La corrente elettrica è un flusso ordinato di cariche elettriche tra due punti di un corpo conduttore avente un diverso potenziale elettrico.
Un conduttore è qualunque materiale attraversato da una corrente elettrica, esso può essere un buon conduttore ed opporre poca resistenza od un cattivo conduttore dove la conducibilità elettrica è esigua.
In tutti i conduttori attraversati da una corrente elettrica si sviluppa una quantità di calore che è direttamente proporzionale al quadrato dell’intensità, alla resistenza del conduttore e al tempo.
In qualunque conduttore il passaggio di un flusso di elettroni genera un campo elettrico ed un campo magnetico.
L’induzione elettromagnetica è il fenomeno per cui un circuito percorso da corrente, genera una tensione su un circuito vicino senza una connessione fisica, ma solo per via magnetica.
Il passaggio della corrente elettrica nei conduttori solidi avviene di norma solo sulla loro superficie. Quando una scarica elettrica attraversa il corpo umano, per la particolarità del conduttore, questo subisce varie modificazioni chimiche, fisiche e biologiche.
Negli USA lo shock elettrico primario è associato ad una mortalità di circa 0,5 per 100.000 persone l’anno e su 1.000 decessi 5.000 necessitano di un trattamento d’emergenza.
In Italia le folgorazioni rappresentano circa il 4% degli infortuni mortali sul lavoro e sono tra il 3% e il 5% dei ricoveri per ustioni.
In presenza di un incidente di natura elettrica, dove la persona colpita diventa parte di un circuito o peggio quando interposto tra due conduttori chiude prima il circuito, i danni spesso sono attribuiti al solo valore della tensione mentre concorrono altre variabili:
·
Ustioni lungo il percorso sia superficiali che profonde· Perdita di coscienza per depolarizzazione dei neuroni
· Polarizzazioni prolungate delle membrana
· Diversa permeabilità delle membrane cellulari
·
Rottura delle membrane cellulari· Fenomeni elettrolitici con formazione di basi forti e necrosi umida (catodo)
·
Fenomeni coagulativi e necrosi profonde per formazione di acidi forti (anodo)· Denaturazione delle proteine
·
Spasmi della muscolatura liscia e striata
(fig. 1)
(fig.
2)
La membrana cellulare separando cariche elettriche si comporta come un condensatore. La membrana non è perfettamente isolante ed è attraversata da un certo numero di ioni perciò, oltre ad un valore di capacità, presenta anche una resistenza elettrica. Il modello elettrico semplificato delle cellule umane è perciò rappresentato: da un condensatore C in parallelo con una resistenza R e, da un generatore di tensione che rappresenta il potenziale di riposo (fig. 2) determinato dalla diversa concentrazione di ioni nella cellula.
Il
corpo umano, è in gran parte composto di una soluzione salina
conduttrice, di fatto è costituito da un insieme di atomi o
gruppi di atomi che, in ragione della loro affinità
elettrochimica si scambiano gli elettroni dell’ultimo
orbitale assumendo le caratteristiche di ioni. (cationi, se hanno
perso elettroni oppure anioni, se hanno acquistato elettroni);
sono tali le cellule (fig. 2) o il liquido interstiziale che le
separa. Gli ioni K+, Na+, Cl+,
etc., si muovono verso zone di minor concentrazione e che sono
soggetti al campo elettrico generato dall’insieme degli
altri ioni. Poiché la cellula ha verso gli ioni un comportamento
di tipo selettivo, gli ioni non si diffondono allo stesso modo
dentro e fuori la cellula (ad esempio la cellula è molto
permeabile allo ione potassio piuttosto che allo ione sodio). Lo
ione K+ viene trasportato all’interno della
cellula mentre lo ione Na+ viene espulso con la tipica
azione di pompaggio biochimico a spese dell’organismo (pompa
metabolica). La cellula viene quindi a possedere un potenziale
negativo all’interno rispetto all’esterno (potenziale
di riposo). Nei mammiferi le cellule del sistema nervoso centrale
presentano un potenziale di riposo di -70 mV, una cellula
miocardica ha delle escursioni tra circa -90 mV e
+ 35mV una differenza di potenziale notevole se si considerano le
piccole dimensioni delle cellule.
