segue il  Giornale di Ottavia Negri Velo

 

Trascrizione di Mirto Sardo  

 

 

1814

 

P.mo [gennaio 1814]

Gran gala per capo d’anno nell’uffizialità, e stuolo di generali. Andò in scena l’ordinata opera cattivissima atteso il prezzo non addatato ai tempi d’una migliore. Gran illuminazione al teatro onorato dal generalissimo Bellegarde, e 4 battute di mano alle future prosperità. Gran ciarle della Svizzera, uffiziali non uffiziali e caserme babiloniche.

Il re di Napoli Murat ora dicono i Tedeschi è nostro, ora è per noi, ora non ne dubitiamo. Poi vengono le gazzette di Padova, e di Roveredo, e si annunzia tutto, tutto uffizializzato, tutto color di rosa, eppoi, eppoi si guarda l’Adige, si si consuma, e si si istupidisce. I Tedeschi son per la Romagna, chi li dice battuti dai giandarmi, chi salvati dai popoli. Infine bolle una gran caldaja di cose. V’è una gran confusione. Non si sa cosa faccia Napoleone. Chi aspetta un Marengo, chi non dubita la conquista della pace generale. Infine Dio ci dia nel nuovo anno una conversione e una felicità, che il mondo non può ne imaginare ne dare.

 

2 [gennaio 1814]

Requisizioni, consumi e profusioni di generi, immobilità perpetua, e Bellegarde che vuol feste, e balli. Chi vede gli alleati a trascorrere tranquillamente la Svizzera per la Francia e per l’Italia, l’Olanda risorta, Wellington sul territorio francese, il re di Napoli Murat già alleato, e il vice-re a decidersi quando tutto ciò si rannodi. Altri vedono Napoleone più grande che mai, il suo genio superiore a tutto, imaginano i Marenghi in Italia, e la discordia, e le sconfitte degli alleati un dopo l’altro; credono la Spagna appena capace di salvare il proprio territorio, nonché invader validamente l’altrui: il Murat resta napoleonico che salverà il proprio interesse, e il vice-re d’un carattere a non cangiar giamai. Ecco in fondo le due opinioni regnanti, oltre le sciocchezze e fallacie del maggior numero. Quest’Europa traballante riesce d’un gran peso agl’intelletti giudiziosi, non si sa dove la bilancia voglia finalmente decidersi, e l’ingegno umano deve riconoscere ad evidenza che Dio solo conduce avvenimenti tanto straordinari, e tanto superiori a ogni umana capacità per dei fini amorosi di riccondur gli uomini a quella religione che conosce lui solo arbitro degli eserciti, e degli imperi.

 

3 [gennaio 1814]

Tutti i giorni si decanta le sorprese dei Francesi per piani e per monti; l’indolenza tedesca, le malattie e perdite giornaliere che i Tedeschi fanno all’Adige, poi s’inarca le ciglia, e si tace al sentire le notizie dell’Olanda, del Reno, del Brabante, e della Svizzera.

L’unica salva che hanno i bei spiriti si è di dire nulla crediamo, niente non è attendibile ne a voce ne in iscritto. L’Italia vive miseramente colle belle notizie lontane, e trema d’un non so qual sviluppo quando toccherà a lei di andare in scena. I Tedeschi si lagnano dei gran spioni che tentano di passar la linea dell’Adige.

 

4 [gennaio 1814]

Bellegarde disse ai Thiene dov’è alloggiato che uffizialmente ci dà la nuova che la Danimarca si è unita agli alleati. Ma ricercato del principe Eugenio ancora all’Adige rispose dolcemente: il vice-re non può più andare in Francia. (Ciò si uniformerebbe al primo manifesto d’Hiller a Trento: il vostro duce non mi può fuggire) e soggiunse ancora Bellegarde dopo la notizia dell’Olanda Napoleone non istà bene di salute. Tutte queste cose sarebbero significanti se i Vicentini non vedessero il proprio eccidio, e l’Adige. Si vuol due feste da ballo al Casin nuovo, e al vecchio. Si vuole per ospitale d’infermi San Pietro, o le dimesse, il primo è un sacro asilo di poveri, l’altro una proprietà. Si darebbe il soccorso, e il soccorsetto [= due pie istituzioni], ma tutto par poco a questa gente di case di legno: si spera però ancora. Le vendite fatte dal demanio per un tozzo di pane di tanti locali religiosi, in un paese popolato fa soffrire le conseguenze di quel turno di cose in ogni genere. Si dice gran infermi nell’armata tedesca, e dei maligni negli ospitali.

