COMUNICATO STAMPA N° 13/2004

Incenerimento dei rifiuti: la posizione del WWF

La nostra opposizione agli inceneritori nasce dalla necessità di far consolidare nello stile di vita collettivo strumenti quali il riuso del rifiuto, la raccolta differenziata finalizzata al riciclo di materia, il riciclaggio e solo in ultima analisi lo smaltimento. Tuttavia le città di Bisceglie e Trani, con una percentuale di raccolta differenziata molto bassa, di fatto prediligono come metodo di smaltimento il confinamento in discariche controllate, anche se le discariche già esistenti rappresentano una fonte potenziale di inquinamento.

Il Decreto Legislativo 22/97 (Decreto Ronchi), riferimento fondamentale nell’attuale normativa sui rifiuti, sostituisce il precedente concetto di rifiuto come materia inutile, che ha esaurito la funzione alla quale era stata in origine destinata, quello di una materia eccedente che può eventualmente essere immessa in un nuovo ciclo produttivo. La raccolta dei RSU, la loro differenziazione per il recupero energetico, il riciclaggio e la loro consegna in discariche rappresentano aspetti di un unico processo che deve avere come fine ultimo la minimizzazione dell’impatto ambientale negativo che i rifiuti prodotti in grande quantità dalla nostra società hanno sull’ambiente e sull’uomo stesso.

Alla base di tutte le problematiche che hanno condotto la nostra regione nello stato di "emergenza rifiuti", ormai da diversi anni, vi è la mancanza di una gestione integrata e completa del ciclo di vita dei rifiuti. È infatti metodologicamente inefficace affrontare i diversi aspetti della gestione rifiuti come se fossero comparti stagni e non mutuamente interagenti. Così oggi l’incenerimento è improvvisamente diventato la soluzione percorribile e conveniente e flessibile, ma in realtà è una scelta così costosa in termini economici ed ambientali che non può essere imboccata alla cieca solo perché è il business del momento.

Ma come funziona un inceneritore? Senza entrare in inutili dettagli, riteniamo che per affrontare seriamente le scelte tecnologiche occorre ricordare un principio fondamentale della fisica, il principio di conservazione della materia e dell'energia, che nei testi scolastici viene enunciato, in maniera semplice ma efficace, nel modo seguente:

In natura, nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma.

Schema di un inceneritore

Insomma l’incenerimento non riduce la dipendenza dalle discariche. Gli inceneritori sono impianti estremamente costosi che, a fronte di un grande investimento di capitale, creano pochi posti di lavoro, con un basso ritorno economico per la comunità che ospita l’inceneritore, la quale è comunque esposta alle sue ceneri tossiche. V’è da rilevare che più i sistemi di abbattimento dei fumi prodotti dall’inceneritore sono moderni ed efficaci, maggiori sono le sostanze tossiche che si accumulano nelle ceneri e per mantenere basse le emissioni i sistemi di abbattimento debbono essere sempre mantenuti alla massima efficienza.

Pertanto non si possono valutare gli aspetti ambientali, foss’anche di mera localizzazione, legati alla costruzione del singolo impianto di produzione del combustibile derivato dai rifiuti (CDR) o di un "termovalorizzatore", senza considerarne anche gli aspetti indiretti che gli stessi impianti portano con sé in quanto finalizzati a produrre "rifiuto" destinato alla termodistruzione nel nostro territorio.

Dal canto suo il WWF Italia già da diversi anni ha chiaramente preso posizione su questo delicato tema, cercando di sensibilizzare gli organi preposti alla gestione del ciclo dei rifiuti affinché adottino iniziative e creino gli strumenti operativi di riduzione alla fonte della produzione dei rifiuti o di recupero e riutilizzo di oggetti e materiali, perché solo in questo modo le scelte tecnologiche sul loro smaltimento non sarebbero tanto determinanti quanto lo sono oggi, quando si pretende erroneamente di dare un’unica risposta tecnologica, universalmente valida ,alla maggioranza dei rifiuti attualmente prodotti, ovvero la costruzione dei "termovalorizzatori".

