Il rosso del pappagallo di Daniel Chavarria

 

Ancora ci troviamo di fronte ad un romanzo che prende spunto dagli atroci casi dei 'desaparecidos' argentini.
Molti sono stati i libri che anno trattato il tema, portando alla ribalta le crudeltà al tempo della dittatura argentina.
Sono in molti a ricordare i lavori d'altri scrittori che trattano questo argomento, da Ernesto Sàbato a Manuel Puig, fino alla recente Elsa Osorio, ma per questa avventura ci troviamo di fronte ad una narrazione diversa per la sua ricchezza e freschezza. Un'esposizione dotata di una forte carica sia umoristica sia erotica, mista ad elementi religiosi ed accenni storici. In questo romanzo dell'uruguayano Daniel Chavarria, ormai stabilitosi a Cuba dove insegna letteratura, questi nuovi elementi si fondono con sapiente armonia, rilanciando con forza il fenomeno della letteratura sudamericana, prima tanto in voga qualche anno fa e che in seguito ha poi conosciuto un periodo di 'appagamento'.
La storia si apre con uno sguardo sul personaggio principale del romanzo: Aldo Bianchi esule argentino a Roma che si trova a L'Avana, città magica e carnale, mèta di turismo sessuale. Il nostro personaggio ha alle spalle l'ennesimo divorzio e l'ennesima nuova avventura con una ragazza sensualissima che risponde al nome di Bini. Questo nuovo amore sembra essere quello giusto, proprio per quello che la ragazza rappresenta: freschezza e voglia di vivere. Quello che più lo attrae e stimola è la notevole capacità della jinetera (chiamano così le prostitute) di saper rimettere tutto in moto, con una sempre nuova energia vitale, che sembra dargli una carica erotica da tempo oramai sopita.
Proprio grazie a Bini il bel cinquantacinquenne(che sembra dimostrane 38 di anni) viene a conoscenza di un suo curioso 'cliente', che sotto il falso nome di Alberto Rios nasconde la sua vera e terribile identità.
Di colpo la memoria ci riporta a quasi trent'anni addietro e precisamente nell'Argentina dei militari; qui Aldo Bianchi con dolore ripercorre il proprio passato, all'apparenza 'rimosso' e che lo ha portato in esilio in Italia.
Eccoci a questo punto a metà degli anni settanta, nel giorno in cui Aldo e la sua fidanzata si imbattono in Treò, meglio conosciuto come capitano orrore. Il militare si imbatte incidentalmente con la giovane coppia e dopo aver molestato la ragazza, ad una sua brusca reazione per vendicarsi li fa imprigionare con la falsa accusa di appartenere ad un gruppo sovversivo. I due ragazzi condividono con migliaia d'altre persone il destino di chi non è 'gradito' ai militari al potere e, nelle stanze di una caserma militare, conoscono le più inimmaginabili torture cui Teresita(la giovane donna di Aldo) non sopravviverà.
Sarà un fortuito caso a dare la possibilità di vendicarsi dopo tanti anni: un provvidenziale incidente e la falsa testimonianza della Bini, consigliata a fin di bene dai 'santi' della santeria cubana, portano l'antico torturatore in prigione, per un reato questa volta non commesso, dando al Bianchi la possibilità di raccogliere prove sufficienti per svelarne l'identità finora magistralmente nascosta alle autorità del paese che lo ospita.
La storia è un susseguirsi di colpi di scena, scritta con un accorato pathos emotivo e politico, che ha anche il pregio di farci conoscere( diciamo pure amare) la Cuba dei nostri giorni. Seppure tratti un tema difficile, già sufficientemente 'raccontato', lo accresce con il suo spumeggiante stile narrativo che ci fa apprezzare non poco questo autore, che ha scelto L'Avana come 'laboratorio' vivente di nuove storie e nuovi intrecci narrativi.

 

Daniel Chavarria, Il rosso del pappagallo, Edizioni Tropea, Traduzione di Simona Geroldi, Lire 29.000