di A.
Marino
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Il carattere morfologico più interessante di
Pantalica è rappresentato dalle numerose cavità sotterranee (alcune delle
quali con particolari morfologie interne) che si aprono lungo le
strapiombanti pareti delle incisioni
fluviali. La maggior parte di queste ha breve sviluppo (15 m.) e solo
una decina superano questo limite raggiungendo al massimo lo sviluppo di
circa 300 m. (Grotta Trovata). A seconda del tipo di genesi possiamo dividere
queste cavità nei seguenti tipi: q
Cavità di interstrato:
sono cavità generatesi in corrispondenza di un piano di strato e soprattutto
lungo i piani di separazione tra un bancone e l’altro, spesso occupati da
straterelli più teneri e quindi facilmente erodibili. Sono generalmente
larghe e basse e con sezione lentiforme. Svolgevano funzione di sorgente e
attualmente non sono più attivi. q
Cavità di frattura:
sono cavità impostatesi su diaclasi o comunque in corrispondenza di disturbi
tettonici . Sono le più le diffuse ed hanno dimensioni variabili a seconda
dell’entità della frattura in cui si sono formate. q
Cavità di crollo:
sono grossi cavernosi generatesi per il crollo degli strati a tetto di
preesistenti caverne o gallerie di erosione carsica. La causa dei crolli è
dovuta o all’avanzato stato di erosione delle pareti laterali dalla cavità
oppure al movimento di una faglia che interseca la grotta già esistente. q
Cavità miste:
la speleogenesi di queste grotte è causate dall’insieme dei fattori
precedentemente descritti. Le cavità a sviluppo maggiore sono di questo tipo.
È facile, infatti, poter trovare luogo il loro percorso gallerie impostate su
interrato o su diaclasi oppure sale di crollo. Inoltre in base alla loro funzione e alle loro caratteristiche si possono dividere in: q
Paleo risorgenze:
sono cavità, sia di interstrato che di frattura, da cui scaturiva acqua
quando ancora il sollevamento tettonico non aveva fatto abbassare la falda
freatica al livello attuale. La maggior parte grotte di Pantalica sono di
questo tipo e la loro presenza a quote diverse testimonia il graduale
abbassamento della falda. q
Inghiottitoi attivi:
Sono cavità carsiche in via di formazione che raccolgono parte dell’ acqua
del fiume. q
Inghiottitoi fossili:
Sono grotte, ormai in condizioni di senilità con crolli ed avanzato
concrezionamento, che fungevano da punti idrovori, quando il clima dell’ area
iblea era meno arida. Tuttavia è ancora possibile che in particolari
condizionamenti di piovosità riprendono in parte l’ antica funzione. q
Trafori:
Per trafori si intendono quelle particolari cavità carsiche che trapassano
completamente un certo spessore d roccia, presentando quindi due aperture. Ne
esiste un notevole numero con dimensioni che vanno da pochi metri a circa 100
metri. q
Ripari sottoroccia:
Sono delle insenature la cui larghezza è superiore alla profondità. Sono
molto diffusi e parecchi di questi sono stati adattati e modificati ad
abitazioni rupestri in epoca preistorica. Le principali cavità
Delle innumerevoli grotte che si rinvengono a
Pantalica, alcune meritano di essere descritte per le loro particolari
caratteristiche morfologiche e speleogenetiche. Le cavità appresso citate
sono quasi tutte ubicate nell’area compresa tra la Necropoli Nord e il
Villaggio Bizantino della Cavetta, mentre le rimanenti si aprono nei valloni
vicini. Inoltre, dal punto di vista litologico, sono tutte impostate
nell’unità a banconi calcarenitici e calciruditici. Accanto alla denominazione di ogni cavità è
segnata la sigla relativa al catasto nazionale delle grotte italiane. Grotta dei Pipistrelli -
SI SR 7009 Grotta Trovata - SI SR
7008 Rutta ‘a Rina (o Grotta
del Tunnel) - SI SR 7010 Grotta del Mortaio - SI
SR 7044 Grotta Tonnina (o del Fieno)
- SI SR 7060 Grotta del Braciere - SI
SR 7061 Grotta S. Francesco (o del
Topo) - SI SR 7059 Grotta Faria - SI SR
7058 Inghiottitoio del Calcinara
- SI SR 7045 Grotta dei
Pipistrelli - SI SR 7009 E’ tra le più grandi cavità di Pantalica
attualmente conosciute e senza dubbio quella che ha le maggiori dimensioni
volumetriche, essendo lunga circa 270 m. Con una larghezza media di 10 m. e
tratti di galleria che raggiungono altezze di 25 m. Si apre, con un enorme ingresso, sulla parete
sinistra del Torrente Calcinara, ad una altezza di circa 10 m. dall’alveo del
torrente e, come quasi tutte le altre grotte della zona, ha uno sviluppo
essenzialmente orizzontale. Si tratta di una paleorisorgenza formata da
un’unica galleria impostata parte su diaclasi e parte su interstrato ed è