Oggi nel nostro territorio poco o nulla si fa in chiave preventiva per la chiusura dei cicli produttivi in modo tale da ridurre il trend positivo all’aumento della produzione continua di rifiuti ed in particolare di quelli nocivi per l’uomo e più in generale per l’ambiente. In questo contesto l’incenerimento potrebbe essere preso in considerazione solo a valle di un processo globale di ristrutturazione della gestione dei rifiuti.

Entrando nel merito, l’incenerimento dei rifiuti è autorizzato solo se accompagnato dal recupero energetico e pertanto viene inserito tra le "operazioni di smaltimento". Si commette un grossolano errore sul piano scientifico quando si parla di recupero energetico: se effettuiamo, infatti, un’analisi energetica dell’incenerimento scopriamo che rispetto al riciclaggio esso costituisce un macroscopico spreco di energia, sancendo la prematura "morte entropica" dei materiali trattati, intendendo con ciò che da essi non se ne potrà trarre nessun ulteriore beneficio energetico. Questo principalmente perché il contenuto di energia speso per produrre, lavorare, trasportare i vari materiali che compongono il rifiuto è di gran lunga maggiore di quel che se ne ricava dalla loro distruzione (cogenerazione); bruciare il rifiuto significa quindi rinunciare definitivamente a ciò che di buono potrebbero dare i materiali in esso contenuti se riciclati.

Scegliere la strada dei termovalorizzatori ovvero degli "inceneritori di rifiuti", significa disincentivare la raccolta differenziata giacché questi costosi impianti per funzionare necessitano di grandi quantità di combustibile derivato dai rifiuti (CDR) ad alto potere calorifico o, detto in altri termini, necessitano di un rifiuto avente un alto contenuto in plastica e carta!

Una valutazione precisa delle quantità di materia entrante ed uscente in un impianto di termovalorizzazione andrebbe fatta per ciascun tipo di tecnologia applicata, comunque si può facilmente dimostrare che in uscita si avrà sempre una quantità di materiali in forma solida, liquida e gassosa ben maggiore dei rifiuti trattati, sotto forma di inerti, fumi, ceneri, carboni attivi per l’abbattimento degli inquinanti gassosi, acqua inquinata che finisce nei depuratori con produzione di fanghi etc.

I "termovalorizzatori" quindi non risolvono il problema dello smaltimento rifiuti, anzi ne amplificano la complessità producendo come materiali di scarto rifiuti che, sebbene abbiano un minor volume, hanno tuttavia una maggiore pericolosità tale da essere considerati dalla normativa "rifiuti speciali" e quindi necessitanti di discariche "speciali".

In definitiva l’inceneritore non elimina la discarica, piuttosto richiede il ricorso a discariche "speciali" la cui localizzazione e gestione presenta difficoltà notevolmente superiori rispetto ad una discarica per rifiuti urbani.

Vi è infine il non trascurabile problema delle emissioni e anche se i moderni impianti possono abbattere efficacemente le emissioni nocive derivanti dalla combustione del CDR, prossime modifiche della legge quadro in materia potrebbero condurre all’esclusione del CDR dal novero dei rifiuti e l’inclusione tra i prodotti combustibili, e ciò comporterebbe limiti di emissione in atmosfera meno restrittivi per questo tipo di impianti.

Riguardo infine il caso del termovalorizzatore di Brescia, addotto spesso come esempio, il 7.01.04 la Commissione Europea ha comunicato alle associazioni ambientaliste "Cittadini per il Riciclaggio" e "Comitato ambiente Città di Brescia", di aver messo in mora l’Italia in merito al caso sollevato dalle stesse associazioni sull’inceneritore.

Per questi motivi riteniamo che l’incenerimento dei rifiuti non sia una soluzione percorribile e che una decisione del genere non possa "cadere dall’alto" ma debba essere una scelta consapevole di tutta la comunità.

Il Gruppo Attivo WWF di Bisceglie

wwfbisceglie@libero.it