Se si
applica ad una cellula eccitabile un impulso di corrente di
polarità inversa a quella della cellula stessa, il potenziale da
negativo diviene positivo per ritornare di nuovo al valore
iniziale. Quando lo stimolo elettrico eccita la cellula, aumenta
notevolmente la permeabilità della membrana agli ioni sodio che,
entrando nel citoplasma della cellula, prima la depolarizzano,
annullando la differenza di potenziale tra interno ed esterno, e
poi ne causano l’inversione di polarità. L’ampiezza
minima dell’impulso di corrente necessario ad eccitare la
cellula e a determinarne l’inversione del potenziale
decresce con l’aumentare della durata per tendere ad un
valore costante secondo una curva simile ad un’iperbole
equilatera denominata curva di eccitabilità. Uno stimolo
elettrico riesce a eccitare la cellula soltanto se produce un
flusso di corrente la cui intensità e durata sono superiori ad
una soglia che è propria del tipo di tessuto e prende il nome di
reobase.
(fig.3)
Una corrente elettrica che attraversa un corpo umano superata la resistenza cutanea si ripartisce in tante ramificazioni in ragione della conducibilità incontrata nei tessuti sottostanti, più facilmente sono attraversabili i vasi, i nervi, le ossa.
Da un punto di vista circuitale il corpo umano può essere
rappresentato tramite un circuito a quattro resistenze (quadripolo
equivalente ad una persona):
----------------------
(fig.
4)
Per gli effetti sul cuore bisogna tener conto anche del percorso della corrente. Ad esempio, tra i più pericolosi, abbiamo i percorsi mano sinistra-torace, mano destra-torace, mani-piedi.
Il valore della corrente elettrica dipende anche dalla resistenza
che il corpo umano oppone, diminuisce in presenza di ferite;
aumentando la pressione del contatto e aumentando la superficie
di contatto; con pelle umida o peggio bagnata dove una corrente
di basso voltaggio riesce a far penetrare un notevole flusso di
elettroni che poi diventa la causa degli eventuali danni. La
resistenza aumenta, invece, in presenza di zone cutanee dallo
spesso strato corneo come quelle callose.
Si possono ritenere come livelli di sicurezza i 25 volt in
corrente alternata e i 60 volt in corrente continua. Correnti ad
alta frequenza (f >>50 Hz) sono meno pericolose di quelle a
50 Hz.
Alcune apparecchiature speciali (antenne televisive, recinzioni elettriche, apparecchiature elettromedicali, interruttore di prossimità etc.) hanno parti metalliche accessibili collegate a circuiti attivi tramite un’impedenza di valore elevato. Per garantire dal pericolo dell’elettrocuzione, il costruttore deve fare in modo che la corrente che può attraversare il corpo di una persona durante il servizio ordinario, non sia superiore a 1mA in corrente alternata o a 3mA in corrente continua. Le parti metalliche che non devono essere toccate durante il servizio ordinario devono presentare una tensione di contatto che non deve dar origine, attraverso il corpo della persona, a correnti non superiori a 3,5 mA in corrente alternata e a 10 mA in corrente continua.
Una corrente continua con una intensità di circa 50 mA o, una corrente alternata di 7 mA sono in grado di provocare contrazioni tetaniche ad una mano impedendole di staccarsi dalla sorgente.
Una corrente di circa 100 mA e frequenza di 60 Hz che attraversi per la durata di un secondo il torace è in grado di provocare una fibrillazione ventricolare.
L’applicazione nell’area dell’encefalo di una corrente tra i 400 e 800 mA provoca una immediata crisi epilettica, ma già con 250 mA è possibile indurre la crisi, basta prolungare il tempo di esposizione così come fino ad alcuni anni fa era in uso fare nelle terapie contro alcune forme di schizofrenia. Per fortuna la pratica dell’elettroshock oggi è abbandonata per dubbia efficacia.
