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Casa Bontempi : Gli affreschi
 
 

 

Androne

Sulla destra, in cornice di stucco rettangolare con cimasa curvilinca, è affrescata una Pietà (secondo l'iconografia entrata in Italia dal Nord Europa), affiancata da San Lorenzo in dalmatica rossa, con la graticola e da un altro santo non identificabile in abito talare, sullo sfondo di una città dalle mura possenti. L'autore, ignoto, e assai modesto (sec. XVIII).

 
 

 

Piano nobile

E' un succedersi di sale coi soffitti affrescati.  Nella vasta galleria centrale nelle sovrapporte sono rappresentati paesaggi montani con villaggi, fiumi, ponti, entro cartouches tardobarocche dalle complesse volute.  Il soffitto, in pessimo stato di conservazione, verso le finestre presenta alcuni dèi dell' Olimpo tra i quali l'unico riconoscibile è Apollo con la lira nella destra e con due amorini svolazzati ai piedi; nella zona centrale si distingue a fatica il Carro del Sole tirato da cavalli bianchi e circondato da un animato susseguirsi di illeggibili divinità minori che si tengono per mano (le Ore?); l'Aurora precede tutti.  La parte del soffitto verso le scale è completamente annullata. Questi soggetti sono dipinti entro quadrature tipicamente lombarde che con prospettive alquanto incerte simulano un soffitto a volta delimitato da un pesante cornicione sostenuto da mensole, tra le quali, in vari atteggiamenti deliziosi puttini reggono cartigli con i dodici segni zodiacali. Nella cromia dei soffitto prevalgono nettamente toni ocra e aranciati con qualche leggero tocco di azzurro.  L'autore tardosecentesco non è identificabile. Dalla galleria si passa a destra in un ampio salone: al centro del soffitto, nel medaglione entro cornice poliloba a stucco, siedono su una nube la Pace con corona d'oro e in mano l'ulivo e la Giustizia biancovestita, con manto giallo (secondo le indicazioni di Aulo Gellio) affiancata da un amorino reggente la bilancia e la spada; esse si danno la mano (Bibbia-Salmo 85-10); ai piedi della Pace vola un altro amorino con una colomba pronta a spiccare il volo e una face capovolta in mano per bruciare le armi in basso.  Altri due amorini reggono un pesante festone di frutta, simbolo di abbondaza.  Negli angoli della sala, in cornici triangolari curvilinee, quattro puttini rappresentano non le quattro stagioni, come comunemente creduto, ma il Freno della Legge, (in quanto due tengono in mano una frusta, un morso da cavalli, una verga, una "misura") e il Frutto della Pace, (in quanto gli altri due tengono in mano l'alloro, l'ulivo e il grano).  Sebbene deteriorato il soffitto sembra il migliore per esecuzione tra quelli delle sale intorno alla galleria e si direbbe perciò opera di Enrico Albricci di Vilminore (1714-1755), che in seguito, nel 1740, decorò la vicina Parrocchiale.  Assai interessanti sono anche le sovrapporte a bassorilievo in stucco bianco (forse in origine dipinto) rappresentanti vedute panoramiche di Belgrado, Presburgo,Vienna e altra città forse identificabile con Cittanova, attuale Novigrad, in Istria. Le città furono sede di battaglie importanti nella lunga guerra contro Turchi; la guerra si concluse con la pace di Carlowitz nel 1699.  La data perciò costituisce un termine post quem per l'esecuzionè dei bassorilievi, di autore ignoto, il quale comunque operò dopo la guerra di successione spagnola (1707) e la fine di un lungo periodo di crisi economica nel territorio. Da questo salone si accede in due sale meno grandi: nel soffitto della prima, entro cornice a stucco, Venere con catene d'oro adesca un Marte barbuto che ha deposto le armi, aiutata da un amorino svolazzante; in quello della seconda la Concordía Maritale è simbo­leggiata, seguendo sempre l'iconografia del Ripa, da una coppia unita con una catena d'oro e ciondolo a forma di cuore, circondata da un volo di amorini con le faci accese, alcuni dei quali si scagliano contro una figura femminile che si nasconde sotto un drappo scuro, coprendo col braccio destro un piccolo mantice (forse l'Invidia o la Maldicenza?).  Questo affresco è la copia identica, sebbene un po' maldestra, della zona centrale del soffitto del Palazzo Martinengo di Malonno, dipinto dopo le nozze del conte Marcantonio q. Lelio con Margherita Celeri, verificatesi dopo il 1723. Gli affreschi di queste due sale, abbastanza conservati, ci permettono una più agevole lettura e ci suggeriscono l'attribuzione a un allievo dell'Albricci perché alquanto impacciati, pur mantenendo gli scorci tipici dei maestro, le tonalità calde, le rotondtà dei volti. Nella parte opposta della galleria, proprio di fronte al salone, un altra sala ha un soffitto affrescato ridotto quasi ad una larva.  Al centro una figura femminile biancovestita con manto rosso guarda in alto inginocchiata tra le nubi e innalza con la destra un diadema, mentre con la sinistra si appoggia ad un libro aperto sostenuto da un amorino (la Gloria o la Storia). Ai suoi piedi un uomo seminudo sdraiato (L'Ozio) sembra risvegliarsi dal sonno, stropicciandosi gli occhi mentre un amorino gli tocca una gamba. Per il grave degrado dell'intera scena l'analisi è problematica, ma si può constatare una discreta finezza di passaggi cromatici, conoscenza anatomica e sicurezza rospettica nel nudo virile, ed invece incertezze nella figura femminile e nei nudi dei puttini.

 
     
   
     
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