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Galileo Galilei LE MECANICHE
Delle utilità che si traggono dalla scienza mecanica e dai
suoi instrumenti |
Galileo Galilei
LE MECANICHE
DELLE UTILITÀ CHE SI TRAGGONO DALLA SCIENZA MECANICA E DAI SUOI INSTRUMENTI
Degno di grandissima considerazione mi è parso, avanti che discendiamo alla
speculazione delli strumenti mecanici, il considerare in universale, e di mettere quasi
inanzi agli occhi, quali siano i commodi, che dai medesimi strumenti si ritraggono: e ciò
ho giudicato tanto più doversi fare, quanto (se non m'inganno) più ho visto ingannarsi
l'universale dei mecanici, nel volere a molte operazioni, di sua natura impossibili,
applicare machine, dalla riuscita delle quali, ed essi sono restati ingannati, ed altri
parimente sono rimasti defraudati della speranza, che sopra le promesse di quelli avevano
conceputa. Dei quali inganni parmi di avere compreso essere principalmente cagione la
credenza, che i detti artefici hanno avuta ed hanno continuamente, di potere con poca
forza muovere ed alzare grandissimi pesi, ingannando, in un certo modo, con le loro
machine la natura; instinto della quale, anzi fermissima constituzione, è che niuna
resistenza possa essere superata da forza, che di quella non sia più potente. La quale
credenza quanto sia falsa, spero con le dimostrazioni vere e necessarie, che averemo nel
progresso, di fare manifestissimo.
Tra tanto, poiché si è accennato, la utilità, che dalle machine si trae, non essere
di potere con piccola forza muovere, col mezzo della machina, quei pesi, che senza essa
non potriano dalla medesima forza esser mossi, non sarà fuori di proposito dichiarare,
quali siano le commodità, che da tale facoltà ci sono apportate: perché, quando niuno
utile fusse da sperarne, vana saria ogni fatica che nell'acquisto suo s'impiegasse.
Facendo dunque principio a tale considerazione, prima ci si fanno avanti quattro cose
da considerarsi: la prima è il peso da trasferirsi di luogo a luogo; la seconda è la
forza o potenza, che deve muoverlo; terza è la distanza tra l'uno e l'altro termine del
moto; quarta è il tempo, nel quale tal mutazione deve esser fatta; il qual tempo torna
nell'istessa cosa con la prestezza e velocità del moto, determinandosi, quel moto essere
di un altro più veloce, che in minor tempo passa eguale distanza. Ora, assegnata qual si
voglia resistenza determinata, e limitata qualunque forza, e notata qual si voglia
distanza, non è dubbio alcuno, che sia per condurre la data forza il dato peso alla
determinata distanza; perciò che, quando bene la forza fusse picciolissima, dividendosi
il peso in molte particelle, ciascheduna delle quali non resti superiore alla forza, e
transferendosene una per volta, arà finalmente condotto tutto il peso allo statuito
termine: né però nella fine dell'operazione si potrà con ragione dire, quel gran peso
esser stato mosso e traslato da forza minore di sé, ma sì bene da forza la quale più
volte averà reiterato quel moto e spazio, che una sol volta sarà stato da tutto il peso
misurato. Dal che appare, la velocità della forza essere stata tante volte superiore alla
resistenza del peso, quante esso peso è superiore alla forza; poiché in quel tempo nel
quale la forza movente ha molte volte misurato l'intervallo tra i termini del moto, esso
mobile lo viene ad avere passato una sol volta: né per ciò si deve dire, essersi
superata gran resistenza con piccola forza, fuori della constituzione della natura. Allora
solamente si potria dire, essersi superato il naturale instituto, quando la minor forza
trasferisse la maggiore resistenza con pari velocità di moto, secondo il quale essa
camina; il che assolutamente affermiamo essere impossibile a farsi con qual si voglia
machina, immaginata o che immaginar si possa. Ma perché potria tal ora avvenire che,
avendo poca forza, ci bisognasse muovere un gran peso tutto congiunto insieme, senza
dividerlo in pezzi, in questa occasione sarà necessario ricorrere alla machina: col mezzo
della quale si trasferirà il peso proposto nell'assegnato spazio dalla data forza; ma non
si leverà già, che la medesima forza non abbia a caminare, misurando quel medesimo
spazio od altro ad esso eguale, tante e tante volte, per quante viene dal detto peso
superata: tal che nel fine dell'azione noi non ci troveremo avere dalla machina ricevuto
altro benefizio, che di trasportare il dato peso con la data forza al dato termine tutto
insieme; il qual peso diviso in parti, senz'altra machina, dalla medesima forza, dentro al
medesimo tempo, per l'istesso intervallo, saria stato trasferito. E questa deve essere per
una delle utilità, che dal mecanico si cavano, annoverata: perché invero spesse volte
occorre che, avendo scarsità di forza, ma non di tempo, ci occorre muovere gran pesi
tutti unitamente. Ma chi sperasse e tentasse, per via di machine far l'istesso effetto
senza crescere tardità al mobile, questo certamente rimarrà ingannato, e dimostrerà di
non intendere la natura delli strumenti mecanici e le ragioni delli effetti loro.
