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PROBLEMATICHE ETICHE

Le medicine alternative analizzate alla luce dei quattro principi
Un primo approccio nei confronti delle problematiche etiche delle medicine alternative può essere costituito da una loro analisi alla luce dei quattro principi.

1) In base al principio di non-maleficenza appare necessario garantire ai cittadini il diritto di essere sottoposti a quelle procedure diagnostiche e terapeutiche che riducano al minimo i rischi insiti nelle procedure stesse; tale sicurezza è garantita non solo dall’esperienza degli operatori ma anche dalla validità delle procedure che devono essere perimentate e accettate dalla comunità scientifica internazionale.

Risulterebbe quindi inaccettabile l’applicazione di procedure di diagnosi e cura che non abbiano dimostrato, alla luce dei criteri attualmente applicati, un’accettabile rapporto rischio/beneficio.

Apparentemente a conclusione sembra logica, ma siamo sicuri che la medicina convenzionale garantisca sempre un’accettabile rapporto rischio/beneficio? Non esiste forse un rischio elevato in tutte le sperimentazioni? Quanti pazienti, quando assumono un farmaco di recente immissione in commercio sanno, che si sta attuando la fase IV della sperimentazione di quel farmaco? Non sarebbe utile inserire in protocolli sperimentali corretti le medicine alternative dagli esiti più promettenti? (Cosa che peraltro si sta già facendo; si trovano infatti on line i risultati di molti studi di questo genere, per es. sul sito dell'istituto Superiore di Sanità)

2) Il principio di beneficialità (o beneficenza) ci induce a sottolineare che i cittadini hanno diritto ad usufruire di procedure diagnostiche e terapeutiche oggettivamente riconosciute come adeguate allo scopo preposto. Al di fuori della fase di sperimentazione quindi, ogni procedura può essere applicata solo quando ha dimostrato la sua reale efficacia e adeguatezza.

Questi primi principi ritengo che costituiscano un obbligo morale per tutte le malattie di particolare gravità o a rischio di degenerazione, o comunque di diagnosi certa. Come bisogna comportarsi negli altri casi, quando ci troviamo al limite tra salute e malattia, o tra farmaco ed alimento (l'integratore alimentare), o quando onestamente non riusciamo a diagnosticare in modo certo nessuna patologia, ma non possiamo escluderla, perchè il paziente ne manifesta i sintomi ?
Altrettanto problematica appare la situazione opposta, di malattia grave e diagnosticata, per la quale la medicina ufficiale non è in grado di proporre soluzioni al di fuori della palliazione. In tutti questi casi è sempre giusto non provare qualcosa di diverso? Non si toglie forse un'ulteriore possibilità al paziente, se gli si nega la possibilità di cercare di andare al di là della prognosi infausta?

3) Il rispetto del principio di autonomia della persona chiede che ogni cittadino sia necessariamente informato sulle procedure diagnostico-terapeutiche alle quali è chiamato a sottoporsi in modo che possa esprimere consapevolmente il proprio consenso.

Risulta evidente che è eticamente non corretto chiedere un consenso per procedure che non abbiano scientificamente dimostrato sicurezza ed efficacia nella loro applicazione. In caso contrario viene richiesto al paziente un atteggiamento radicalmente fideistico, che contraddice il principio di autonomia inducendo un ritorno a quegli atteggiamenti totalmente paternalistici nel rapporto medico-paziente che, nella sensibilità culturale attuale, non sono auspicabili.

Al consenso informato nelle medicine alternative è dedicato un intero parere del Comitato Nazionale di Bioetica (2005), secondo il quale questo risulta essere uno dei problemi più delicati nelll'ambito delle malattie non convenzionali, soprattutto quelle basate su una filosofia di vita diversa da quella occidantale e difficilmente verificabili con il metodo scientifico (la pranoterapia, la medicina ayur-vedica, la medicina antroposofica, l’omotossicologia, l’omeopatia, la medicina tradizionale cinese e quella tibetana, la cromoterapia, i fiori di Bach, il Rei-ki, l’iridologia, ecc).

In base al principio di autonomia è giusto che il soggetto che si rivolge alla medicina non convenzionale sia degno di rispetto. Nello stesso tempo però le sue richieste non devono essere tali da andare contro la dignità della persona umana.

