che prende la
decisione finale sarà poi uno dei quattro a giudicare Giordano
Bruno: "Per questo faccio un film del '500 che parla al
duemila perché trovo che sia molto moderna la soluzione che
prende la Chiesa". Gran premio della giuria a Locarno e Grolla
d'oro alla fotografia (Aldo Di Marcantonio), apprezzato dai
cattolici sempre più avanzati della censura (potrebbe essere
acquisito dalla Sanpaolo), sarà programmato su Telepiù ma non
è stato comprato dalla Rai perché - come ha detto Montaldo che
pure ha amato il film: "un conto è amare un film, un conto è
farlo accettare politicamente".
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