SORELLE NELL’ECLISSI
 
Sovvertendo un andazzo da sempre diffuso nel Teatro italiano, l’Out Off di Milano apre la sua stagione con una novità di autore italiano, un genere di produzione di solito regalato a riempire vuoti di programmazione o serate di incerta affluenza alle soglie dell’estate. Prendendo ugualmente le distanze da consuetudini drammaturgiche ormai radicate, La seconda Eclissi di Roberto Traverso è un testo ben lontano da tentazioni minimaliste e da cliché banalmente quotidiani, un tentativo di thriller metafisico dal linguaggio complessivo e dalle ambizioni tutt’altro che limitate.
Nella metaforica soffitta di quella che è presumibilmente la dimora avita, avviene – dopo lungo distacco – l’incontro fra due bizzarre sorelle, una forse incinta di tre gemelli, l’altra preda di impenetrabili visioni. In una stanza accanto, oltre la porta, si avverte la presenza di un uomo misterioso, che ci viene descritto ora come un accattivante seduttore, ora come una specie di prigioniero, legato e stordito da un colpo alla testa per punizione di qualche eccesso amoroso. Si scoprirà più avanti che l’invisibile maschio, in cui a turno giocheranno a identificarsi le protagoniste, se la fa evidentemente con entrambe.
Ma a Traverso non interessano tanto gli incastri del sentimento, quanto una più sottile trama di enigmatici soprassalti interiori. Ponendo gli avvenimenti sullo sfondo di un’eclissi di sole, con gli inquietanti influssi attribuiti a tali fenomeni celesti, egli crea sinistri paralleli con gli effetti di una precedente eclissi durante la quale un cane improvvisamente inselvatichito aveva azzannato a morte il padre delle due ragazze: preda di analoghi, oscuri richiami, anch’esse sembrano regredire agli impulsi e alle paure di un disinibito stadio infantile, affondano la bocca dentro ciotole canine, sviluppano istinti candidamente sanguinari.
Vincitore di un concorso al Teatro di Roma, dove ha debuttato lo scorso luglio, La seconda eclissi è interessante soprattutto per la scrittura sinuosa e ricca di segrete risonanze, mentre la costruzione dell’intreccio – che pure scorre a ritmo sostenuto – ha qualche risvolto un po’ farraginoso. Ma lo spettacolo, allestito con insolita vena introspettiva da Lorenzo Loris, tutto sommato non fa mai cadere l’attenzione, grazie anche al suggestivo impianto scenografico di Emanuela Pischedda, funereo paesaggio di lastre metalliche e legno sconnesso, e alla forte interpretazione di Laura Marinoni e Paola Baldini.
 
Renato Palazzi, Il Sole 24 ore, domenica 8 ottobre 2000.

 

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