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Capitolo secondo : Minatori e fonditori |
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1- Le miniere
La conclusione del quarto millennio a. C. segna la fine della predominanza dell'agricoltura e introduce, nelle Alpi, la lavorazione dei metalli. Dapprima il rame, poi il bronzo ed infine il ferro. Anche questa volta le nuove tecniche vengono da oriente, passando per la Dalmazia ed arrivando in Valcamonica attraverso i passi orientali. La Valgrigna è la prima zona che viene coinvolta dalla lavorazione dei metalli. La primitiva attività mineraria è situata in località Piazzalonga ed anche in tutta la Val Gabbia. La topografia si richiama allo scavo: nell'estimo di Berzo del 1600 di trova la contrada della Busa, che è collocata in Valpilone. Il nome, originato dalla parola latina pila, indica sia le piccole colonnette, che sostenevano i cunicoli delle prime miniere, sia il berretto di feltro degli schiavi che vi lavoravano. Sempre nella stessa area ricorre il termine Valaret o Valoret. Valletto è il nome, in area lombarda, dello schiavo. Infine una serie di cognomi, presenti ancora nel 1500 ricordano il lavoro minerario: Bonera, Bonetti, Buzoni, Bodoni. […] La presenza di materiale ferroso, ma anche di rame, non passo' inosservato nemmeno ai primi mettallurghi. All'inizio si trattava di piccoli scavi […]
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2- I primi fonditori
Il secondo passaggio, dopo l'estrazione del metallo, era quello della fusione: esso richiedeva grande abilità ed era riservato a persone eccezionali, tra l'artigiano e il mago. Fino al Rinascimento non furono mai messi per iscritto i criteri per fondere i metalli. Le notizie venivano comunicate esclusivamente in modo orale. Tuttavia i primi fonditori conoscevano metodologie molto raffinate, considerate le informazioni scientifiche assai scarse. La fusione del rame richiedeva temperature relativamente basse, ma quella del ferro esigeva una organizzazione del forno fusorio assai complessa. I primi forni fusori si trovavano accanto alle miniere. La Val Gabbia ne conteneva parecchi. Essi sono completamente scomparsi, ma in un testo seicentesco, conservato presso l'archivio comunale, sono ancora ricordati. In primo luogo è menzionata la contrada alli Forni, che si trova in una zona compresa tra Pagarono, Val Bonina e Zovolo. […] Dalla presenza dei forni nella Valgrigna per più millenni, deriva il nome di Berzo. A partire dal medioevo, in particolare nell'ultima età longobarda, esso fu letto, sotto l'influenza dei nuovi linguaggi germanici, Berg, monte. Dal momento che si tratta di un villaggio in una zona montana, è abbastanza accettabile che si chiami luogo montuoso. Ma tale spiegazione urta contro una serie di fatti indiscutibili. Dai ritrovamento romani dell'area risulta che Berzo, come villaggio, esisteva almeno a partire dall'epoca romana e non poteva certi chiamarsi con un nome tedesco, dal momento che i germani non erano ancora entrati in Italia. Inoltre paesi molto piu' montagnosi esistono in Vallecamonica i quali non hanno affatto un nome che indica la loro altezza. Infine non bisogna dimenticare che il toponimo ricorre in realta' anche per un altro paese: Berzo Demo. […] Tutte queste ragioni portano ad escludere un origine germanica del toponimo […] la Valgrigna, nella sua totalita', fu indicata come il luogo dei forni. Questa spiegazione rende comprensibile anche la presenza nella toponomastica camuna di un altro Berzo in un area dove vi era una proliferazione di miniere: […] La comprensione del nome Berzo permette così una redefinizione, finalmente comprensibile della Vallecamonica, dal 3200 a.C. agli inizi della nostra era.
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3- La Valgrigna come area mineraria
La diffusione del lavoro minerario aveva coinvolto tutta la Valgrigna, a partire dall'ottavo secolo […] La civilta' dei metalli, inaugurata dalla lavorazione del rame, presuppose, a livello mentale, una forte saturazione del pensiero. La costruzione di apparati complessi, quali le miniere, i forni, la fucine, il lavoro di composizione dei manufatti, richiese una razionalita' che si articolava in una visione più complessa del mondo. […] Il centro del labirinto della Valgrigna era la località di San Glisente.
