ARCHIVIO

marzo 2005

Verde pubblico tra speranze e certezze
     

DOSSIER

La banda del buco è tra noi. Non stiamo parlando dei ladri che aprono uno squarcio nei muri per compiere un furto, bensì ci riferiamo alle centinaia aiuole dei giardini e dei marciapiedi prive (da tempo) del rispettivo esemplare arboreo.

Non è possibile immaginare una città come Bisceglie, che si dichiara attenta ai problemi ambientali, senza un Regolamento del Verde. È da un anno che invitiamo l’Assessorato ai Parchi e Giardini a risolvere questa situazione e a promuovere un censimento degli esemplari, ma le risposte non arrivano e le prospettive sono tutt’altro che rosee.

Lettera al Sindaco e agli assessori

L’ultima lettera in ordine di tempo indirizzata al Sindaco di Bisceglie e all’Assessore ai Parchi e Giardini, sig. Leonardo Napoletano, risale a febbraio 2005. Nella missiva il Gruppo Attivo WWF evidenziava la tragica situazione del verde pubblico cittadino, conseguenza della mancanza di uno specifico regolamento per gli interventi di manutenzione, potatura e abbattimento degli esemplari. La missiva segnalava lo stato di completo abbandono di 26 Platanus occidentalis piantati in Via Ugo La Malfa e concludeva chiedendo l’adozione di tutte le misure finalizzate alla salvaguardia e alla tutela delle alberature e del verde pubblico, auspicando che l’assessorato competente promuova la stesura di un Regolamento del Verde Pubblico.

I nostri suggerimenti

Nel marzo 2004 in un’altra missiva indirizzata al Sindaco e agli Assessori Napoletano e Vella chiedemmo di evitare le potature drastiche in quanto impediscono il naturale sviluppo della pianta. Ad esempio i lecci, se potati con criterio, raggiungono in pochi anni dimensioni rispettabili. Già allora la richiesta fu quella di dotare la città di Bisceglie di un Regolamento del Verde Pubblico con annesso elenco di specie arboree e arbustive da piantare.

Appelli nel vuoto

Ad aprile 2004, in occasione dei lavori di consolidamento della litoranea di ponente, suggerimmo all’Assessore Napoletano l’impianto di specie arboree ed arbustive, quali Buganvillea glabra var. sanderiana, Metrosideros excelsus, Lagunaria patersonii, Lavanda e Aloe spp. Per citarne alcune. Se ci avesse ascoltato ora non piangeremmo le piante morte o agonizzanti sulla litoranea di ponente, tra le quali segnaliamo la perdita delle Yucca elephantipes e dei lentischi, piante estremamente resistenti che tuttavia sono state letteralmente "bruciate", nonché le pessime condizioni vegetative di oleandri, olivi e Callistemon.

Chiedemmo inoltre che in via U. Paternostro, nel tratto di strada interessato da lavori di allargamento e compreso tra via Todisco e via Sasso, fosse realizzata idonea alberatura e che si evitasse il taglio di quegli esemplari, cresciuti nei giardini dei privati, che dopo l’arretramento dei muretti di recinzione delle ville si fossero trovati su suolo pubblico. Tutti appelli caduti nel vuoto.

I giardini e le ville

Le aree verdi pubbliche, vere vittime, scontano una serie di errori che si sono accumulati nel tempo, che si riflettono in una situazione che rischia di compromettere il patrimonio verde della città.

Già in passato avevamo evidenziato il degrado del giardino botanico (?) Veneziani Santonio ove sono scomparse alcune specie, rimpiazzate successivamente con altre assolutamente fuori luogo.

Nel Parco della Misericordia l’eccessiva densità degli alberi altera il normale portamento e sviluppo delle specie presenti e l’effetto estetico d’insieme, quindi è necessaria una riduzione delle piante, mentre in Piazza Vittorio Emanuele abbiamo contato almeno 10 querce (Quercus ilex) secche.

Abbiamo consigliato la trasformazione in aiuola della vasca sita nel Parco di via Giovanni Bovio, con messa a dimora di specie arboree che andrebbero ad impreziosire l’estetica e il valore botanico del Parco. Riguardo Piazza Diaz e Piazza S. Francesco abbiamo proposto la loro riqualificazione con due progetti di massima, che prevedono la piantagione di specie di particolare bellezza ornamentale.

Manutenzione del verde

Le potature che infliggano agli esemplari mutilazioni non necessarie sono da evitare e interventi drastici potrebbero essere motivati come rimedio ad errori di impianto (alberi piantati troppo vicino ai muri delle abitazioni), per eliminare rami secchi, lesionati o ammalati, per motivi di difesa fitosanitaria, per rimuovere elementi d’ostacolo alla circolazione stradale o per ridurre i rischi di sradicamento dovuti a fattori atmosferici (venti, carichi nevosi, temporali di forte intensità, ecc.) che potrebbero arrecare pericolo per la pubblica incolumità. Con riferimento specifico alla potatura dei lecci e dei pini il principale criterio da adottare è la periodica rimonda dei rami disseccati e l’asportazione dei rami più bassi, evitando tagli drastici di contenimento a livello delle branche, altrimenti ne conseguono la perdita del naturale portamento della specie, danno estetico e aumento del rischio di attacchi di malattie fungine.

Le potature errate

Con interventi adeguati di potatura il rischio di un possibile abbattimento dovrebbe essere molto ridotto. Diversamente, come avviene frequentemente, praticando tagli a grossa sezione con asportazione di grosse branche (la capitozzatura), si provoca un indebolimento generale dell’esemplare, la perdita del naturale portamento tipico della specie, la stimolazione alla formazione di succhioni (rami vigorosi, di consistenza succulenta e perciò più suscettibili a rotture ed attacchi parassitari) e la rottura dell’equilibrio chioma-apparato radicale con inizio di processi di decadimento.

