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dal 7 maggio al 16 giugno 2002
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teatro
Out Off presenta:
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di Pier Paolo Pasolini
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con Matteo Caccia, Marco Foschi, Annibale Pavone, Enrico Roccaforte, Cinzia Spanò, Rosario Tedesco
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costumi Cristina Da Rold
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scenotecnica
Cangini e Alberto Bartolini
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assistenti Claudio Angelini e Laura Giovannini
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direzione
tecnica e luci Alessandro Canali
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regia di Antonio Latella
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produzione Teatro Out Off
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Una sconvolgente ed interminabile maratona di versi che tolgono
il fiato.
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Una marcia di lineare musicalità con un timbro e un ritmo
ossessivo, cadenzato dal susseguirsi delle parole, pari allo stillicidio
di una goccia che con vibrante ossessività va a rompersi sulla pelle
dei tamburi.
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Una rivoluzione di parole che creano una crepa in tutto ciò
che non muta, nella storia che si ripete con la vergogna prevedibile del
potere politico.
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Una poetica corsa alla ricerca di una luce da contrapporre alla
luce accecante della ragione. Il grande teatro di Pier Paolo Pasolini è
il teatro di parola.
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La parola diventa tutto: armi, architettura; diventa essa
stessa lo spazio teatrale, il luogo scenico della mente dove gli uomini
si fermano ad ascoltare e a riflettere; dove il testo, gli attori, l’autore,
il pubblico, sono messi alla pari; partecipano ad un grande abbraccio
culturale, affinché il rito possa essere ancora una volta compiuto.
Come dice Pasolini nel suo Manifesto teatrale: «Il teatro di parola non
ha alcun interesse spettacolare, mondano, ecc., il suo unico interesse
è l’interesse culturale, comune all’autore, agli attori e agli
spettatori, Il suo teatro non è e non sarà mai il teatro del
chiacchiericcio, dell’urlo senza ragione d’essere. Una sfida
avvincente che i cinque giovani attori che mi accompagnano in questo
viaggio, accettano di affrontare con una totale adesione, affinché le
loro anime possano essere parola, e nella loro mente il battito del
cuore sia così forte da tentare la strada della non ragione contro la
ragione (come fanno i poeti, i folli, gli assassini).
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Antonio Latella
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Pilade,
la prima delle sei tragedie scritte da Pasolini, è una sorta di
autobiografia ideale, che riprende tema e personaggi dalla Trilogia Orestiade di Eschilo, tradotta da Pasolini per Gassman. La scena si
apre sulla piazza di Argo. Il matricida Oreste ritorna in città
proponendo il culto della dea Atena che rappresenta la Ragione. Con l’assoluzione
di Oreste la città di Argo, che simboleggia il pubblico, si prepara
così a divenire la città del futuro, razionale, fredda e severa. Sulla
scena compare il timido Pilade, in cui s’identifica Pasolini,
l'intellettuale rinchiuso nel proprio mondo che può solo gridare alla
Ragione la propria bestemmia, suggello della sua impotenza della sua
sconfitta, della sua diversità sessuale e spirituale.
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Antonio
Latella,
attore napoletano trentenne (ha lavorato con Castri, Ronconi, Gassman,
De Capitani, Syxty). In questi ultimi anni ha alternato la sua attività
di attore a quella di regista. Con il Teatro Out Off ha realizzato tre
spettacoli, Agatha di
Marguerite Duras (1998), Otello di William Shakespeare (1999) e Stretta sorveglianza di Jean
Genet (2001). Per il teatro Argot di Roma ha messo in scena Macbeth di W. Shakespeare (2000); per Fontana Teatro, Romeo e Giulietta di W.
Shakespeare (2000) e Amleto
di W. Shakespeare (2001); per il teatro Nuovo di Napoli Negri di J. Genet (2002).
Nel 2001 ha vinto il premio speciale UBU per il progetto Shakespeare e
il premio Coppola Prati.
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Il martire ai vivi
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Coscientemente ho cercato la morte dopo una breve
giovinezza, che pure a me pare eterna, essendo l’unica l’insostituibile
che io avessi avuto in sorte.
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Coscientemente ho rinunciato all’inenarrabile gioia di
essere al mondo con me stesso, e i miei genitori e mio fratello e tutti
voi; ma ho pagato questa mia rinuncia con uno strazio tale che solo un
vivo può comprenderlo.
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Coscientemente fui martire dopo un anno di lotte, di
fame, di patimenti, di sofferenze, di guerre; eppure essere stato un
valoroso era ben nulla: nulla, poiché non c’è confronto possibile
fra tutto ciò che è di codesta vita e il silenzio terribile della
morte.