costituita da una serie di grandi ambienti collegati da tratti di galleria di
dimensioni più ridotte. Di particolare interesse morfologico è la volta
di alcuni ambienti in cui si possono osservare delle marmitte inverse. Questo
particolare fenomeno carsico che presenta volte a forma di cupole ben
arrotondate è caratteristico delle cavità formatesi in condizioni freatiche
ed è provocato dalla corrosione per miscela di acque. Non è presente concrezionamento tranne un
piccolo accenno nella parte iniziale. Una notevole quantità di detriti di
riempimento alluvionale e clastici, parzialmente cementati, tende in alcuni
punti a restringere notevolmente l’ambiente. La vastità degli ambienti e la caratteristica
morfologia di condotta freatica, fanno supporre che la grotta possa avere uno
sviluppo maggiore dell’attuale e che, quindi, abbia una continuazione al di
là della parte terminale ostruita dalla grande quantità di detriti che, già
in altri tratti, restringono la galleria. Si tratta di una paleorisorgenza situata a circa
quota 280, una ventina di metri più in basso della fine della carrozzabile
Ferla-Pantalica da cui è raggiungibile tramite un sentiero. E’ la cavità più lunga attualmente conosciuta a
Pantalica con i suoi 280 m. di sviluppo. Di dimensioni molto più ridotte, ha
un percorso più tortuoso della Grotta dei Pipistrelli ed è di tipo misto. La
galleria, infatti, presenta a tratti una sezione subellittica tipica di
condotta forzata impostata su interstrato, mentre in altri punti assume una
sezione allungata verso l’alto secondo le diaclasi che interessano la cavità. La grotta ha delle diramazioni laterali di pochi
metri di sviluppo e durante il suo percorso si alternano ambienti più grandi
ed altri decisamente stretti, causati anche dalla presenza di un abbondante
concrezionamento (stalattiti, stalagmiti, colonne) in gran parte ormai
distrutto o danneggiato dai poco civili visitatori della cavità. La galleria
cambia spesso direzione orientandosi secondo una serie di fratture ortogonali
fra di loro. La parte finale cambia aspetto bruscamente e la galleria viene
interrotta da un vasto salone di crollo che segna la fine della cavità. Il
salone è stato provocato da una faglia con direzione N40°E di cui si notano
lo specchio e il rigetto valutato intorno ai 10 m. Rutta ‘a Rina (o
Grotta del Tunnel) - SI SR 7010 Si tratta di una vecchia condotta freatica
attiva fino a quando l’incisione del fiume, e con esso la falda idrica, non
era ancora arrivata all’altezza della galleria o, come è adesso, ad una quota
leggermente inferiore. Osservando la galleria in sezione, si nota che da una
prima fase freatica (parte superiore di forma subellittica) si è passato a
condizioni vadose e l’acqua ha continuato ad erodere solo verso il basso,
formando un canale che è andato approfondendosi per raccordarsi col livello
di base (il torrente Calcinara), finché, a monte, lo stesso torrente non ha
cessato l’alimentazione idrica della galleria. Si tratta, dunque, di un traforo lungo circa 70
m. che attraversa uno spessore di roccia quasi al livello del fiume poco
distante dalla Grotta dei Pipistrelli. Questa cavità presenta una quantità
non rilevante di detriti alluvionali concentrati soprattutto nel tratto a
monte, mentre il riempimento di tipo chimico (concrezioni) è del tutto
assente. Grotta del
Mortaio - SI SR 7044 Si tratta di una cavità di interstrato situata
sul versante orografico destro del torrente Calcinara, in prossimità dell’alveo,
circa 200 metri a monte dall’inizio del tratto permanentemente attivo del
torrente. E’ anche questa una paleorisorgenza ormai
inattiva. Tuttavia, dopo abbondanti piogge, soprattutto in inverno, sembra
che dreni ancora dalla roccia circostante dell’acqua che, però, ristagna
nella parte terminale della cavità, a causa di alcuni accumuli clastici
impermeabilizzati da abbondante argilla di decalcificazione che impediscono
alla poco eccessiva quantità d’acqua di raggiungere l’esterno. Il percorso interno è poco agevole, causa
l’esigua altezza del condotto (40 cm. ca.) che, però, diventa più comodo in
corrispondenza dei crolli, dove si sono formati ambienti più vasti. I crolli
sono stati provocati da una serie di fratture orientate N122°E. Nella parte
finale sono osservabili lateralmente dei cunicoletti di 15-20 cm. di diametro
ben arrotondati, che dimostrano di essersi formati in condizioni di
corrosione omogenea, cioè in condizioni freatiche. Grotta Tonnina
(o del Fieno) - SI SR 7060 Cavità di frattura di breve sviluppo (40 m.