Per quanto concerne più specificamente il consenso informato, ci si pone il problema di come informare correttamente i pazienti dei rischi legati a terapie non sufficientemente sperimentate. Per il CNB sarebbe necessario sottoporre anche le medicine alternative a sperimentazioni rigorose, sottoposte a controlli pubblici ed operate da enti indipendenti. I requisiti di efficacia dovrebbero essere gli stessi richiesti per la medicina scientifica.

Alcune medicine alternative però non accettano di essere verificate in tale modo. Sarebbe pertanto corretto informare il paziente di questo fatto che, non soltanto non permette di stabilire se e quanto sono efficaci, ma impedisce a queste il miglioramento continuo tipico della scienza moderna. In queste condizioni sarebbe importante far capire ai pazienti che l'unico effetto certo sembra essere quello placebo, particolarmente evidente grazie al coinvolgimento umano di molti terapeuti alternativi.

Da parte sua anche il paziente dovrebbe poter fornire al medico tutte le informazioni relative alle sue terapie, per fare in modo che i diversi tipi di medicine non interagissero negativamente fra di loro.

Nei casi di malattie gravi il medico dovrebbe fare ogni sforzo per far comprendere al paziente i vantaggi delle terapie scientificamente provate.

4) Il principio di giustizia dovrebbe garantire a tutti i cattadini analoghe possibilità di cura. E’ evidente che la limitatezza delle risorse e la conseguente applicazione del principio della giustizia distributiva, costringe a garantire l’erogazione gratuita solo per quelle procedure che la comunità scientifica internazionale ha riconosciuto e comprovato come realmente efficaci. Sebbene questo principio si scontri con il principio di autonomia inteso come la possibilità per ogni cittadino di scegliere la cura che preferisce, sembra ingiusto privare dei cittadini di cure sicuramente efficaci, per garantire ad altri terapie non sempre provate.

Efficacia delle medicine non convenzionali

Generalmente quando si parla di medicine non convenzionali si dà per scontato che la loro efficacia non sia stata validamente sperimentata; ma fino a che punto è valida questa affermazione? Spesso e volentieri infatti i giudizi vengono espressi da esponenti della medicina ufficiale, che non sempre hanno una grande esprienza nel campo delle medicine alternative. Inoltre, trattandosi a volte di medicine molto antiche, non è detto che con il passare dei secoli non si sia attuata un forma di miglioramento continuo delle procedure, nel tramandarle da maestro ad allievo. Sarebbe pertanto auspicabile una sistematizzazione di questo lavoro, sottoponendo questo procedimento secolare a prove cliniche modernamente strutturate. Il problema a questo punto però, per le medicine che accettano di sottoporsi a tali prove, diventa di natura economica: le prove di efficacia e sicurezza sono lunghe e costose, e non sempre è possibile trovare soggetti disposti a finanziarle.

Alcune regioni italiane stanno lavorando per rendere più sistematico e corretto lo studio delle medicine alternative. Esistono infatti leggi regionali che ne disciplinano alcuni aspetti. Per facilitare il confronto fra le varie scuole alcuni comitati etici regionali hanno introdotto al loro interno rappresentanti delle medicine alternative: per es.a partire dal 2007 il comitato etico della regione Toscana ha accolto tra i propri membri un medico in rappresentanza delle medicine complementari e un esperto delle discipline bionaturali.

 

Sicurezza delle medicine non convenzionali

Tossicità dei prodotti

Per quanto riguarda i prodotti naturali, il fatto che gran parte dei prodotti erboristici non venga registrata come farmaco, fa sì che sia presente il rischio di tossicità. La tossicità può essere dovuta:

  • alla pianta stessa (non sempre sono richiesti studi di innocuità, non essendo definita la composizione quali- quantitativa, il contenuto in principi attivi può oscillare determinando intossicazioni o sovradosaggi,...)
  • a contaminazioni da altre piante, soprattutto quando provengono da paesi con pochi controlli
  • alla presenza di estratti di numerose piante nello stesso prodotto.

Purtroppo dietro l'uso diffuso dei preparati erboristici si nasconde il cosiddetto "inganno naturalistico", ossia quell'errata concezione che fa credere buono tutto ciò che è naturale. Ovviamente basta ricordare che le piante contengono potentissimi veleni per capire quanto questo presupposto sia errato.