Se i grossi tagli non reagiscono positivamente l’esemplare è vulnerabile agli attacchi dei microrganismi responsabili della "carie" del legno, che provoca la disgregazione della lignina e della cellulosa; per cui il legno finisce col perdere la sua consistenza chimico-fisica, diviene poroso e friabile pregiudicando la stabilità della pianta, con esiti nefasti.

Ecco perchè una potatura errata non solo risulta letale per la pianta, ma trasforma lo stesso esemplare in un potenziale pericolo per la collettività. Gli stessi errori di impianto troppo vicino ai muri delle abitazioni o in luoghi dove le radici sollevano asfalto e mattoni sono addebitabili esclusivamente alla mano dell’uomo e non possono essere imputati alla presenza stessa dell’albero.

Alberi ed avifauna

L’arredo verde urbano costituisce il principale habitat di passero, tortora, gazza, verzellino, cardellino, fringuello e pettirosso, specie che hanno scelto di nidificare e vivere tra i nostri palazzi dopo essere fuggiti dalle campagne invase da cacciatori, diserbanti e fitofarmaci.

La potatura degli alberi urbani in piena stagione riproduttiva comporta di conseguenza la distruzione di nidi, uova e pulcini e i più colpiti sono i passeriformi canori tipici di parchi e giardini. La distruzione di queste nidificazioni non è un evento facilmente reversibile poiché intere zone della città risultano prive di uccelli che, non lo dimentichiamo, divorano molti insetti. Mosche e zanzare in assenza dei loro predatori naturali si moltiplicano e l’unico rimedio è la disinfestazione, innescando una spirale di morte per questi poveri volatili.

Il Regolamento del Verde Pubblico

Il problema della gestione del verde pubblico, dalla manutenzione alla programmazione, può risolversi solo ed esclusivamente con un apposito Regolamento. Una questione che meriterebbe una soluzione convincente da parte degli amministratori della città che in questi anni alle nostre istanze hanno risposto solo con silenzi assordanti.

A nostro avviso gli interventi sul verde pubblico non devono essere generalizzati ma effettuati esclusivamente per casi ben definiti e devono sempre essere giustificati da un’apposita perizia affidata ad un esperto in materia. Ad esempio altrove sono vietati e sanzionati, oltre alle capitozzature, anche interventi di potatura non eseguiti a regola d'arte.

In assenza di regole certe e condivise da tutti potremmo assistere impotenti all’abbattimento degli alberi senza che vengano successivamente sostituiti con altri esemplari, che meglio si adattano alla difficile sopravvivenza in aiuole abbandonate al loro destino (anzi è consuetudine ricoprire l’aiuola vuota con cemento e mattoni).

Conclusioni

È l’intera gestione pubblica verde pubblico che lascia a desiderare, un quadro disastroso che rischia di aggravarsi se si avverasse l’ipotesi d’abbattere centinaia di pini che costeggiano le vie cittadine. Ci sia consentito esprime tutto il nostro sconcerto per l’atteggiamento dell’Assessorato ai Parchi e Giardini che, a fronte di una situazione gravissima, dovrebbe assumersi tutte le tutte le responsabilità invece di ignorarci.

Il Gruppo Attivo WWF di Bisceglie

Torna inizio articolo

 

marzo 2004 - pag. 2

Protesta del WWF contro l'ordinanza del Sindaco
     

No, ai cani al Pantano

Con l’Ordinanza n° 17 del 22 gennaio 2003 il Sindaco di Bisceglie ha sancito che "il tratto di costa a sud est della Città denominato <<Cala del Pantano>> venga attrezzato a spiaggia per animali domestici. (…..). L’accesso a mare - recita la stessa Ordinanza - è consentito a non più di cinque cani per volta che dovranno essere immediatamente rassicurati al guinzaglio al temine del bagno.

Molti sono a conoscenza che proprio a <<Cala del Pantano>>, purtroppo, si sversa il rivolo "Fosso Lama di Macina" convogliando in mare i reflui trattati dal depuratore di Corato. E per questo motivo in zona campeggiano enormi cartelli che vietano la balneazione a monte e a valle dallo sbocco in mare del citato fiumiciattolo. Quest’ultimo risulta ostruito da una montagna di ciottoli e, di conseguenza, tali reflui ora inondano i campi coltivati.

Ma com’è possibile che nello stesso tratto di costa sia vietata la balneazione e sia contemporaneamente permesso l’accesso a mare dei cani? E se sulla spiaggia ci sono cumuli di inerti e immondizie, come documentato e denunciato dal WWF nel recente esposto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trani, cosa mai calpesterà il miglior amico dell’Uomo? È consentito che i reflui inondino le campagne?

Rileviamo inoltre che <<Cala del Pantano>> ricade nell’Oasi di protezione "Torre Calderina", ove ai sensi dell’art. 11, comma 3, della L. R. n° 27 del 13/08/1998 è vietato "ogni atto che rechi grave turbamento alla fauna selvatica" (circa 120 specie di uccelli, tra stanziali e migratori, che popolano l’area naturalistica). Il baccano che si creerebbe (auto, latrati, schiamazzi) non recherebbe "grave turbamento alla fauna selvatica"?

Chiediamo pertanto che l’Ordinanza n° 17 venga immediatamente ritirata e invitiamo tutte le autorità competenti a sorvegliare affinché sia scongiurata ciò che potrebbe diventare un’emergenza igienico - sanitaria.

Siamo comunque contrari ad un nuovo intervento di bonifica in loco con l’ausilio delle ruspe: il Pantano ha bisogno di ritornare un’Oasi di tranquillità.

Il Gruppo Attivo WWF

Torna inizio articolo