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Capitolo primo : Il trionfo della vicinia dal XVI al XVII secolo |
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1- La nuova classe politica e sociale
I secoli sedicesimo e diciasettesimo sono, nelle Alpi, il periodo d'oro della vicinia e nello stesso tempo segnano il consolidarsi di una classe che si sostituisce completamente agli antichi feudatari In questa epoca avviene il tramonto definitivo della casata dei Federici. Essa aveva acquisito molti meriti nella storia camuna, ma fu decisamente eliminata dai nuovi ricchi. Naturalmente il passaggio non fu affatto indolore e il Seicento è il periodo drammatico in cui lo scontro arriva alle sue ultime conseguenze. L'evoluzione comincia agli inizi del quindicesimo secolo, si consolida nel sedicesimo e si manifesta in tutta la sua potenza nel diciasettesimo. […] La debolezza della ideologia francescana e, nello stesso, la scarsità di iconografie antisemitiche, nella chiesa di S. Lorenzo, dimostrano l'impermeabilità dei Federici ai discorsi degli Osservanti. In Valle lo scontro tra filosemiti e antisemiti, si tradusse nella battaglia per sostituire, nel convento di Barberino i francescani Conventuali con gli Osservanti. Nonostante tutto lo sforzo della comunità di Valle, dove la nuova classe si era radicata, il convento rimase agli antichi possessori, e dalla loro parte si collocarono i Federici. I difensori degli osservanti non si diedero per vinti ed edificarono il convento dell'Annunciata. La nuova classe, entusiasta della polemica francescana contro gli ebrei, si poneva in alternativa con i nobili tradizionali sia di origine guelfa che ghibellina. Il secolo XV, con il passaggio della Valcamonica nel campo veneto, offrirà ad essa l'occasione di affermarsi, ma fino al Cinquecento non fu possibile consolidare il passaggio. L'incertezza politica non permetteva uno schierarsi sicuro. Inoltre l'autorità dei nobili ghibellini era troppo forte per poter essere allontanata. Il campo, dove i nuovi ricchi si specializzarono, fu quello del prestito. La crisi politica, che ormai metteva i nobili in difficoltà, li obbligava a disfarsi un poco alla volta delle loro ricchezze immobiliari. Tale operazione trovava subito accoglienza nelle comunità. I beni di alta montagna, che prima erano appartenuti ai monasteri, poi erano passati ai Federici, ora potevano essere finalmente acquistati dalle comunità. […] L'acquisizione dei terreni montani, una volta appartenuti ai nobili, creò conflitti con i comuni vicini, in particolare con Bienno. La nascita della conflittualità è indice della progressiva presenza di Berzo nei pascoli montani. […]
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2- Il Seicento e la fine dei rapporti con l'antica nobiltà
A partire dalla seconda metà del Cinquecento, si consolida il rapporto molto stretto tra comunità e repubblica veneta, che non si era certo scordata della nobiltà filomilanese. Nello stesso tempo la nuova classe, dopo aver eliminato, nel Quattrocento, i concorrenti pericolosi, gli ebrei, ora doveva togliere di mezzo il potere dei Federici. Se la vicinia voleva governare, doveva escludere poteri paralleli. Non bisogna dimenticare che i Federici avevano acquisito grandi meriti presso le comunità. E' grazie al loro aiuto che i diversi paesi si erano emancipati dal legame feudale con la pieve. Tuttavia, come sempre avviene nella storia, ogni riconoscenza fu abbandonata e si procedette alla esclusione dei passati alleati. […] Il fine dell'azione del comune di Berzo è molto chiaro: togliere i Federici dalla giurisdizione sul proprio territorio. Il senato veneto sostiene le ragioni dei Federici e l'azione non ha seguito. Il problema si presenta novant'anni dopo, quando si tratta di seppellire Annibale Federici nella chiesa di Santa Maria. Il Comune si oppone, in quanto la chiesa è della comunità e non dei Federici. Si propone di seppellire il cadavere nella chiesa di San Lorenzo […] La reazione dei Federici non si fece attendere. […] tutta la vicinia fu bloccata con l'accusa di malgoverno: […] Il comune di Berzo scopre di aver contro tutta la nobiltà bresciana: Fenaroli, Porcellaga, Calini, Chizzola, gli stessi Martinengo. Un po' troppo per un comune da solo. Ma quello che lascia più perplessi i vicini è l'atteggiamento di Venezia. In primo luogo essa non interviene, anzi si serve di questa nobiltà per governare. Le promesse di autonomia, date alla comunità, non vengono fatte certo per egualitarismo, da parte della repubblica, che anzi aveva un sistema autoritario e antidemocratico, ma era solo un mezzo tattico per indebolire gli oppositori. Una volta che questi si erano allineati, non era certo la repubblica che si sarebbe preoccupata delle autonomie comunali. Anche se la lotta con i Federici fu sul momento perdente, è comunque vero che, a partire dalla seconda metà del Seicento, difficoltà economiche consigliarono i Federici ad allearsi con i nuovi ricchi e a stabilire rapporti matrimoniali, piuttosto che costosi scontri.
