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Eschilo o Euripide? Un vero dilemma, forse.              di Leonardo Miucci

 

E’ segno che i tempi non cambiano gli uomini.
Le azioni degli uomini, soprattutto di quelli che del Kratos ne fanno una ragione di vita, sono sempre state ingannevoli. Contemporaneità della perenne fallacia della natura umana, purezza della più virulente ipocrisia, oggi come allora.
Atene, là dove la civiltà ebbe nascita e per molti anni vide la luce e lo splendore del suo evolversi, proprio grazie a quella fallacia, ne subiva la rovina.  
Nei panni di Dioniso, in questo marasma infernale, sarebbe veramente difficile oggigiorno dover scegliere tra Eschilo ed Euripide. L’attuale cultura non lo consente, è troppo fuorviante: nel dire una cosa, si vuole in realtà significare un’altra; ciò che poco prima si è affermato con squassata convinzione e disperante naturalezza, subito dopo, traendo in inganno anche i più convinti, viene smentito, quasi ridimensionato. Così ci si confonde le idee, certamente non aiuta a capire questa cultura, quest’arte del modus vivendi. 
Il dover scegliere Eschilo verrebbe confuso con la propensione verso un’idea conservatrice, priva di spinte innovatrici e, pertanto, tendenzialmente destinata a rimanere ai margini della cultura. Una scelta di arroccamento allo scoglio degli ideali ancestrali.
Euripide, poi, non aiuterebbe affatto, anzi. Subirebbe maggiori biasimi, ipocrisie di genuina maestranza, sagacia naturalezza nell’accattivarsi il consenso del Teatro.
La scelta è tutt’altro che semplice, in entrambi i casi si rischierebbe di sbagliare. E comunque si sbaglia. Che fare? Quale il consiglio?
Agli attuali poeti chiederei una maggiore chiarezza; ahimè, l’ignoranza di non comprendere la loro difficile arte oratoria, io che di cultura non mi intendo, ma che vorrei tanto intendere.
Chiederei anche una maggiore aderenza alle loro idee poetiche, alle loro sensazioni artistiche che, nel momento della loro presentazione, ebbero a magnificare al cospetto del pubblico richiedendone la auspicata affermazione.
Ma chiederei anche un maggiore rispetto per i più deboli di mente, proprio quelli come me, che si aspettano, appunto, una più proficua attenzione anche in modo da consolidare quell’affetto di per sé già vacillante.
Mi aspetto soprattutto che i poeti facciano il bene comune della cultura e del pubblico che intorno ad essa ruota e si sviluppa; che si ricordino che il Teatro sceglie loro e non viceversa.

Leonardo Miucci

 

 

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