Notare come la corrente alternata si
dimostra più pericolosa di quella continua per circa 4,5 volte.
La pericolosità della corrente diminuisce all'aumentare della frequenza poiché ad alte frequenze la corrente tende a fluire solo sulla superficie della pelle. Il fenomeno si chiama appunto effetto pelle e le lesioni provocate dal passaggio della corrente elettrica sono solo superficiali e non interessano organi vitali, in ogni caso una penetrazione a livello cellulare, si è visto che, le membrane non risentono dei repentini cambi di polarità ed il trasporto ionico non risulta alterato.
Dare dei valori precisi alla resistenza elettrica del corpo umano risulta piuttosto difficoltoso essendo questa influenzata da molte variabili: percorso della corrente, stato della pelle (presenza di calli, sudore, umidità, tagli, abrasioni etc.), superficie di contatto, tensione di contatto (sperimentalmente si è visto che all’aumentare della tensione diminuisce la resistenza). L’impedenza transtoracica di un adulto varia tra i 15 e i 150 Ohm. È evidente che con questi valori è possibile solo una valutazione statistica, e quindi, le norme CEI fanno riferimento a valori convenzionali riferiti ad un campione medio di popolazione. Nel caso di un contatto che avvenisse tramite strati isolanti (guanti, calzari, pedane etc.), alla Rc occorre ovviamente aggiungere la resistenza di tali materiali. Ogni individuo reagisce in modo diverso al passaggio della corrente per cui la quantità di corrente necessaria ad innescare una fibrillazione può variare da caso a caso; nonostante questo, il percorso seguito dalla corrente ha una grande influenza sulla probabilità d’innesco. Per questo motivo è stato definito un “fattore di percorso” che indica la pericolosità dei diversi percorsi seguiti dalla corrente considerando come riferimento il percorso mano sinistra-piedi.
Fulminazione generalità
Se la differenza di potenziale tra nuvola e terra supera un
valore compreso tra gli 80 milioni e il miliardo di volt, l'aria
viene perforata dalle cariche elettriche e si ha il fulmine, con
una corrente che ha un valore medio di 10.000 ampere e un valore
limite pari a 200.000 ampere.
La perforazione non è istantanea. Dalla nuvola parte una scarica
iniziale (detta "scarica pilota" o "scarica leader")
non visibile, che procede a scatti con una velocità di 100
chilometri al secondo. Dalla terra parte una scarica di segno
opposto, detta di richiamo. Al momento dell'incontro tra le due
scariche si ha il fulmine, una scarica finale chiamata scarica di
ritorno a velocità di 50.000 Km/sec.
La
corrente raggiunge il picco massimo in un tempo brevissimo pari a
qualche microsecondo, mentre globalmente il fenomeno può durare
da qualche decina o qualche centinaia di microsecondi.
Al suo interno il fulmine può sviluppare una temperatura di 15.000
gradi centigradi. Il calore espande l'aria ed è questa
espansione che provoca il tipico rumore del fulmine, ovvero il
tuono. Poichè il suono si propaga a 340 metri al secondo, mentre
la luce a 300.000 chilometri al secondo, si ha una differenza tra
la visione del fulmine (lampo) e la percezione del tuono.
Quando
un fulmine colpisce una persona, nel corpo può entrare
attraverso le aperture del cranio, cioè occhi, orecchie, naso e
bocca e si scarica a terra dopo aver percorso il sangue e il
sistema nervoso. Come conseguenza più probabile si può avere
asistolia e paralisi dei muscoli respiratori, ma mentre il cuore
può riprende a battere autonomamente, i polmoni hanno bisogno
della ventilazione assistita, in assenza della quale la morte può
giungere per anossia cerebrale.
È
possibile che con un adeguato e precoce soccorso circa il 70%
delle persone colpite da un fulmine può sopravvivere senza danni.
