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Capitolo terzo: Berzo e la Valgrigna nel medioevo
 
 

 

1- Dalla fine del regno franco al primo feudalesimo

L'inizio del feudalesimo in Valcamonica coincide con l'anno 960, data in cui ricorre il primo documento del secolo relativo a Berzo. La rapida crisi del sistema carolingio aveva disgregato le grandi proprietà dei nobili franchi e molte di esse erano affluite nelle mani dei vescovi, che diventarono i primi feudatari imperiali. […] I due centri camuni sono il punto di arrivo di due bacini minerari, la Valle di Paisco e la Valgrigna. Acquisire questi due centri significava controllare la produzione siderurgica della Valle. Essa poi veniva distribuita, sull'Oglio e alle fiere, e serviva all'agricoltura della Lombardia orientale. […]Lo squilibrio dell'economia, a favore di una parte del settore orientale camuno, comporterà anche allo spostamento del porto principale della Valle: da Rogno a Pisogne. […] All'inizio del nuovo millennio Berzo appare al centro della economia camuna. Le massime autorità religiose del periodo si prendono a cuore l'area. Il 12 marzo 1036 Arderico, personaggio influente a Brescia, cede al monastero di S. Pietro Ursino di Serle, un territorio immenso, che comprende quasi tutta la Valgrigna. […] Due secoli dopo l'avvento di Carlo Ma no, nel 1036, l'arciprete Arderico di Manerbio dona al monastero di S. Pietro in monte, a Serle, i suoi beni nel territorio di Berzo, in un'area coinvolgente le miniere della Valgrigna. Il primo problema da analizzare è il significato di una donazione che riguarda solo la metà dei beni. Arderico non è un personaggio secondario nella situazione politica del momento. Egli è figlio di Alberto de Foris, della città di Brescia, abita all'Archo vecchio, è arciprete della pieve di Manerbio, anche se non residente. Nella donazione coinvolge, facendo intuire anche rapporti di parentela, il vescovo di Brescia, Olderico, e l'abate di S. Eufemia, Azzone. […] Tutto questo spiega l'enorme estensione dell'area alle dipendenze del monastero, che comprende anche gli alpeggi della Valgrigna. La descrizione del territorio, da parte di Arderico, presuppone una triplice distinzione, il villaggio fortificato, l'area agricola al di fuori di esso, gli alpeggi. La denominazione di Berzo come villaggio fortificato, coincide con una serie di toponimi delle strutture murarie orientate alla custodia dei forni. […] La forma plurale, usata per gli edifici al di fuori del villaggio, suppone una sene di costruzioni, e, se si tratta di strutture per la lavorazione del metallo, presuppone la creazione del Vaso Re. In ogni caso il testo di Arderico testimonia una agricoltura fiorente e strutture artigianali, che si sono rapidamente moltiplicate.

 
 

 

2- L'età dei Barbarossa

La situazione tratteggiata dalla donazione di Aderico rimase stabile fino alla fine del 1100, allorché la vittoria dei comuni lombardi sul Barbarossa rimise in moto tutta la società dell'Italia settentrionale. Il feudalesimo, nella Valgrigna, durante la sua fase ascendente, fu monastico. I due monasteri che gestivano la zona, da un punto di vista economico e politico erano: S. Faustino maggiore, in città, e S. Pietro, a Serle. I mutamenti non sono purtroppo ricostruibili dai documenti, tuttavia esiste un punto fisso indiscutibile: la presenza di Robacastello di Berzo alla investitura dell'abate di S. Pietro nella corte di Vallio, nel 1157. […] Il nome del capostipite dei feudatari di Berzo è indicativo del processo economico che portò questa famiglia a gestire i beni del monastero e a farseli propri. Robacastello non è un nome personale, ma un soprannome […] Nel Seicento i mercanti bresciani, che si stabilirono in Valle, venivano chiamati Robaioli. […] Robacastello è pertanto l'uomo fiduciario del monastero […] Finora non è stato possibile analizzare attentamente la reazione religiosa nei confronti al Barbarossa da parte dei camuni. La predominanza della componente ghibellina, nei secoli successivi, ha cancellato il ricordo del dibattito. Tuttavia dalla situazione di Berzo è possibile ricostruire i diversi schieramenti. Essi si fronteggiano per tutta la seconda metà del secolo e la vittoria delle forze legate al papato, ritarda la presa del potere della parte ghibellina in Valle. Ciò spiega il motivo per il quale la dinastia dei Robacastello abbia potuto prosperare fino a metà del Trecento.

