La ragazza di Bube di Carlo Cassola

 

Carlo Cassola, nato a Roma nel 1917, toscano, è uno di quegli autori cosiddetti minori che sarebbe bene prendere in considerazione, soprattutto per la riflessione contenutistica che offrono i suoi romanzi.
Ex partigiano, come altri scrittori militanti, ha dovuto intimamente fare i conti con l'esperienza della guerra civile, con i duri giudizi politici che furono espressi a posteriori sulla Resistenza. Bube è, forse, un poco Cassola, colto nell'ebbrezza dell'ideologia politica e poi, boccheggiante sulle rive del quotidiano, in cui le ideologie non hanno carattere d'assolutezza.
L'opera migliore di Cassola, secondo la critica, è Il taglio del bosco del 1955, ma La ragazza di Bube, del 1960, ha ricevuto maggior consenso dal pubblico, tanto che ne è stato tratto un film di successo.
Sia per La ragazza che per gli altri romanzi (Un cuore arido, 1961; Storia di Ada, 1967….) Cassola mescola gli stessi ingredienti: una scrittura lineare, precisa, in vena autobiografica-memorialista, alla ricerca delle tragedie e del disagio del quotidiano come un piccolo lume, e un realismo approssimativo, nel senso della lezione di Tozzi, in cui elementi ambientali ed intimistici fluiscono proprio per dare maggiore riflessività allo scritto.
Le campagne, le ragazze, gli artigiani del romanzo sfilano in una quotidianità apparentemente scialba, qui e là accompagnati da particolari su cui Cassola punta con insistenza il lume: perché è da lì che scaturisce il dramma.
Ambientato proprio nel 1944, il romanzo affronta il difficile tema del reinserimento in una vita normale degli ex-partigiani: Bube è proprio uno di questi. Schivo e burbero, si reca a Monteguidi per far visita alla famiglia di un compagno morto in battaglia, e ne conosce la sorella, Mara, di cui si innamora. Dopo le prime schermaglie, nasce un idillio che riempirà con l'amore il vuoto ideologico di Bube, un ragazzo-senza-posto-nella-società-, perché ne ha vissuto ai margini per tempo, qualificandosi come un Vendicatore, e la via dell'integrazione comunitaria è lunga e difficile. Alla passione, alla seriosità di Bube la sedicenne Mara contrappone la sua frivolezza adolescenziale, la sua vanità femminile, la sua superficialità paesana : stare col Vendicatore le permette di avere un fidanzato famoso, di essere invidiata dalle altre ragazze, di far sfoggio della propria bellezza. Quan do, durante la festa dell'Ascensione, Bube e un amico si vedono vietare il passo perché portano il fazzoletto rosso e scoppia una lite in cui il Vendicatore metterà mano alla sua rivoltella di partigiano per vendicare la morte dell'amico, ed è costretto a rifugiarsi a Volterra, Mara lo segue solo perché le sono state promesse delle scarpe nuove.
Riconosciuto ovunque come il Vendicatore, Bube viene da alcune persone spinto a una giustizia personalistica in virtù del suo soprannome e del suo passato, di cui non riesce più a liberarsi: è un ex partigiano, è un vendicatore, non viene meno al ruolo che, ne è convinto, il popolo gli ha assegnato. Così, quando lo invitano a picchiare a sangue un prete filofascista, lo fa, ma senza volerlo. Mara, pur nella sua leggerezza, capisce il dolore di un ruolo che gli è rimasto appiccicato addosso come pece: Bube trova conforto, si affida a lei, e la storia d'amore nasce veramente.
Bube è costretto a fuggire in Francia, e Mara, che non crede nell'amnistia statale, si lascia andare allo scoraggiamento e cede alla corte di un ragazzo, Stefano. Ma, non appena apprende dell'espulsione di Bube dalla Francia, la risposta di lei è netta e decisa: "Io sono la ragazza di Bube".
E, dopo un anno e nove mesi, quando si rivedono in carcere, è Mara che, con la sua forza, mitiga le lacrime di lui e soffia sulla fiamma della speranza. Mara, con l'amore, è cresciuta, e sente di dover stare Al suo fianco.
Durante il processo, Mara prende la parola per spiegare ai giudici che Bube era povero, ignorante ed assetato di giustizia, e intrappolato nel suo ruolo di giustiziere: ma i giudici conoscono solo il codice, non la pietà, e lo condannano a quattordici anni di carcere.
Sette anni dopo, Mara ritorna dal carcere dopo una visita sapendo che dovrà aspettare altri sette anni: ma non ha più paura del futuro o di Bube, sogna una famiglia, dei bambini, e la rabbia per la sua giovinezza travagliata è volata via, come è volato via il personaggio del Vendicatore, che è ritornato ad essere Bube, solo Bube, un ragazzo di campagna.
La fiducia, la forza morale, la maturità e la maturazione sono i cardini del libro: il motivo partigiano non è il tema del romanzo, non si vuol dare voce, ancora una volta, alla Resistenza solo per trarne giudizi politici. Cassola vuole avvertire, avvertire tutti dei rischi mortali della cultura della violenza, e, nel personaggio di Mara, sintetizza la forza dell'amore, della comprensione consacra la sconfitta della sua giovinezza sull'ara della fedeltà.


Erica Zen