Interazioni con altri farmaci ed alimenti

Le considerazioni sono analoghe a quelle del punto precedente: per tutto ciò che non è farmaco in genere non è prevista l'indicazione delle possibili interazioni sulla confezione. Solo in alcuni casi eclatanti (recentemente per esempio è successo con l'aloe o il pompelmo) si sono sensibilizzati i farmacisti sulle interazioni pericolose. I prodotti venduti attraverso altri canali commerciali rimengono però privi di indicazioni in merito. L'unica fonte di informazione rimane il foglietto illustrativo del farmaco assunto in concomitanza (che tuttavia non sempre è stato testato con tutte le sostanze naturali possibili).

Dosaggi

Il problema del dosaggio rimane aperto per moltisssimi prodotti naturali. In alcuni casi è praticamente impossibile sapere quanta sostanza si sta assumendo. Soltanto in questi ultimi anni si incomincia a vendere prodotti erboristici titolati nei principi attivi. Anche in questo caso però si trovano i prodotti con le caratteristiche più disparate: innanzitutto perchè i prodotti naturali contengono spesso diversi principi attivi, ma non sempre tutti vengono titolati; in secondo luogo perchè si ritrovano in commercio confenzioni con quantità di principio attivo diversissime (anche più di cento volte più concentrati). Ovviamente con dosaggi eccessivi è più facile rche si manifestino effetti tossici.

E' comunque doveroso dire che i problemi legati alla sicurezza dei prodotti di origine naturale sono molto limitati nel caso dei farmaci omeopatici, dove le enormi diluizioni rendono praticamente innocuo il princiipio attivo (per i chimici risulta veramente problematico il controllo di prodotti dove non è più possibile ritrovare neanche una molecola di principio attivo!). In questo caso l'unico vero problema, essendo l'omeopatia difficile da sottoporre a rigidi protocolli sperimentali (per le sue caratteristiche di adeguamento del protocollo di cura alla situazione del paziente), rimane il rischio di trascurare e far degenerare malattie che con farmaci convenzionali potrebbero essere efficacemente curate.

Confine tra scienza e pseudoscienza

Per definire ciò che è accetabile, perchè verificabile, e ciò che non lo è, sarebbe necessario trovare un confine netto tra scienza e pseudoscienza. In realtà tale confine è molto sfumato. Innanzitutto perchè viaria con il tempo: via via che aumentano gli studi sulle nuove terapie il confine si sposta inglobando nella scienza parte di ciò che prima non lo era; così alcune terapie in passato definite alternative cominciano a far parte della medicina ufficiale. In secondo luogo perchè tutto ciò che normalmente viene proposto da un medico, viene in genere accettato dai pazienti come vero, anche se non sempre è stato sperimentato con metodiche ineccepibili. Esistono infatti studi sperimentali di tipo diverso, le cui conclusioni hanno affidabilità diversa, così come esistono enormi conflitti di interesse che portano i finanziatori degli studi ad indirizzare le sperimentazioni. Esistono malattie rare, per le quali pochissimi hanno interesse ad investire; solo di recente alcuni ministeri della salute o associazioni di malati hanno finanziato studi in questo settore: le terapie per alcune di queste malattie rimarranno forse per sempre nell'ambito della pseudoscienza?
Esiste infine una grande variabilità biologica tra soggetto e soggetto, della quale sembrano tenere conto più le medicine altrenative che non quelle convenzionali.