(fig. 5)
In
figura sono rappresentate, in base al valore della corrente (espresso
in mA) e alla durata del fenomeno (in secondi), quattro zone di
pericolosità, per una frequenza
compresa tra i 15 e i 100 Hz:
· Zona 1 - al di sotto di 0,5 mA la corrente elettrica non viene percepita (si tenga presente che una piccola lampada da 15 watt assorbe circa 70 mA).
· Zona 2 - la corrente elettrica viene percepita senza effetti dannosi.
· Zona 3 - si possono avere tetanizzazione e disturbi reversibili al cuore, aumento della pressione sanguigna, difficoltà di respirazione.
·
Zona 4 - si può arrivare alla fibrillazione ventricolare e alle
ustioni.
Quando una corrente elettrica attraversa un corpo umano può produrre effetti pericolosi consistenti generalmente in alterazioni delle varie funzioni vitali, in lesioni: al sistema nervoso, ai vasi sanguigni, all’apparato visivo e uditivo, all’epidermide etc. Alcuni tra questi effetti risultano essere particolarmente pericolosi.
La tetanizzazione
Si ha
quando i muscoli rimangono contratti fino a quando il passaggio
di corrente elettrica non cessa del tutto.
Il
valore più grande di corrente per cui una persona è ancora in
grado di staccarsi dalla sorgente elettrica si chiama corrente di
rilascio e mediamente è compreso tra i 10mA e i 15mA per una
corrente di 50Hz. Da notare che correnti molto elevate non
producono solitamente la tetanizzazione perché quando il corpo
entra in contatto con esse, l’eccitazione muscolare è
talmente elevata che i movimenti muscolari involontari
generalmente staccano il soggetto dalla sorgente.
Diversamente,
con l’esposizione ad un appropriato flusso di corrente, il
processo di contrazione delle miofibrille muscolari rimane
bloccato da una depolarizzazione forzata e non volontaria del
sarcolemma, dovuto ad un elevato flusso elettrico proveniente sia
dalle fibre nervose che da altri e contigui sistemi di conduzione.
L’estemporaneo processo obbliga lo ione calcio 2+,
come per un segnale proveniente dalla placca motoria, ad
impegnare per un tempo prolungato la tropomiosina C, la quale sarà
costretta a liberare i siti di aggancio presenti sui miofilamenti
di actina e consentire alle teste della miosina la contrazione
muscolare (fig.6)
Quando il processo sopradescritto colpirà diaframma e muscoli
respiratori può intervenire il blocco della respirazione. Per
correnti più alte si può avere lo spasmo della laringe o, l’inibizione
dei centri del respiro presenti nel bulbo, se la scarica
interesserà la regione encefalica.
(fig. 6)
La
corrente elettrica, a seguito del calore dissipato per effetto
Joule, riscalda le parti attraversate, è lesiva per le pareti
cellulari sia per la presenza del campo elettrico che perturba le
forze intermolecolari di van der Waals, sia per il superamento
della temperatura di transizione che, facendo vibrare le code
idrofobe del doppio strato fosfolipidico queste passerebbero allo
stato fluido. Inoltre ha un’azione di denaturazione delle
proteine per rottura del legame p presente nel doppio legame del
gruppo carbossilico nella sequenza degli aminoacidi (fig. 8).
(fig. 7)
Altri
fenomeni sono la termocoagulazione. Si possono avere ustioni
superficiali o profonde.
La necrosi muscolare si manifesta anche con l’immissione in
circolo di grandi quantità di mioglobina che risulta essere
nefrotossica.
Nel
caso in cui la pelle venisse esposta per un flusso di corrente la
cui densità fosse di circa 60 milliampere per mm2,
questa sarebbe carbonizzata in pochi secondi.
