Il cibo di Frankenstein: una riflessione sugli Ogm
Sullo scottante tema degli 'organismi geneticamente modificati', da molti additati
come il 'il cibo di Frankenstein', schierarsi su una delle due opposte fazioni
è quello che meno aiuta a riflettere su un argomento di rilevanza addirittura
'epocale'.
Ognuna delle due parti difende alcuni principi con molta foga, creando attorno
a sé una cortina di nebbia e confusione che non aiuta i non addetti ai
lavori a capirne le ragioni più intrinseche.
A questo punto, a mio modesto parere, ognuno di noi deve munirsi d'adeguati
strumenti per affrontare la questione che tutti ci riguarda, indistintamente.
Per tale motivo in libro, edito in questi giorni dalla Bollati-Boringhieri 'La
guerra al vivente' di Jean-Pierre Berlan, ci aiuta a riflettere su alcune
domande semplici che di seguito illustrerò.
In tutta onestà debbo dire che questo saggio muove feroci critiche al
mondo degli ogm, alle multinazionali che a colpi d'acceleratore vedono in ciò
un'occasione ghiotta di lauti guadagni, in barba al rispetto dell'uomo e dell'ambiente.
Insomma un libro partigiano schierato a fianco degli ambientalisti che da anni
si battono su questo tema, dunque forse non sereno ed equidistante come qualcuno
si augurava.
Molti diranno allora perché parlare di questo libro, già schierato
su una delle due fazioni contendenti, cosa può aggiungere alla comprensione
del tema visto che già sono molti i testi in circolazione che denunciano
la speculazione sugli ogm?
La ragione va ricercata su una peculiarità di questo autore che, seppur
paladino della fazione critica, riesce a fare emergere alcune domande su cui
un non addetto all'argomento può fare le sue riflessioni.
Ad esempio meritorio di riflessione è sapere che fino alla fine dell'ottocento
un contadino seminava i suoi semi, ricavati dal raccolto precedente, secondo
una propria selezione dettata dall'esperienza. Mentre invece dall'inizio del
ventesimo secolo alcune ditte 'specializzate' si sono sostituite ad esso, vendendogli
sementi selezionate secondo un criterio della ditta produttrice, mai in realtà
verificato.
A seguito di questa pratica, che da decenni si attua, un contadino è
costretto a tornare alla ditta produttrice per acquistarne di nuovi, poiché
dal raccolto che ne deriva non si può più trarre semenza in proprio
giacché sono sementi identiche, come fare accoppiare gemelli 'omozigoti'
tra loro ci suggerisce l'autore.
Questo in parte ha portato alla perdita di specie di ortaggi, legumi e frutta
che allietavano le tavole dei nostri nonni, immettendo sul mercato prodotti
selezionati ed identici.
Ciò ha fatto perdere l'abitudine ai coltivatori di produrre autonomamente
ed essere legato a doppio filo alle ditte produttrice di semi specializzate
anche in altri campi dell'agricoltura, come per l'uso di erbicidi, concimi e
pesticidi.
Da alcuni anni dei ricercatori di semi antichi vanno recuperando vecchie semenze
e con un passa parola sta recuperando un vecchio modo di coltivare liberando
il contadino dalla dipendenza delle multinazionali. Ma questo è un altro
discorso.
Ora con l'avvento degli ogm questo processo rischia di amplificarsi maggiormente;
le sementi manipolate sono di proprietà di poche società che possedendone
il brevetto reclameranno per sé il controllo futuro sul mercato.
Che dire invece sulla questione della libertà di ricerca degli scienziati
e tecnici del settore che accusano di essere frustrati nei loro studi da limitazioni
ambientalistiche liberticide? Qui si pone il problema della libertà di
una ricerca scientifica senza conoscerne i confini ma intuendone le mire, appellandosi
ad una scientificità ancora tutta da scoprire che si muove esclusivamente
per un profitto di alcune multinazionali che figurano tra gli sponsor degli
studi in questione. Tanto è vero, che mentre si dice che le colture transgeniche
in alcun modo possono danneggiare le colture 'normali', le incoerenze ed i dubbi
restano aperti e laceranti. Alcuni esperimenti effettuati in Europa hanno dimostrato
che il polline transgenico, di cui veniva assicurato che non potesse 'viaggiare'
oltre i duecento metri, sia stato trovato in alveari posti a più di quattro
chilometri di distanza. Questo sta a dimostrare che tali 'innovazioni' non hanno
cara la libertà di chi non vuole servirsene di tali prodotti e che immancabilmente
coltivazioni biologiche saranno invase dal polline transgenico che sarà
impossibile circoscrivere in determinate zone specifiche.
Sappiamo che l'arma più forte dei pionieri del transgenico è quella
di essere l'unica soluzione della fame del mondo, questo è un pauroso
grimaldello che può far pendere a loro favore il piatto della bilancia,
con argomentazioni superficiali non si tiene conto che un'oculata distribuzione
delle risorse può risolvere la piaga della fame. Le sole eccedenze alimentari
dei paesi cosiddetti sviluppati possono da sole risolvere la questione e che
c'è un vistoso surplus alimentare anche nei paesi del terzo mondo, cui
manca un'adeguata rete di distribuzione alimentare tale da scongiurare un dramma
che ci ha ossessionato per tutto il ventesimo secolo.
Dunque sono molte le occasioni per riflettere e pretendere una giusta informazione,
si tenga anche conto che sono ormai provati casi di tossicità derivanti
dall'uso degli ogm, e che la partita rimane aperta in tutta la sua drammaticità
cui nessuno può sottrarsi proprio per la portata 'universale' del problema.