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3- Il governo centrale
I problemi, incontrati da Venezia, in Valcamonica, consigliarono al senato la prudenza nell'imporre un potere diretto in Valle. La stessa autorità somma venne delegata ai nobili bresciani, per dare ad essi un contentino per la privazione di ogni potere di direzione politica a Brescia e perché si ritenevano più vicini alla popolazione, anche se i contatti non generarono rapporti solidi. Che la difesa della vicinia fosse strumentale si vedeva ogni volta che a Venezia si discuteva qualche causa tra i diversi paesi. La discussione cominciava subito con la verifica del pagamento delle tasse alla repubblica. Una volta compiuto questo dovere, la causa perdeva interesse per il senato. Una riprova dei reali interessi veneti si realizza al momento della distruzione di gran parte della Valgrigna per un'inondazione, a metà degli anni trenta del Seicento. 9settembre 1634: Parte de'Pregadi, per la supplica della Sp. Valle. Che pel rovinamento accaduto nelle Terre di Presteno, Bienno, Berzo, Eseno pel Torrente Grigna e di Niardo ancora: per la desolazione di edifici da Ferrarezze e de' campi si dà à quei Comuni la esenzione per dieci anni dalle Gravezze e dalle Decime ecclesiastiche d'imprestito di sei milla Ducati di Camera, e di Biave, pel valore di altri sei milla Ducati, da restituirsi entro dieci anni, e li quattro primi anni vacui gli altri sei a rate. Detto 1634: Ducale con parte del Senato ai Rettori. Di eseguire la detta Parte, e che il Capitanio di Brescia debba andar in persona con Intendenti à veder il bisogno, distribuir il danaro per la ristorazione degli edifici dà Ferrarezza, sollecitar l'opera, confortare quegli abitanti col mottivo della pietà usata loro dal Principe, ed esortarli a non partirsene, e, massime a maestri. Franciscus Erizo, Dei gratia, dux Venetiarum, Nobilibus et sapientibus viris Bartolomeo Gradenico, de suo mandato potestatis, etantonio Venerio, Capitaneo Brixiae, salutem et dilectionis affectum. Haverete nelle presenti copia delle deliberazione del Senato concernente li aiuti di soccorso da prestare a Comuni di Berzo, Bienno, Eseno, Presteno e Gniardo, Terre di Valcamonica gravemente danneggiate dalla inondazione del Torrente Grigna. Al zelo e vostra virtù ne incarichiamo l'esecuzione intiera e perché grandemente ci preme la confennazione di queifedelissimi nostri ed impedir sopratutto che i maestri e operari di ferrarezza e fabricatori d'armi non passino in altri stati, ma sifermino in detta Valle e, con la reparatione degli edifici, habbiano modo da continuar ad impiegarsi nell'arte loro, volemo che voi, Capitanio vi portiate in dette terre e con l'assistenza de'periti, esattamente riconosciuto e considerato il bisogno delle operazioni da farsi, ripartiate il danaro all'opere più necessarie maggior sollecitudine e vantaggio. A questi habitanti osservarete il sentimento, col quale si compatisse da noi alle lor disgrazie e li consolarete coll'avisarli della ristauratione presa da noi; e disponiate buoni ordini per l'esecuzione, acciò siegua con la il loro sostentamento et maestranze della ferrarezza, gli usarete i termini propri per assicurarli che non partano, ma restino nelle case loro, con certezza di dover in breve goder di quel solievo, che con paterno affetto gli viene da noi desiderato e procurato. Dato in nostro Ducal palazzo, die 9 Septembre 1634. Tutta l'argomentazione è legata unicamente alle ferrarezze. Tolto questo, l'interesse di Venezia cessa. […]
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4- La politica militare della repubblica veneta
Un modo per conoscere quale fosse l'impegno della repubblica all'interno della Valle è l'analisi della sua struttura militare. La presenza militare avrebbe dovuto garantire in primo luogo i confini e, in secondo luogo, l'ordine pubblico. Berzo ha svolto una funzione importante nella organizzazione delle truppe e il comune possiede molte informazioni a riguardo. Già nel 1500 abbiamo un elenco dettagliato dei soldati dei diversi paesi, [
] All'interno della Valle la presenza militare si esprimeva nello mostre, cioè nella sfilata dei soldati nei diversi comuni [
] Dai documenti qui riportati appare una disorganizzazione cronica della struttura militare, ancora più grave, allorché vi era un fiorente banditismo, fino alla fine del 1700. Lo scarso impegno in questo settore dimostrava una assenza di capacità amministrativa, che coinvolgeva tutta l'organizzazione veneta.
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5- Il 1700 e la fine del dominio veneto
La situazione di sostanziale assenza dello stato in Valcamonica dura fino all'arrivo dei francesi nel 1797. La politica della Serenissima si esprime in una progressiva paralisi. Naturalmente tale assenza non dispiaceva a tutti. Le grandi famiglie, che man mano avevano acquisito un potere pressoché assoluto, non desideravano certo che l'amministrazione centrale assumesse una sua iniziativa. Essendo impossibilitate a ottenere il comando della Valle, che restava comunque in mano ai nobili bresciani, le grandi famiglie si insediarono nel consiglio di Valle, che divenne un loro feudo. A questo punto esso non rappresentava più gli interessi della comunità, ma esclusivamente del ceto che si era accaparrato la Valle. La struttura della divisione era di carattere geografico. Non erano più le pievi, ma gli interessi economici che spingevano a una tale spartizione. […] Per quanto riguarda la Valgrigna si era formato un gruppo di famiglie che controllava tutto il territorio: i Fantoni, i Simoni, i Francesconi. […] Davanti all'ipocrisia dello stato, […], e ormai all'incapacità della comunità di far valere i propri diritti, la deliberazione della vicinia di Berzo, presa a pieni voti, è il giudizio definitivo su una repubblica che aveva dichiarato tutta la sua incapacità: 8 agosto 1762: Di poi fu dalli Consoli esposto che, essendosi questa comunità di Berzo unita all'altra comunità indolenti contro la Valle […] Passeranno ancora trentacinque anni, prima che il governo di Venezia sia spazzato via dalla storia, ma il giudizio definitivo era già stato pronunciato.
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