La cappella di San Michele sorgeva "in cacumine collis", a nord poco sopra l'abitato, all'interno di uno spiazzo artificiale protetto e delimitato da murature di sostegno di cui sono visibili rimasugli. L'epigrafe votiva romana, dedicata alle fonti (unica intitolazione del genere emersa nel territorio della Cisalpina), venne rinvenuta (segnalata nel secolo XVII) nel fianco occidentale della chiesetta (attualmente si trova al Museo Archeologico di Bergamo); nella stessa area furono trovati un cucchiaio in bronzo e resti di un vaso globulare (ora facenti parte delle collezioni del Museo Camuno di Breno). La dedicazione e la posizione del luogo di culto rimandano ad un'origine probabilmente longobarda e a preesistenti opere di fortificazione, forse identificabili con il castello segnalato nella donazione di beni immobili disposta nel 1036 a favore del monastero di Serle (PS: Supposizioni, queste, confermate dagli scavi effettuati dietro la chiesetta che hanno portato alla luce la base presumibilmente di una torre, ma anche un muro dell'età del bronzo). La cappella non era consacrata, priva di alcun reddito, nè dotata di legati pii, come indicato nell'itinerario pastorale del 1459. Dopo un periodo di abbandono rilevabile dalle visite del Bollani (1567) e del Pilati (1573), fu riportata alle buone condizioni attestate dal Celeri (1578). All'epoca vi si celebrava di norma solo il giorno della festa del patrono, presso l’unico altare esistente; così sarà anche in seguito, riservata la cura dell'oratorio alla devozione di privati. Nel 1672 il vescovo Marino Giovanni Zorzi ingiungeva di mettere in atto un'urgente ristrutturazione, ma nulla si fece. Già nel 1837 figurava in avanzato stato di diroccamento.