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Don Chisciotte cavaliere degli
psicofarmaci
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Puntando con decisione a trasformarsi in un' vivace,
crocevia di nuovi testi italiani e stranieri, l'Out Off di Milano
propone Naufragi di don Chisciotte, squassante variazione sui temi del
capolavoro di Cervantes a opera del trentaduenne autore pisano Massimo
Bavastro. Sensibile alle suggestioni di una lingua delirante e
degradata, attento agli universi della sofferenza psichica e della
marginalità sociale, Bavastro traspone con più o meno pretestuosa
libertà metaforica il «cavaliere dalla triste figura» e il suo
scudiere nelle figure di due drop-out che vagano per i "carrugi"
di Genova in preda al delirio degli psicofarmaci.
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Incapaci di distinguere la realtà dall'allucinazione,
convinti che i sedativi di cui vengono imbottiti impediscano di
riconoscerei mostri che riempiono la loro vita, i due si avventano sui
macchinari dei cantieri edili scambiandoli per draghi, si sentono
ossessivamente circondati dai "neri" subdoli e minacciosi
che popolano la città multietnica, si masturbano davanti, a ignote
Dulcinee intraviste alla finestra. Uno dipende dalla madre fanatica
religiosa e maniaca di acque benedette, l’altro da una moglie che
non gli vuole dare figli. Così si ritrovano a spargere in mare il
proprio seme, per fecondare i pesci che fendono le onde dando un senso
alla loro vita chiusa e sedentaria. Questa immagine finale, patetica,
grottesca, straziante, è fra le invenzioni più forti di un testo
bello e dolente che in certi
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stridori lividi ricorda un po’ Cioni Mario, il
monologo di Giuseppe Bertolucci che segnò l’esordio di Benigni:
forse solo il troppo affetto dell'autore per i suoi personaggi causa a
tratti qualche calo di tensione. Ottimamente diretti da Lorenzo Loris,
sono bravissimi i due protagonisti, Gigio Alberti, un Rancho Panza
ingombrante e logorroico che è il vero elemento trainante della
coppia e il sorprendente Mario Sala, un inedito don Chisciotte
onanista e farfugliante, "mezzo matto e mezzo bulicio», di
irresistibile impatto emotivo.
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Renato Palazzi, Il Sole 24 ore, 13 gennaio 2002.
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