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3.1- Le notizie su San Glisente
Le notizie storiche su San Glisente non risalgono oltre il 1200. E' vero che in epoca seicentesca fu ricollegato a Carlo Magno, ma in realta' non esistono testimonianze veritiere intorno al personaggio. Fin al XX secolo inoltrato si cerco' il corpo del santo eremita, ma finora le ricerche si sono dimostrate vane. […] I testi sulla chiesa di San Glisente provengono da tre fonti diverse: notarili, per vendite, ecclesiastiche, sia locali che diocesane e, infine, vicinali. […] Il testo non fornisce molte informazioni, salvo la prova dell'esistenza, agli inizi del 1200, di una chiesa dedicata a San Glisente […] Le notizie permettono di definire l'influenza del culto di San Glisente che coinvolge l'area mineraria della Lombardia orientale. Esso è il luogo d'incontro di due valli, deputato per calcolare con esattezza i punti di riferimento. […] le notizie sono di grande importanza per la comprensione dell'epoca più antica della storia della Valgrigna e della Vallecamonica.
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3.2- Glisente e la concezione del mondo dei primi fonditori
Lo studio topografico dell'area di San Glisente dimostra che essa comprende un territorio molto ampio: tutto il vertice di un ampia catena. Inoltre la struttura della cripta indica la presenza di una antica miniera di rame. La parte preistorica era la grotta, dove, nei primi tempi dell'epoca del rame, riunivano i primi lavoratori dei metalli. Non è indifferente alla posizione di S. Glisente l'essere punto di osservazione che pennette una visione completa della Valgrigna e della Valcamonica. Con l'esaurirsi della miniera di rame i minatori e i fonditori continuarono a riunirsi presso questo luogo. L'elemento suggestivo della leggenda è la presenza di una colomba che portava dei legni. […] I danzatori sono chiamati in ambito greco lurizentes, mentre la gru, è chiamata gheranos. Dalla combinazione dei due termini gheranos/lurisentes, storpiati durante i secoli, deriva Glisentes, un plurale che indica la danza sacra di Teseo. In questo caso la gru, rappresentata in una incisione rupestre di Naquane vicino a un labirinto, è colei che riassume il tipo della danza. Nella versione primitiva della leggenda di San Glisente essa disegna con i piccoli legnetti, non già l'ubicazione della chiesa, ma la processione del labirinto. […]La danza, fatta sullo spiazzo dell'area di San Glisente, divenne un poco alla volta uno schema geografico che comprenderà tutte le diverse valli dell'altopiano. San Glisente era il centro di tutta la Valgrigna, la Valle che, attraverso l'evoluzione dei suoi torrenti, faceva convergere tutto nell'area sacra. L'accorrere di popolazioni diverse, in questo luogo, per compiere un rito, dimostrava che il disegno del labirinto era sintesi tra culto, cosmologia e comprensione del proprio territorio. Esso non è possibile senza un profondo pensiero sintetico, proprio dei lavoratori dei metalli. […] L'eta' del ferro contribuì a rendere popolare un rito, altrimenti riservato a pochi, dell'eta' del rame e del bronzo. […] La centralita' del rito, nella storia camuna, e la sua collocazione nell'area di Berzo, sara' conservata nella chiesetta di San Glisente, il cui carattere sacro trovava le sue radici agli albori della storia.
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3.3- Glisente nello svolgimento della storia
La permanenza, fino al Seicento inoltrato, di pratiche preistoriche dimostra la forza di alcuni culti […] L'aver costruito una chiesetta in un luogo pagano, nell'undicesimo secolo, testimonia la progressiva cristianizzazione delle Alpi, ad opera dei movimenti eremitici e pauperistici. […] Nel caso di Glisente la ricostruzione era assai poco fondata: gli eremiti venivano unificati in un solo personaggio, il quale portava il nome di una danza, che avveniva in un determinato luogo. […] Lo sviluppo del culto di San Glisente, non certo secondo una logica lineare, puo' rivendicare una storia di cinquemila anni e quindi testimonia la continuita' religiosa di un popolo.
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