Centralità del paziente

La diffusione delle medicine alternative offre l’occasione di ritornare a riflettere su alcuni ulteriori importanti aspetti etici della pratica sanitaria attuale. Da più parti si è sottolineato come il ricorso alle medicine alternative sia talora vissuto come il recupero di un’antica saggezza che arrechi sollievo alla sofferenza; tale considerazione fa nascere il sospetto che stia crescendo un atteggiamento di diffidenza verso la medicina scientifica che viene accusata di essere indifferente ai bisogni della persona. Questa constatazione riapre la necessità di sottolineare come ogni pratica sanitaria debba essere sempre aperta alla globalità della persona nella sua multidimensionalità. Ogni volta che l’approccio diagnostico e terapeutico si riduce a parcellizzare la persona e a considerane solo alcuni aspetti si opera una sorta di mutilazione antropologica che crea ulteriore sofferenza. L’attenzione ai bisogni della persona, peraltro auspicata fin dagli albori dell’ars medica, rimane elemento centrale di ogni professione sanitaria. Ciò richiede che ogni medico sappia costruire una stretta relazione personale con il paziente basata sul dialogo individuale aperto all’ascolto dell’evoluzione dei bisogni del malato nel decorso della malattia. Se la pratica medica si riduce alla semplice applicazione delle procedure tecnologiche il paziente viene privato della realtà personale e il medico diviene un semplice ingranaggio della macchina medicotecnologica. Come già sottolineato da Jaspers, il medico non è più espressione della sue qualità professionali, ma costituisce una semplice “funzione” intercambiabile. Il grande aiuto che la tecnologia ha portato ai progressi della medicina moderna rischia di essere vanificato da questo distruttivo riduzionismo. Tale rischio di deprivazione della realtà personale può dilatarsi nel vissuto del paziente, accelerazione dei costi della sanità ha generato la necessità di introdurre il costante monitoraggio della spesa sanitaria e misure strutturali che ne prevedano il contenimento. Da tale esigenza sono talora emerse misure restrittive che hanno fortemente condizionato la possibilità di garantire al paziente una relazione stabile ed individualizzata con il medico, infondendo sentimenti di sfiducia e di abbandono nel malato. La opportuna preoccupazione per il contenimento dei costi non può trasformarsi in misure che minaccino l’identità professionale del medico e riducano il malato a semplice oggetto. Le medicine alternative, a modo loro, colgono – con varie procedure (ampiezza dell’anamnesi, attenzione al vissuto corporeo) – la natura relazionale dell’atto terapeutico, ed il bisogno del paziente, spesso assai acuto, d’essere trattato non come cosa, bensì come persona.

L’organizzazione delle strategie di diagnosi e cura deve garantire ad ogni cittadino malato quella relazione professionale personalizzata che ha fondato nella millenaria tradizione della medicina l’alleanza terapeutica fra il medico e il paziente, sorgente di fiducia e affidamento. L’attenzione alla rigorosità scientifica delle procedure e al contenimento dei costi non giustificati o non sostenibili si deve accompagnare ad un’altrettanto rigorosa attenzione per il rispetto della centralità e della globalità della persona del malato.

Medicine statiche

In conformità a quanto espresso dal CNB le medicine alternative si configurano come medicine "statiche", se confrontate con quelle scientifiche. E' infatti caratteristica delle scienze il sottoporre sempre a continue verifiche le proprie leggi, al fine di ottenere un miglioramento continuo. Questo miglioramento continuo non sempre si verifica nelle medicina alternative, a meno che non accettino di sottostare alle regole del metodo scientifico. Questo aspetto è sicuramente un limite, anche se :

  • non è escluso che le medicine non convenzionali non abbiano subito nei secoli una sorta di miglioramento, anche se lento e poco sistematico
  • è necessario chiedersi se questo miglioramento continuo sia sempre eticamente corretto; conosciamo infatti molti casi in cui, pur di permettere alla scienza di migliorare sempre, non le si pongono più limiti  di alcun tiipo (uso di staminali embrionali, uomini usati per sperimentazioni in modo da non tutelarne la dignità,...)

Costi delle medicine alternative

E' opinione diffusa nella medicina tradizionale che i costi delle medicine alternative non debbano essere sostenuti dal SSN, per non sottrarre ai pazienti risorse utili per mettere in atto terapie di provata efficacia. (principio di giustizia).

Esistono però alcuni casi in cui tale opinione non è corretta. Per esempio nel caso di malattie tumorali, o di aids in cui recenti studi stanno dimostrando la possibilità di alcune terapie non convenzionali di alleviare i sintomi della malattia in situazioni in cui la medicina convenzionale non è sufficiente.

Il fatto che i farmaci  alternativi non siano dispensati a carico sel SSN e non siano prescritti da un medico, pone un altro problema: il loro commercio sfugge completamente alla farmacovigilanza. Quasi tutti i farmaci dispensati dal SSN infatti vengono prescritti dal medico di base e registrati sulla scheda del paziente; è pertanto possibile che reazioni pericolose possano emergere ed essere attribuite alla giusta causa. 

Deducibilità dei farmaci

Tutti i prodotti naturali che vengono commercializzati sotto forma di integratori o di cosmetici pertanto anche se vengono utilizzati come farmaci, non sono deducibili. Questo talvolta accade anche nella medicina ufficiale: alcuni prodotti (per esempio ad uso dermatologico), pur avendo proprietà farmacologiche,vengono venduti come cosmetici, perchè le aziende vogliono evitare il lungo e costoso iter registrativo previsto per i farmaci. In questo caso i pazienti, pur ricorrendo a tali prodotti in seguito a prescrizione medica, non possono beneficiare di alcun tipo di partecipazione da parte dello Stato alla loro spesa.