 
 

 

3- La chiesa di S. Tommaso alla luce degli avvenimenti del XII secolo

Una volta delineata la politica dell'età del Barbarossa all'interno della Valle, è interessante seguire le mosse dei due partiti. Il partito ghibellino promosse una progressiva disobbedienza nei confronti delle pievi da parte dei centri più potenti, mentre i fedeli al vescovo potenziarono le espressioni antighibelline. A Berzo l'occasione venne dalla costruzione della chiesa di S. Tommaso. Essa si trovava proprio al di fuori del perimetro dell'antico villaggio romano e medioevale e la sua collocazione coincideva con l'urbanistica religiosa alpina. […] Il processo di progressivo smembramento della pieve, divenne un fenomeno generale nella media Valle e anche Berzo ebbe la sua chiesetta. […] Nel caso di San Tommaso non si tratta più di una cappella, ma di una vera chiesa, preparata per essere trasformata in parrocchia. […] L'atteggiamento favorevole alla Chiesa, sostenuto dai feudatari di Berzo, ebbe come effetto un collegamento più stretto con la pieve di Cividate e quindi venne rimandato il distacco dalla chiesa madre da parte di Berzo. L'antichità della chiesa di San Tommaso è confermata da una decisione vicinale: Adi 17 novembre 1644: Item è stato deliberato a tutte balle favorevoli che sia fatto la messa del glorioso S. Tomas Cantuarienze, protettore di questa comunità, conforme il solito et antico uso di questa terra, havendo la sua Chiesa in questo territorio, in pena deliri tre et mezza per ogni persona che haverà per far lavorare in detto giorno, d'esser applicato conforme il solito. […]

 
 

 

4- La topografia dei castelli

Lo sviluppo politico dei primi due secoli del nostro millennio, con il formarsi di ricche famiglie di funzionari vescovili o monastici, attesta con sicurezza l'esistenza di edifici fortificati nella media Valle. Il periodo d'oro si colloca tra il 1000 e il 1200, mentre nei secoli successivi il cambiamento politico intercorso nella Valle li ridimensionerà radicalmente. Di tale sistema difensivo rimangono solo dei nomi. La Valgrigna, con la sua ricchezza, era ovviamente da proteggere con le armi. Le incursioni di banditi, provenienti o dal passo di Crocedomini o dalla Valle di Scalve erano frequenti. […] Quando si parla dei castelli, il discorso diventa meno preciso. Non bisogna dimenticare che le comunità hanno vissuto la liberazione dal feudalesimo in modo molto complesso e drammatico, per cui il ricordo di una età aborrita era soppresso anche nella redazione dei documenti. Il castello più documentato è quello presso la chiesa di S. Lorenzo, anzi, come si vedrà, quello che anche ora sorge sull'area poi destinata alla chiesa. Ancora nel 1458 su tale terreno esisteva sedumen brignorum, il resto di edifici diroccati. La via che da Berzo saliva al castello era chiamata via del Gat, via del gatto. U espressione è enigmatica e da collegarsi ad un'altra: strada rotta al Castellazzo. La strada del gatto era interrotta facilmente da cancelli o altre barriere, per cui solo un felino poteva percorrerla, saltando gli intoppi. […] Nei testi topografici viene poi ricordato anche un Castel novo. Esso ha altre determinazioni: Castelaz novo, oppure Castello Valzello, Si trova in una area detta Coster, o Valesse. La zona viene chiamata: contrada del menador de la bastia. L'ultima parola indica appunto una costruzione più recente, da far risalire alla fine del Duecento. Un castello ancora conservato, anche se in decadenza, si trova sulla costa orientale, in località Saiote. La posizione è molto importante per due ragioni: il controllo delle strade che portano alla zona mineraria e la sorveglianza di Esine. In questo senso si inserisce nella politica dei Robacastello che da questa torre controllavano i loro nemici, i Federici di Esine. Gli avvenimenti della fine del dodicesimo secolo giustificano perfettamente tale struttura difensiva che era inserita nell'azione dei guelfi per contenere l'espansione dei ghibellini, primi fra tutti i Federici. L'edificio delle Saiotte è costituito da una torre e da una casa munita di feritoie e destinata a custodire un corpo di guardia. Tale struttura è l'ultimo dei tanti castelli che fiorirono tra il Mille e il Milletrecento.

 
 

 

 
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