Fibrillazione generalità
Il
cuore funziona grazie a stimoli elettrici, pertanto una corrente
elettrica esterna può alterare il suo funzionamento fino alla
fibrillazione ventricolare
E’
l’effetto più pericoloso, ed è dovuto alla sovrapposizione
delle correnti provenienti dall’esterno con quelle
fisiologiche che, generando delle contrazioni scoordinate, fanno
perdere il giusto ritmo al cuore. Il cuore ha la funzione di
pompare il sangue lungo le vene e le arterie del corpo. Per
questo scopo, i muscoli del cuore, le fibrille, si contraggono e
si espandono ritmicamente a circa 60/100 volte al minuto. Questi
movimenti sono coordinati da un vero e proprio generatore d’impulsi
elettrici, il nodo seno-atriale. Appositi tessuti conduttori si
incaricano di propagare questi impulsi che, passando
attraverso il nodo atrio-ventricolare, arrivano alle fibre
muscolari del cuore. Quando gli impulsi
elettrici arrivano alle fibrille, queste ultime producono le
contrazioni dando luogo al battito cardiaco. Il cuore, proprio a
causa della natura elettrica del suo funzionamento, è
particolarmente sensibile a qualunque corrente elettrica che
proviene dall’esterno, sia essa causata da uno shock
elettrico che introdotta volontariamente, come nel caso del pace-maker.
La corrente generata dal pace-maker è semplicemente un supporto
agli impulsi elettrici prodotti nel nodo seno-atriale e non
produce anomalie nel normale funzionamento del cuore ma lo aiuta
a correggere certe disfunzioni. Una corrente esterna che
attraversa il cuore potrebbe in questo caso avere effetti molto
gravi per l’infortunato perché potrebbero alterarsi
la sincronizzazione ed il coordinamento nei movimenti del cuore con
paralisi dell'operazione di pompaggio del sangue. Questa
anomalia si chiama fibrillazione ed è particolarmente
pericolosa nella zona ventricolare perché diventa un fenomeno
non reversibile in quanto esso persiste anche se lo stimolo è
cessato. Meno pericolosa, grazie alla sua natura reversibile, è
invece la fibrillazione atriale.
La
fibrillazione ventricolare è reversibile entro i primi minuti
soltanto se il cuore è sottoposto ad una scarica elettrica
appropriata. Solo così si possono evitare gravi danni
al tessuto miocardico, al cervello e nel peggiore dei casi la
morte dell’infortunato.
Il
tessuto miocardico per sua natura è un conduttore, ed in molte
zone le cellule sono organizzate in microcircuiti. Queste riconoscono
in un gruppo di cellule del NS la proprietà di circuito primario. La
funzione contrattile si esplica quando il segnale elettrico dal
circuito primario abbia attraversato per induzione tutti i
microcircuiti e da questi in tutte le cellule, giungendo alla
periferia.Quando i circuiti secondari, per una delle tante cause,
e fra queste l’influenza di una corrente esterna non
riconoscono il circuito primario perdono la capacità di una
depolarizzazione sincronizzata.
L’invasione
di un flusso di corrente elettrica esterna avente un valore di
induzione elettromagnetica notevolmente elevato, che per la sua
durata colpisce anche nel periodo di vulnerabilità, distrugge il
delicato equilibrio dove i microcircuiti vengono attivati e
sottratti alla dipendenza del circuito primario, con conseguenti
depolarizzazioni autonome, perdita del sincronismo, contrazione
di tipo vermicolare, maggior consumo di molecole di
adenosintrifosfato.
Qualora
questo fenomeno fosse di breve durata (un tempo inferiore al
ciclo cardiaco), e i valori della intensità non fossero elevati
(< 70 mA), è possibile che possa verificarsi solo l’azzeramento
dei potenziali elettrici, lasciando la facoltà alle cellule del
circuito primario di riprendere la sua normale funzione come in
una defibrillazione.
Proprio
questo risultato viene raggiunto impiegando il
defibrillatore, un'apparecchiatura medicale che applica un
impulso elettrico al torace dell'infortunato tramite due
elettrodi. I fattori che possono rendere probabile l’innesco
della fibrillazione ventricolare sono diversi, tra questi
sicuramente c’è l’intensità della corrente che
attraversa il corpo nell’unità di tempo, di cui una piccola
parte passa attraverso il cuore e causa la fibrillazione. Questa
valore è molto difficile da determinare in modo certo,
nonostante i numerosi studi che sono stati realizzati per
valutare il minimo valore di corrente che può dare inizio a
questo fenomeno, l’impossibilità di realizzare esperimenti
diretti con l'uomo rendono molto difficoltosa una raccolta di
dati sufficientemente attendibili.
