L'anima si mette sotto la pioggia di Tiberio Recine
Questa plaquette di Tiberio Recine (1963), riassume in se stessa, con un intento vagamente filosofico, nel senso più elementare del termine (senza entrare cioè tout-court nell'alveo della poesia filosofica, del resto poco praticata in Italia), l'idea che, approssimativamente, si potrebbe definire di matrice leopardiana, della vita che dà scacco all'uomo e in particolare al poeta: il motivo di questa sconfitta a-priori, ovviamente, è il senso del nulla e dell'angoscia vissuta in attesa di esso per quanto possa essere lungo il percorso terreno. Da questo nulla, per superarlo o solo per esorcizzarlo, per lottare contro di esso, per ispirarsene, senza però mai gemersi addosso, viene, a sporgere, a materializzarsi, a farsi voce forte e tragica, ma, nello stesso tempo sorvegliata, la parola poetica: la possibilità per l'uomo-poeta che porta con sé una ferita forse più profonda di quella degli altri di trovare, nella lotta con l'angelo della creazione poetica, una propria dimensione, qualcosa che non sia meramente dolore, di una vita segnata dall'attesa del Nulla, dell'Avversario.
La scrittura, in questa prospettiva, si estremizza nella sua connotazione di lotta con l'angelo, con la possibilità di esprimere se stessi, di misurarsi con la vita, con l'attimo heidegeriano e anche con la realtà materiale, esterna al poeta che, per quanto possa vanificarsi con il nulla, può offrire, a sua volta, gioie e dolori, prove continue per affrontare l'esistere, che, attraverso la versificazione, diviene molto di più di un negativo fotografico della realtà o una sua sublimazione: qui il poeta mostra la sua chiara consapevolezza a partire dal titolo della raccolta: l'anima si mette sotto la pioggia: la pioggia è la realtà e l'anima, grazie ad un procedimento vagamente sinestetico, misteriosa e mistica, tra visibile e invisibile, tra materico e fortemente impalpabile, si mette in discussione: anima e pioggia, due nature diverse, contrasto tra sfere indefinibili e difficilmente adatte ad un processo sincretico: l'anima, in realtà non appartiene a nessuna sfera sensoriale, tuttavia, si può immaginare il poeta colpito a tradimento da un acquazzone improvviso sotto una pioggia scrosciante
Scrive Donato di Stasi, nella quarta di copertina,:- "La vita vola addosso ai poeti, li inganna, li atterra. Non dà tregua l'inferno terreno, cosparso di simboli incompresi, di archetipi inconclusi, di figure aurorali sfiorate appena nel regno dell'infanzia:- L'anima si mette sotto la pioggia, prova a scheggiare il Nulla, a scalfirlo, a ferirlo con la "strofa altezzosa" Dalla parte delle parole l'assedio dell'assenza sembra meno feroce, meno ossessivo l'assalto del fantasma del desiderio. Solo l'amore per l'altro ("mi assopisco nell'impulso indefinito") può stravolgere l'inerzia della noia, la fiacchezza della rinuncia). E allora, come nel primo componimento intitolato d'una battaglia dimenticata nel sangue:- "Vai, vai, scorri tra la diafanità e la tempesta, / volteggia nell'inesistente etere// Descrivi con la parola l'inesprimibile lavorio/ dell'acutezza e canta una strofa altezzosa in/ presenza della storia.// Tu, che in virtù del tuo essere sei l'irriducibile/ guerriero antieroe, degno, della sprezzante realtà/ di una battaglia dimenticata nel sangue.// Distinto, distinto con capelli inalberati in fronde d'ombre/ e l'angelo che s'innalzò nelle profondità dell' Io.// Vai, vai, fermati tra le mie braccia ansimanti, canta una / melodia intonata al requiem di un re caduto sul campo//
Qui c' è un tu e una scenario variegato:
c'è natura (diafanità e tempesta), storia (la presenza d'una
battaglia dimenticata nel sangue). Misticismo (l'angelo che s'innalzò
nelle profondità dell' Io): il tu di cui si diceva è probabilmente
una figura femminile: ("
vai, vai, fermati tra le mie braccia
ansimanti, canta una melodia..."): allora è proprio la figura
salvifica femminile, musa, amante, (che può essere il riflesso del
poiein poetico stesso), a dare una possibilità, non un antidoto , per
gettarsi nella sfida contro il Nulla, la vanità, la precarietà
dell'esistere: distinta da una cifra originale, quando le emozioni sono incanalate
sapientemente in sintagmi icastici, dove il verso dalla lunghezza irregolare,
in strofe generalmente di pochi versi, questa plaquette coglie nel segno,
in alcuni componimenti vibranti: così dal testo eponimo :- Ti avvince
e ti avvolge in crude coperte/ e fermarti può, qualsiasi momento,/
nell'anacronismo eterno//
L'anima bagnata, silenziosa,/ in rivoli di
fiumi scorre/, L'onda al mare l'ombra allo spirito/ e l'acqua al mare//.
In un eterno presente, in un tenue scorrere di tempo, amore, storia, aneliti
mistici, il poeta così giunge ad elaborare un proprio discorso e, nel
breve spazio di sedici pagine, un accenno di poetica che, ci auguriamo, si
articolerà in altri libri, dopo questo felice esordio. Una poesia a
volte lirica a volte inquieta quella di Recine, costellata da una brillante
varietà di linee di pensiero e di tematiche che, come fili di un ordito,
creano un tessuto vario e intrigante.
Tiberio Recine- L'anima si mette sotto la pioggia- Fermenti- Roma 2001- pagg. 16 € 4,04