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Ricotta: la regina della tavola iblea
Testi e foto di Sebastiano
Ramondetta
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Fin
dalla preistoria, assieme all’allevamento di bovini e ovini che pascolano
allo stato brado sulle alture dei monti Iblei, la lavorazione del latte è
stata l’attività più praticata dagli allevatori, sia per la produzione del
formaggio, sia per la confezione degli altri latticini. Un
prodotto particolarmente tradizionale e ricercato è la ricotta dal gusto
delicato e fresco. Nella
stanza dove avviene la lavorazione della ricotta, detta "casa a
ricotta", la "quadara" viene messa sul fuoco per riscaldare
l'acqua. Poi il
latte viene versato nella "quadara" e ad esso viene aggiunto il
caglio che provoca la precipitazione della caseina. La caldaia viene coperta
per favorire la coagulazione e formare la cagliata. L'allevatore
comincia a mescolare la cagliata con un bastone di legno per romperla in più
pezzi. Quindi
aggiunge acqua calda con "u uzzunettu" (recipiente di rame) per
frantumare bene la cagliata e ridurla in pezzettini. Si
estrae quindi la "tuma”, che viene raccolta e pressata in contenitori di
plastica, i "fasceddi", che nel passato erano di giunco oppure di
canna; da essa, dopo la stagionatura, si ricava il formaggio. L'allevatore
depone "i fasceddi" con la "tuma" nella
"mastredda": un contenitore di legno o di alluminio simile ad un
grande cassetto con coperchio. Vi si depongono i "cavagni" della
ricotta e i "fasceddi" dei formaggi per lasciare scolare il siero
residuo. Il
liquido rimasto ("lacciata") viene di nuovo posto sul fuoco. Ad
esso viene aggiunto l'aceto e il limone per provocare la coagulazione e
produrre la ricotta, chiamata appunto così perché cotta due volte. La
ricotta può essere gustata calda, con l’aggiunta di pane fatto in casa, o
servire da condimento per la pasta o per preparare dolci tipici come i
“cannoli” o la “cassata”. La
ricotta può essere conservata sotto sale e, una volta indurita, servire al
posto del formaggio, come condimento della pasta asciutta: questa viene
chiamata “ricotta salata”. |