Stanchi del dominio dell'uomo, gli animali di una
fattoria si ribellano e, sotto la guida dei maiali, riescono a creare
un nuovo ordine. Ben presto però i leader rivoluzionari si
trasformano in aguzzini, instaurando una feroce dittatura suina.
E' questa la trama de La fattoria degli Animali, uno dei capolavori
(insieme al visionario 1984) dello scrittore George Orwell, al secolo
Eric Arthur Blair.
La fattoria degli Animali è anche una satira della dittatura
staliniana, scritta e pubblicata da una personalità non sospetta.
(Orwell scrisse il romanzo nel 1945, ben prima della "confessione"
di Krusciov al XX° Congresso del PCUS; inoltre, Orwell combatté
nella guerra civile spagnola nelle fila dell'esercito repubblicano.)
La condanna avviene attraverso lo scherno che l'autore fa degli elementi
comuni di ogni dittatura, siano esse di destra o di sinistra (il revisionismo,
il culto della personalità, l'uso sovraeccitato dei media eccetera
eccetera.)
Ma questo romanzo non solo una semplice condanna e una sterile satira
di una dittatura (se fosse stato solo questo, non sarebbe il capolavoro
che è): è anche un'acuta ed attenta analisi dei mecanismi
del potere. Perché, in fondo, fallisce il sogno de La fattoria
degli Animali? (E quindi, perché è fallita l'utopia
comunista?)
Perché Napoleon-Stalin, novello Masaniello, si lascia vincere
dal potere.
E' un romanzo, questo, molto breve (poco più di 140 pagine):
a questa brevità corrisponde però una notevole pensosità.
Nonostante il romanzo nasca con l'intento di fare satira, in realtà
"non diverte": è infatti un romanzo molto pessimista.
Pessimismo che trova l'apice in due momenti: nella modifica dell'ultima
legge dell'Animalismo ("Tutti gli animali sono uguali" che
diviene "Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più
uguali degli altri"), e nell'ultima pagina, allorché gli
spettatori di quel grottesco spettacolo finale non sono in grado di
distinguere tra chi è uomo e chi è animale. Questo spiega,
più di ogni altra cosa, il fallimento del sogno dell'Animalismo
(leggi Comunismo.)
Nulla da dire sullo stile.
Orwell era un grande scrittore: a dimostrarlo è proprio questo
libro.
Certamente piccolo nella forma, ma ancor più certamente grande
nei contenuti.