La defibrillazione è una
pratica terapeutica che utilizza una scarica controllata di
corrente elettrica allo scopo di correggere anomalie funzionali
su basi elettriche del cuore. Essa è largamente usata nella
cardioversione di molte turbe del ritmo. In un arresto cardiaco,
dovuto a fibrillazione ventricolare o a tachicardia ventricolare
senza polso, al momento della scarica, la corrente che riesce a
colpire il cuore non supera il 4% del totale, tutto il resto si
disperde ramificandosi in altri tessuti. La quantità di
elettroni che sono messi in campo sono tra i 30 e i 40 Ampere per
una corrente monofasica scaricati tutti in 3-5 msec. L’effetto
che si ottiene è una simultanea depolarizzazione di tutte le
fibre del miocardio. Dopo il silenzio elettrico le cellule del NS
sono in condizioni di iniziare le depolarizzazioni guida.
Le prime esperienze di defibrillazione le fecero
i Russi nel 1952 utilizzando corrente alternata di rete per
correggere turbe del ritmo cardiaco, ma il primo che si occupò
della defibrillazione elettrica moderna fu l’americano Paul
Maurice Zoll, nel 1953 egli dimostrò che entro i primi minuti un
cuore in arresto se opportunamente stimolato con una corrente
elettrica può riprendere la sua attività. In seguito egli si
occupò della costruzione dei primi defibrillatori.La corrente
che è in uso nel cuore è di natura elettrochimica e quindi di
tipo continua, di conseguenza i primi defibrillatori, che ancora
oggi resistono, erano dei monofasici. Erano costruiti in modo
semplice perché utilizzavano una corrente continua da un pacco
batterie o da un trasformatore, avevano un regolatore di tensione
e un condensatore le cui armature erano gli elettrodi entro i
quali doveva trovarsi il cuore al momento della scarica.La
seconda generazione fu quella dei defibrillatori semiautomatici,
che consentivano a laici di eseguire una defibrillazione in
quanto la macchina era in grado di stabilire se il ritmo era
defibrillabile esonerando l’operatore dal fare una diagnosi.
Oggi i nuovi defibrillatori bifasici utilizzano onde sinusoidali
tronche o, ancora meglio rettilinee,hanno tempi di ricarica
ridotti (4 sec.) e tempi di scarica da 5 a 10 msec con un’energia
di lavoro standard inferiore ai 200J ed il tempo di scarica
fermato quando un processore rileva l’avvenuta efficacia
riducendo ulteriormente i danni collaterali relativi all’effetto
Joule sulle cellule colpite.L’AHA, che per prima ha
applicato un algoritmo della defibrillazione, stabiliva range
utili di energia da utilizzare che andavano da 200J a 360J per
gli adulti e nei bambini da 2 a 4 J/Kg per i monofasici, tenuto
conto che la soglia minima efficace è stata calcolata tra i 175J
e 320J. Per i defibrillatori bifasici i livelli partivano da 120J
e arrivavano fino a 200J.Altro genere di defibrillatori sono
quelli automatici impiantabili, sono in grado di riconoscere ed
automaticamente convertire una fibrillazione ventricolare, le
loro minuscole dimensioni consentono anche un impianto sottocute
in quelle persone soggette a ricorrenti fenomeni di questa
aritmia.
In conclusione il successo di una defibrillazione, per quanto brillanti possano essere le nuove macchine resta legata al tempo d’intervento, alla possibilità di trovare un cuore non in ipossia, non in acidosi metabolica, e che ancora resiste una certa scorta di molecole di ATP senza le quali le teste dei miofilamenti di miosina non agganceranno l’actina con impossibilità alla contrazione muscolare.