circa complessivamente) situata sul versante destro della valle Tonnina,
affluente di destra dell’Anapo. La grotta è formata da due rami lunghi circa
20 m. ciascuno, che si dipartono dopo pochi metri dall’inizio. Il ramo di
sinistra ha un ulteriore sdoppiamento che dopo appena 5 m. si ricongiunge
nella stessa galleria. Le due gallerie, alte fino a 3 m. si interrompono
bruscamente. Come in casi precedenti l’interruzione è probabilmente causata
da intasamento da brecce di crollo e da argille di decalcificazione. Grotta del
Braciere - SI SR 7061 Si tratta di un vastissimo salone di crollo
situato lungo il versante sinistro del Torrente Sperone, affluente di destra
del Torrente Calcinara, un centinaio di metri prima della confluenza col suddetto
torrente. Vi si accede tramite uno stretto passaggio alla
sommità di un conoide di detriti. All’interno, i massi e blocchi di tutte le
dimensioni rendono la base della caverna estremamente caotica ed irregolare.
Il salone, che presenta le pareti rette e ben squadrate, è attraversato da
una faglia orientata N60°E con una inclinazione dalla verticale di circa 30°
a sinistra, raggiunge un’altezza di circa 20 m., una larghezza pure di 30 m.
ed una lunghezza di circa 40 m. Nella parte più interna l’ammasso di detriti
raggiunge quasi il tetto. Grotta di S.
Francesco (o del Topo) - SI SR 7059 E’ un inghiottitoio fossile che si apre al
centro dell’alveo di una piccola incisione valliva che dal villaggio
bizantino della Cavetta va verso l’Anapo. Da un breve cunicolo orizzontale di dimensioni
ristrette, concrezionato, si passa, tramite un pozzo di circa 15 m., ad un
vasto salone ben squadrato alto una dozzina di metri, dal fondo abbastanza
regolare, ricoperto da pochi detriti con clasti di piccole dimensioni e
abbondante fango quasi secco. Da questo si accede ad una piccola galleria,
parzialmente concrezionata, impostata su faglia, che si interrompe
improvvisamente dopo 10 m., senza ulteriore possibilità di prosecuzione. La struttura poligonale del fango che
costituisce il suolo della cavità, dimostra che, attualmente, la grotta non è
più interessata, se non eccezionalmente, da attività idrica. La forma del
salone fa supporre che si sia generato per crollo degli strati a tetto
costituiti da un calcare detritico poco duro e poco compatto, ricco di
fossili; il crollo, però, è poco visibile per la notevole quantità di fango
che ha ricoperto quasi completamente i detriti. Questa grotta è ubicata sul versante destro del
Calcinara, quasi di fronte alla Grotta dei Pipistrelli, a circa quota 290 e
fa parte di una serie di cavità e ripari sottoroccia che costituivano
l’antico villaggio rupestre. La parte iniziale, infatti, molto ampia e
spaziosa, fu modificata per ricavarne una abitazione. L’ingresso, a sezione rotondeggiante, dà l’idea
di una grossa condotta forzata. Un po’ più all’interno è però visibile una
grossa marmitta di erosione, in parte ormai distrutta, che dimostra che la
cavità si sia formata in condizioni vadose, con un notevole trasporto di
materiali da parte delle acque dell’antica risorgenza. Più all’interno,
subito a monte, infatti, la grotta prosegue in uno stretto budello, che fino
a poco tempo fa era ostruito quasi completamente da un deposito alluvionale
costituito da sabbia e ciottoli con diametro fino a 20 cm., parzialmente
cementati, e coperto da uno strato di concrezione calcitica di 1-2 centimetri
di spessore. Uno scavo autorizzato dalla Sovrintendenza Archeologica, ha di
recente permesso di superare il tratto ostruito, senza peraltro ottenere i