Costi della ricerca

Si ritiene ancora opportuno che la verifica dei percorsi formativi e dei risultati clinici ottenuti venga affidata a soggetti terzi, non riconducibili ai centri che promuovono lo sviluppo delle medicine alternative, e ciò per evitare il rischio dell’autoreferenzialità. Dal punto di vista etico sarebbe corretto che anche i farmaci utilizzati nelle medicine alternative venissero testati da soggetti terzi, e che i costi legati alle sperimentazioni non venissero sostenuti da chi ha interesse a metterli in commercio. In realtà questo è un problema anche per la medicina ufficiale: non solo le aziende che commercializzeranno il farmaco sostengono i costi della sperimentazione, ma spesso anche moolti istituti universitari, a causa della ristrettezza dei finanziamenti, si trovano costrette ad effettuare studi grazie ai finanziamenti delle aziende.

Ricerca estrema del benessere

L'uso degli integratori, se non associato ad una vera e propria patologia ci pone il problema della ricerca del benessere ad ogni costo.
Fino a che punto è lecito l'uso di sostanze per migliorare la nostra condizione di benessere? Quando l'uso continuo di sostanze arriva a configurarsi come dipendenza e limita la nostra libertà?  Sono i soli rischi per la nostra salute a dover limitare il nostro consumo di integratori, la paura di perdere la capacità di autodeterminazione, o forse esiste un limite molto prima, quando ci accorgiamo che l'eccessiva attenzione per la nostra salute non è volta a mantenerci nelle condizioni che ci permettono di svolgere i nostri compiti, ma si configura come un egoistico ripiegarsi solo su noi stessi e ci impedisce di vedere le necessità di chi ci circonda?

POSIZIONE CHIESA CATTOLICA

La Chiesa Cattolica, in diversi documenti ufficiali,  non si stanca di evidenziare i pericoli correlati alle medicine alternative la cui filosofia di base è contraria ai presupposti filosofici e religiosi della fede cattolica.  In taluni casi inoltre, la pratica di terapie dal fondamento incerto, si configura semplicemente come una forma di superstizione.
Nel documento dell''Ufficio Nazionale per la Pastorale della Sanità della Conferenza Episcopale Italiana, " Le Istituzioni sanitarie cattoliche in Italia - Identità e ruolo" (7 luglio 2000), si segnala il coinvolgimento di queste terapie con filosofie orientali "non compatibili con la fede cattolica e qualche volta persino accompagnate da pratiche occultistiche". Non mancano inoltre i documenti che mettono in guardia davanti ai pericoli della "New Age".

Per quanto riguarda invece quelle prassi mediche non fondate su riscontri di anatomia, fisiologia, patologia e terapia, ma prive di basi filosofiche in contrasto con il pensiero della Chiesa Cattolica, i vescovi mettono in guardia davanti a erboristeria, agopuntura, omeopatia, riflessologia, pranoterapia, iridologia, reiki e shiatzu in quanto possono rappresentare un rischio per i pazienti che abbandonano le terapie tradizionali, ma di comprovata efficacia. C'è anche un richiamo alle istituzioni sanitarie cattoliche (ospedali, cliniche specialistiche), alle quali è consigliata "rigorosa" prudenza prima di inserire queste terapie in quelle eseguite all'interno delle strutture sanitarie.

 

D'altra parte la Chiesa Cattolica considera la diffusione di tali terapie una sfida per la medicina ufficiale, davanti ai cui limiti i pazienti cercano soluzioni alternative. La rigida applicazione ai pazienti di protocolli standardizzati rischia infatti di non essere adeguata al singolo malato e di ridurre il rapporto medico-paziente ad un semplice atto tecnico-scientifico.
In numerosi documenti non si smette infatti di ricordare ai professionisti della sanità la necessità di unire un'imprescindibile e rigorosa preparazione tecnico-scientifica con una compartecipata attenzione alle necessità fisiche e psicologiche del malato, per non costringerlo a cercare altrove, lungo vie pericolose e sconosciute, quella cura e comprensione che avrebbe dovuto ricevere dalla medicina convenzionale.

 

 

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