Opere distopiche: fantasia o realtà?


Leggendo opere come 1984 di Orwell, Il Mondo Nuovo di Huxley, Fahrenheit 451 di Bradbury e La macchina del tempo di H.G. Wells ci si chiede: hanno un rapporto con la realtà o sono esclusivamente opere frutto della pura fantasia dello scrittore?
Purtroppo la prima ipotesi è quella più fondata.

Basti pensare all'Oceania di George Orwell: morte della letteratura, onnipresenza dei teleschermi, controllo totale. Si può affermare che la tendenza sia quella seguita dalla civiltà occidentale. Ma le due costruzioni più terrificanti di Orwell sono la cancellazione del passato (e la continua riscrittura della storia in base alle verità che di volta in volta vengono affermate dal Potere) e la Neolingua.
Che differenza c'è tra la cancellazione della verità storica di 1984 e le tendenze revisionistiche dei nostri tempi? Tra la messa in dubbio del passato (e di un passato tragico e doloroso) sulla base delle differenze ideologiche e la cancellazione della memoria, il passo non è poi così lungo.


Anche la Neolingua di Orwell ha delle forti attinenze e similarità alla neolingua del mondo mass-mediatico occidentale: che differenza si può ritrovare fra termini come sfreddo, bisplusfreddo archepensevoli panciasentire (Neolingua) e lavafreddo, ottimevole, ciocco buono, biancopiù (lingua della pubblicità)?
E la mutevolezza delle alleanze in Oceania (fra Oceania, Eurasia ed Estasia) non può essere paragonata alle fragili alleanze politico-economiche dei giorni nostri?


La fantasia di Orwell, però, diventa visionaria quando profetizza il controllo delle coscienze attraverso l'uso distorto dei teleschermi e, quindi, della televisione. Il primo televisore viene progettato da Baird nel 1926, le prime trasmissioni sperimentali appaiono attorno al 1935, in Inghilterra e negli Stati Uniti si comincia a parlare di televisione non sperimentale dopo la guerra. Orwell scrive il romanzo nel 1948.
L'autore mette in scena qualcosa che non si può considerare ancora uno strumento di massa, ma che esiste già: in questo senso non si può parlare di fantascienza. Il fatto che, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione, si potesse produrre e ricevere l'indottrinamento non era pura invenzione: la filosofia goebbelsiana (Goebbels utilizzò la radio come strumento per la propaganda della dottrina nazista) era già stata ampiamente discussa. Ciò che è profetico e nuovo in Orwell non è l'idea che tramite la televisione noi possiamo vedere persone distanti, ma quella che persone distanti possano vedere noi. E' l'idea del controllo a circuito chiuso, che si svilupperà nelle carceri, nelle fabbriche, nei locali pubblici, nei supermercati: è questa l'idea (a cui l'uomo contemporaneo si è ormai abituato) che Orwell mette sul piatto con una forza visionaria potentissima.
E l'esempio del mondo costruito da Orwell è solo uno dei più lampanti.


In altri termini, Il Mondo Nuovo di Huxley è simile alla realtà dei nostri giorni. Ne Il Mondo Nuovo, gli esseri umani nascono in laboratorio e vi è una costante educazione al mantenimento della posizione sociale dove si è nati. Un Y potrà per tutta la vita occupare solo il ruolo della classe degli Y in quanto i suoi geni e la sua educazione (ipnopedia= scosse elettriche, comandi e obblighi trasmessi durante il sonno e così via) non permetterebbero che l'Y provasse nemmeno la volontà di mutare il suo destino. Le analogie con la clonazione, con la modificazione genetica, con la pratica dei figli in provetta, sono forti anche se non totali. Non c'è un giudizio di merito su questi temi, ma solo la volontà di capire che il peggiore dei mondi possibili (con tutti i limiti e le estremizzazioni) ha le radici nella società dove viviamo.


Anche studiando il rapporto con la cultura di queste società, si possono riscontrare delle tendenze preoccupanti.
La morte della letteratura, della scrittura, dei libri, che pervade ogni opera distopica moderna è significativa. Gli autori ci vogliono lanciare un messaggio chiaro e preciso: solo nell'arte, e nella letteratura in particolare, si potrà trovare uno spiraglio di speranza per poter uscire dal pericolo totalitario e da una società immobile, fissa nel tempo e nello spazio, priva di progresso (non tecnologico, ma umano). Cosa sta accadendo, al contrario, nella società post-industriale contemporanea? La lettura sta scomparendo (restando in Italia, gli ultimi dati forniti dalla Fiera del Libro per l'infanzia di Bologna per quanto riguarda la lettura dei più piccoli, sono agghiaccianti), la scrittura si sta uniformando, i libri non si vendono, il lessico di un essere umano medio è sempre più ristretto e povero. La letteratura non riesce a tenere il passo con Internet, con la televisione, con l'iper-tecnologia. Il ruolo dell'intellettuale (che dovrebbe essere il naturale mezzo che unisce i cittadini con la cultura) si sta svuotando di significato.
Non arriveremo mai alla conclusione che Bradbury disegna nel finale di Fahrenheit 451. E neanche l'autore, in realtà, pensava che potesse realmente accadere che, in una società del futuro, si bruciassero tutti i libri e che questi ultimi sarebbero stati tramandati solo attraverso la memoria di pochi individui. Quello che ci vogliono dire gli scrittori di opere distopiche si avvicina più ad un monito, ad una messa in guardia: se si continuasse nella direzione intrapresa si correrebbe il forte rischio di arrivare ad una società simile a quella descritta.


A chi è rivolto questo messaggio? Alle generazioni successive, a chi li seguirà, a chi avrà il potere di decisione, a chi possederà il privilegio della cultura. Ma non solo: a tutti gli individui in generale. Senza la cultura, la lettura, il sapere, la conoscenza non si posseggono i mezzi per rendersi conto di essere sottoposti ad un regime totalitario, ad un controllo ingiustificato, a delle decisioni contro la volontà generale. Verrebbe meno, quindi, la coscienza stessa di essere un individuo.