La vita è una macchina rumorosa che avanza
senza scopo e non produce nulla>>. Questa
la
battuta di uno dei protagonisti del
claustrofobico
dramma familiare «Bruciati dal ghiaccio» del
danese
Peter Asmussen, per la prima volta rappresentato
in
Italia, con la regia di Lorenzo Loris. In un
interno grigio
come l'anima dei protagonisti, fra situazioni che
sfiorano
il melodrammatico, un avvocato che abbandona in
gioventù una donna incinta che avrà poi una
bimba, un
incidente che inchioda ad una carrozzella un
innamorato, tra cuori governati dall'apatia,
dall'egoismo, da un gelo che uccide ogni istanza,
tra
morti per mancanza d'amore e di speranza, tra
passato
che ritorna portando con sé spettri dell'anima e
un
futuro improgettabile, tra l'abitudine che ti dà
la certezza
d'esistere, si fa strada lacerante la domanda di
che senso
abbia la vita nei suo patetico, inesorabile,
rumoroso
meccanismo. E sembra essere questa l'impossibile
domanda e l'impossibile risposta che sostiene
questo
interessante testo, nel quale si sentono echi dei
grandi
scrittori nordici, le lucide, laceranti brume di
Strindberg,
l'inesorabilità dell'infelicità ibseniana. Un
testo dalla
trama complicata, che il regista Lorenzo Loris
immerge
in un interno non naturalistico, una sorta di
ostile landa
domestica, guidando con bella e nitida
incisività i suoi
attori in una recitazione drammaticamente
naturalistica
scevra da forzature di toni, riuscendo a far
lievitare la
domanda sui cui poggia la commedia. L'eterna
domanda cui il dramma sembra, infine, fornire
l'eterna
risposta: il mondo senza sentimenti è un abisso
di dolori,
una landa invincibile che uccide. Buona la prova
di tutti
gli attori, la dispotica, sofferta e trattenuta
madre di
Elena Callegari, l'ottimo avvocato disegnato con
ricercatezza di toni e intenzioni da Giovani
Battaglia, la
delicata, dolente figlia di Marina Remi, la serva
dì
Nicoletta Mandelli e Giovanni Franzoni impegnato
nel
ruolo di due gemelli.
Magda Poli, Corriere della Sera, mercoledì 7
novembre 2001.