UN AMBIGUO MELODRAMMA NORDICO
 
Proseguendo nella meritoria linea di costruire le sue stagioni prevalentemente sui nuovi testi di autori contemporanei, l'Out Off di Milano propone stavolta Bruciati dal ghiaccio, soffocante dramma famigliare — rappresentato per la prima volta in Italia:— del quarantaquattrenne drammaturgo danese Peter Asmussen. Asmussen è soprattutto noto in Europa, oltre che per le opere teatrali, per avere firmato la sceneggiatura di un celebrato film di Lars Von Trier, Le onde del destino, tutto dichiaratamente giocato sui grandi sentimenti e sui risvolti melodrammatici. Anche Bruciati dal ghiaccio sembra partirei da simili elementi, sviluppandoli tuttavia attraverso gli artifici e i giochi di specchi di una scrittura assai più ambigua e stratificata. Proviamo a dare un'idea della complicatissima trama, perché da essa è inevitabile partire per cercare di inquadrare la personale cifra espressiva dell'autore. Diciamo subito che l’azione si svolge, in un'epoca imprecisata, ;che i molteplici riferimenti stilistici ai padri della, tradizione nordica indurrebbero a collocare tra fine Ottocento e inizio Novecento, ma che potrebbe esse indifferentemente spostata a qualunque altro scorcio del secolo, e persino ai giorni nostri, tanto è avara di ulteriori indicazioni temporali. Solo le musiche, dice Asmussen, "devono essere successive al suo anno di nascita, il 1957, con un effetto di eventuale contrasto che a seconda delle scene e dei costumi potrà risultare più, o meno spiazzante. lAl centro degli avvenimenti sembra esserci un anziano avvocato crudele e inaridito dalla vita, che in gioventù ha sedotto una giovane abbandonandola quando costei era rimasta incinta, e che ora per avere modo di vedere la figlia è disposto a qualunque ricatto e malefico intrigo. Il baricentro del testo si sposta nella casa delle due donne delle due donne, dove un inviato del vecchio si innamora - ricambiato - della ragazza, le invia poetiche missive,
ma sul punto di fuggire con lei perde le gambe in un incidente. Gli si sostituisce il fratello gemello, a sua volta preso da incontenibile passione,
ma Io scambio di persona fa morire di crepacuore lo sventurato oggetto dì tanto desiderio, e poi forse anche il padre, finito a ogni buon conto dal mutilato a colpi di stampelle. Già così la sovrabbondanza dell'intrecciò sembra troppa per essere vera: e a tutto ciò va aggiunta una serva incinta,
un possibile rapporto tra lei e il secondo dei gemelli, un'infinita serie di simmetrie, deviazioni, falsi indizi. C'è un gusto del racconto d'appendice
che di fatto però non sembra |portare a nulla, è un, trompe-l'oeil, una pura costruzione formale piena di eccessi e di volute inverosimiglianze psicologiche. E c’è un apparente richiamo ai simbolismi ibseniani, il passato che ritoma, gli spettri dell'anima ma anche sulla serietà di questi intenti è difficile giurare, perché in essi parrebbe prevalere più che altro il piacere mentale della citazione; del rimando allusivo, forse addirittura di una certa vena parodistica. La verità è che probabilmente Asmussen gioca sul filo sottile di questa consapevolezza postmoderna, compone un affascinante collage di situazioni già affidate alla memoria culturale, ingannevolmente torride, in realtà gelidamente stranianti, al centro delle quali è il tentativo di rispondere a un sole vero interrogativo: cosa ci tiene effettivamente in vita? Così il regista Lorenzo Loris, di solito portato alla forzature tonali, sceglie qui di assecondare la natura sfuggente di un tale assetto linguistico, frena opportunamente, l'empito interpretativo di Elena CalIegari e degli altri attori, cala l’inferno domestico entro cui si muovono — sottolineato dai costumi di impronta strindberghiana – in un clima ovattato e rarefatto, quasi al
limite di una vaga astrazione. «Bruciati dal ghiaccio» di Peter Asmussen, regia di Lorenzo Loris, Milano, Teatro Out Off, tino al 25 novembre.
 
Renato Palazzi, Il Sole 24 ore, 4 novembre 2001.

 

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