Trainspotting di Irvine Welsh

 

I buoni romanzi sono (quasi) sempre oggetto di serrate discussioni da parte degli addetti ai lavori e di amore incondizionato (o di odio) da parte dei lettori. E' accaduto con i maggiori autori di tutti i tempi. In questi anni è accaduto con i romanzi di Irvine Welsh, primo fra tutti questo Trainspotting, forse il suo romanzo più famoso. Anzi, nel caso di questo romanzo la divisione amore-odio è diventata più netta, tra chi lo esalta e chi lo ritiene spazzatura. Certo è comunque che raramente ho letto una storia che, come questa, è assolutamente fuori dagli schemi (quelli narrativi, ma anche quelli sintattici e, se mi si passa il termine, "filosofici".)

La trama è, a grandi linee, questa: l'autore narra la vita, gli umori, le avventure, le sofferenze di un gruppo di ragazzi scozzesi (la maggior parte dei quali drogati) e del loro quotidiano inferno "chimico". Il tutto raccontato senza alcun moralismo, senza alcun distacco accademico (caratteristiche, queste, che hanno "scandalizzato" i detrattori del romanzo) ed in modo molto "realistico" (se questo aggettivo può essere usato per la letteratura), tanto da far sorgere il dubbio che lo stesso autore abbia vissuto (direttamente o meno) esperienze del genere.
Come detto, il romanzo non contiene alcun moralismo (anche se, con un ragionamento capzioso, si potrebbe dire che raccontare in modo "realistico" la vita di tossicodipendenti abbia in sé una morale), ma non è affatto pessimista: come traspare dal finale, quando il protagonista, Renton, parte per Amsterdam, libero ormai di vivere la sua vita. Vita aperta a nuove esperienze: anche un'esperienza "borghese" come la disintossicazione. "Borghesi" che per tutto il romanzo sono scherniti.

Mozzafiato il "montaggio" della storia, con frequenti salti da un personaggio all'altro, senza che il romanzo perda nulla della sua energia, della sua grottesca ironia. (Un esempio per tutti: il capitoletto La colazione tradizionale della domenica.)
Ottimo anche lo stile: linguaggio chiaro, semplice, che mostra tutta l'originalità di Welsh quando viene riprodotto il delirio dei protagonisti causato dalla droga.
Il romanzo è talmente ottimo che si fa perdonare anche il continuo ricorso alle parolacce (molte delle quali, in realtà, entrate nell'uso comune.)
Da vedere (e non solo per un semplice raffronto) anche la versione cinematografica (1996), diretta da Danny Boyle, e che ha fatto conoscere al mondo lo straordinario talento di Ewan McGregor e Robert Carlyle.


Gennaro