Un'altra utilità si trae dalli strumenti mecanici, la quale depende dal luogo dove
dev'essere fatta l'operazione: perché non in tutti i luoghi, con eguale commodità, si
adattano tutti li strumenti. E così veggiamo (per dichiararci con qualche essempio), che
per cavar l'acqua da un pozzo ci serviremo di una semplice corda con un vaso accommodato
per ricevere e contenere acqua, col quale attingeremo una determinata quantità di acqua
in un certo tempo con la nostra limitata forza: e qualunque credesse di potere con machine
di qual si voglia sorte cavare, con l'istessa forza, nel medesimo tempo, maggior quantità
di acqua, costui è in grandissimo errore; e tanto più spesso e tanto maggiormente si
troverà ingannato, quanto più varie e multiplicate invenzioni anderà imaginandosi. Con
tutto ciò veggiamo estrar l'acqua con altri strumenti, come con trombe per seccare i
fondi delle navi. Dove però è d'avvertire, non essere state introdotte le trombe in
simile uffizio, perché tragghino copia maggiore di acqua, nell'istesso tempo, e con la
medesima forza, di quello che si faria con una semplice secchia, ma solamente perché in
tal luogo l'uso della secchia o d'altro simile vaso non potria fare l'effetto che si
desidera, che è di tenere asciutta la sentina da ogni piccola quantità di acqua; il che
non può fare la secchia, per non si potere tuffare e demergere dove non sia notabile
altezza di acqua. E così veggiamo col medesimo stromento asciugarsi le cantine, di dove
non si possa estrar l'acqua se non obliquamente; il che non faria l'uso ordinario della
secchia, la quale si alza ed abbassa con la sua corda perpendicolarmente.
Il terzo, e per avventura maggior commodo delli altri che ci apportano li stromenti
mecanici, è rispetto al movente, valendoci o di qualche forza inanimata, come del corso
di un fiume, o pure di forza animata, ma di minor spesa assai di quella che saria
necessaria per mantenere possanza umana: come quando per volgere mulini ci serviremo del
corso di un fiume, o della forza di un cavallo per far quell'effetto, al quale non
basteria il potere di quattro o sei uomini. E per questa via potremo ancora vantaggiarci
nell'alzar acque o fare altre forze gagliarde, le quali da uomini senz'altri ordigni
sariano esseguite, perché con un semplice vaso potrian pigliar acqua ed alzarla e votarla
dove fa bisogno: ma perché il cavallo, o altro simile motore, manca del discorso e di
quelli strumenti che si ricercano per apprendere il vaso ed a tempo votarlo, tornando poi
a riempirlo, e solamente abbonda di forza, per ciò è necessario che il mecanico
supplisca con suoi ordigni al natural difetto di quel motore, somministrandogli artificii
ed invenzioni tali, che, con la sola applicazione della forza sua, possa esseguire
l'effetto desiderato. Ed in ciò è grandissimo utile: non perché quelle ruote o altre
machine faccino che con minor forza, e con maggior prestezza, o per maggior intervallo, si
trasporti il medesimo peso, di quello che, senza tali instrumenti, eguale ma giudiziosa e
bene organizzata forza potria fare; ma sì bene perché la caduta di un fiume o niente o
poco costa, ed il mantenimento di un cavallo o di altro simile animale, la cui forza
supererà quella di otto e forse più uomini, è di lunga mano di minor dispendio, che
quello non saria che potesse sostentare e mantenere li detti uomini.
Queste dunque sono le utilità che dai mecanici instrumenti si caveranno, e non quelle
che, con inganno di tanti principi e con loro propria vergogna, si vanno sognando i poco
intendenti ingegneri, mentre si vogliono applicare a imprese impossibili. Dal che, e per
questo poco che si è accennato, e per quel molto che si dimostrerà nel progresso di
questo trattato, verremo noi assicurati, se attentamente apprenderemo quanto si ha da
dire.
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