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Ora, io, martire, mi rivolgo a voi vivi.
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Non per digradarvi con questa mia umana grandezza, che,
cercata per se stessa, con la generosità innocente di chi non aveva
ancora vent’anni, è finita con me, in questo assoluto silenzio, ed io
non chiedo compensi di nessuna specie. E’ stato il mio cuore
entusiasta che mi ha portato a questo incredibile sacrificio: io non
potevo sopravvivere al mio entusiasmo; e accetto, così, la mia sorte.
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Io mi rivolgo a voi per raccomandarvi di non dimenticare
i sentimenti che mi hanno condotto alla morte, e gli ideali che mi fanno
martire.
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L’Italia non è caduta, ed io non la vedo nemmeno
toccata dagli avvenimenti di questi ultimi anni della storia, poiché la
sua grandezza è tutta spirituale, e si innalza al di sopra di tutte le
miserie nostre e altrui. E’ per questa spirituale grandezza che io
sono morto.
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E a chi si mostri sfiduciato davanti alla miseria della
Patria, io dirò che mai in tutta la sua storia, essa ha potuto contare
un numero così grande di martiri che la glorificano, come in questi
anni che possono sembrare sconfortati e non lo sono.
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In questa spirituale grandezza della Patria, a cui io vi
supplico di credere, voi troverete specchiati e riassunti tutti gli
affetti che mi hanno fatto morire per lei.
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Pasolini
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GLI ATTORI E I PERSONAGGI
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“Se un uomo è uguale ad un altro uomo, tanto
uguale da essere lo stesso, quale dei due è quello vero? Ma il lettore
non si fidi di me.”
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Rosario Tedesco
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“ Mentre pian piano
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la primavera cede il posto all’estate…
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e tuttavia piango, perché non dico addio
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a qualcosa che conosco da poco
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e che si può sostituire…
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Il mio pianto è qualcosa di più profondo: perché
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non è il mio cuore a perdersi, ma il mondo che lascio.
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Eccolo laggiù – già ferocemente felice.
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Il mondo dove invece tu resti.
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Si fa lontana la città…
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Fantasma contro il sole che tramonta,
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e dice che prima di cena bisogna essere a casa…
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E io invece perdo tutto, me ne vado,
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e il mio pianto e così terribile
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che non sembra risuonare più dentro di me,
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ma fuori, nell’ombra ancora incerta che ci divide,
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nello spazio dove cielo e città stanno bianchi e immoti
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contro lo spettro del sole.”
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Oreste
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“La rabbia, la paura non sono di per sé,
piuttosto esse sono la testimonianza dell’incapacità di rapportarsi
al tutto.”
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Marco Foschi
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“C’è nell’uomo
un diritto ( a perdersi, a morire ) che Atena non sorveglia e che nessun’altro
Dio conosce. Ebbene, io ora lo esercito.”
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Pilade
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“Se tutto attorno si muove,
io mi afferro dentro.”
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Cinzia Spanò
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“Cos’è questa
luce? Tutto il mondo cambia intorno, d’improvviso, non lo vedete?”
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Elettra
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“Non riusciamo a pensare a una realtà che sta
oltre al sistema in cui viviamo.
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Perché il sistema è quello che vogliamo o perché il
prezzo da pagare per andare oltre è la disperazione di Pilade?
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Perché non possiamo capire o perché per paura
rinunciamo a provarci?
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E l’inquietudine è il filo sottile che ci lega
comunque a quell’abisso?”
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Annibale Pavone
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“Noi non siamo uomini
ispirati … Abbiamo bisogno di un pensiero divino e primo…Abbiamo
bisogno di una virile forma di soggezione e obbedienza…Che ci consenta
di vivere come non possiamo che vivere…”
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Coro
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“Il potere è
come il profumo del pane, ammalia e assuefa”
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Matteo Caccia
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"Che cosa
importa dove e come si è nati! La buona grazia del vivere è una
sola"
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Contadino
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“La coscienza umana, è quella la vera prima meta.
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Dividere e unire cuore, testa, emozioni e riflessioni.”
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Enrico Roccaforte
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“Il sole era alto, e io riposavo; e , riposando,
ascoltavo, mezzo addormentato, il canto degli uccelli.
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Quand’ecco che vedo, nella luce, una luce più forte: e
sento, tra i canti, una voce infinitamente più chiara e dolce dei
canti.”
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Ragazzo
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