risultati previsti in quanto il cunicolo viene subito dopo bloccato da un
crollo, dovuto probabilmente ad una faglia osservabile anche all’esterno, che
ne preclude per il momento la prosecuzione. Inghiottitoio
del Calcinara - SI SR 7045 E’ l’unica cavità permanentemente attiva della
zona ed è ubicata sul lato sinistro del Torrente Calcinara poco a valle delle
prime sorgenti che alimentano il torrente. E’ una cavità interstrato osservabile solo per i
primi metri, poiché la notevole quantità d’acqua che vi penetra (circa il 50%
di quella che scorre nel torrente) riempie la galleria, alta solo 50 cm.,
quasi completamente. Considerazioni
Dalle osservazioni fatte su queste cavità, si
traggono dei dati che ci possono aiutare a capire certi aspetti
dell’evoluzione morfologica dell’area di Pantalica. Innanzitutto osserviamo quasi sempre la presenza
di faglie che hanno modificato, causando crolli, la morfologia delle cavità
interessate, successivamente alla loro formazione, per cui da ciò si può
avere una conferma sulla riviviscenza delle faglie in epoca recente. Molte cavità appaiono essersi formate, almeno
nella fase iniziale, in condizioni freatiche; la loro formazione è avvenuta
cioè quando ancora la falda idrica era ad una quota più elevata di quella
attuale, ovvero quando la regione non si era sollevata alla posizione
attuale. La successiva fase vadosa è poi avvenuta quando, abbassandosi la
falda e approfondendosi le incisioni vallive per raccordarsi con i nuovi
livelli di base che si andavano formando, le cavità non vennero man mano alla
luce, inizialmente sotto forma di sorgenti carsiche prima di essere del tutto
abbandonate dall’attività idrica. Probabilmente le innumerevoli fratture e
discontinuità della roccia, nonché la debole coerenza della formazione
superficiale (calcari brecciati), hanno permesso un assorbimento diffuso
delle acque superficiali impedendo quindi la formazione di inghiottitoi e
doline sull’altipiano, sviluppando invece solo il carsismo ipogeo. Alcune cavità (Grotta Faria, Grotta dei
Pipistrelli, etc.) presentano delle gallerie intasate più o meno
completamente da depositi di trasporto alluvionale (ciottoli, sabbia, etc.).
Questo dimostra che il sollevamento dell’area iblea non è stato costante, ma
si sono verificate delle oscillazioni, in epoche successive, che hanno fatto
variare il livello di base in più o in meno; è potuto accadere perciò che il
rallentamento del corso d’acqua interno portasse alla formazione di un
deposito che via via andava riempiendo la cavità. Non è però chiaro come i
depositi non siano stati poi reincisi all’ulteriore abbassamento del livello
di base. Probabilmente qualche avvenimento eccezionale (ad esempio un brusco
sollevamento di tutta l’area o un improvviso cambiamento di clima) deve aver
provocato la repentina scomparsa dell’attività idrica da queste cavità. Il non eccessivo sviluppo di un po’ tutte le
grotte di Pantalica dimostra infine una rapida evoluzione del processo
carsico e quindi una breve vita attiva prima della fossilizzazione. Bibliografia
BOGLI A.: La corrosione per miscela d’acque. Atti del seminario di Speleogenesi, Ravenna, 1972. DI
GRANDE A.: I sedimenti e le vulcaniti
dei dintorni di Sortino (Siracusa): Una proposta litostratigrafica, Boll.
Soc. Geol. It., 98. Roma,
1978. RIGO
M. - BARBIERI F.: Stratigrafia pratica applicata in Sicilia, Boll. Serv.
Geol. d’Italia, v. LXXX, Roma, 1959.
RUGGIERI R.: Il fenomeno carsico nell’area sud-occidentale
dell’altopiano ibleo, Catania, 1978. |