Oggi venne arrestato il conte Gaetan Trissino, perché essendo andato dal signor Gio Batta Novello di San Vido arrestato, gli disse cose per confortarlo cui non seppe precisare alla pulizia da dove le aveva udite.

 

5 [gennaio 1814]

Tutto và d’incanto per gli alleati fuori dell’Italia; qui all’Adige si è quasi disperati. Si dice che il quartier generale vadi a impallugarsi a Lonigo. Gran infermi Tedeschi per eccesso di mangiare: essi mostrano certamente una fame antica. Son tolte tutte le comunicazioni, e non si riceve lettere che rare volte. Molte ordinanze di sete, e stoffe. Bellegarde ha veduto San Pietro, tutti i poveri si gettarono in ginocchio, egli si comosse, donò loro una cedula di 100 fiorini, e salvò quell’asilo. Per le dimesse non vi andò nemmeno. E al socorso e socorseto disse: se io avessi da fabricar un ospitale non prenderei queste norme, ma al caso attuale si può renderle bastantemente a proposito. Queste cose piacquero al paese.

 

6 [gennaio 1814]

È venuto il generale Somariva. Le cose o son tutte false, o si deve vedere qualche sviluppo o militare o diplomatico all’Adige. La strada di Verona sembra la fine del mondo: le requisizioni, i gettiti, i prediali ci tribolano. I soldati sono indisciplinati, e barbari. I comandanti di piazza e di polizia, senza intendere la nostra lingua. Se si sente alcuni non v’è più Francesi al mondo e le cose vanno a meraviglia per gli alleati. Se si sente gli altri esaggerano in Italia i conflitti di castellaro, le molestie continue dell’inimico, e le perdite di 5 o 10 mille uomini Tedeschi. I fatti commessi da Hiller, la bravura del vice-re formato gran capitano, cento mille uomini a Torino di rinforzo, cento mille da Dijon che scendono in Italia, e 500 mille con Napoleone in Francia, che con una battaglia farà cangiar la faccia delle cose. Dove stia l’acciecamento il Cielo lo sa certo esso è sommo da ambi le parti, i miseri mortali ragionevoli che pagano e soffrono le vicende tremano da capo a piedi, e si trovano in un caos inesprimibile. Dio salvi il mondo dagli eccidi, e dalla perversità!

Frignan Calderari in processo per aver inavvertitamente fatto cadere un proclama, ed essendo imbecille, e infermo venne strascinato barbaramente dai soldati dal comandante di piazza e si sollevò quasi la gente. Il conte Gaetan Trissino venne liberato, e il giorno prima il Novello di Padova.

 

7 [gennaio 1814]

Oggi si dice che ai 10 il vice-rè abbandona Verona, e i Tedeschi v’entrano ai 11. Certo vi è qualche sviluppo. Dio lo risolvi in bene. Il tenente maresciallo Somariva dice che tutti son stanchi di guerra che non v’è che un solo che la voglia, che il congresso di Maneihm per la pace fu disciolto appena formato, che Napoleone alla maniera romana si è fatto dittatore che avremo la pace o questo marzo o che avremo per dieci anni la guerra. Gran sicurezza e gran silenzio regna nell’armata tedesca. Il sospetto delle opinioni e dello spionaggio li rende cautissimi.

 

8 [gennaio 1814]

Son venuti 3 milla uomini da Padova: pioggia a torrenti, minaccia di brentana. Feste da ballo al Casin nuovo domani e al Casin vecchio agli 11 sarcasmi per i Casini. S’incomincia a credere l’ingresso della Svizzera e un vicino sviluppo all’Adige.

 

9 [gennaio 1814]

Brentana e pioggia continua. festa al Casin nuovo. Profusione di generali Bellegarde, Somariva, Ritter, Stuterai, Vecchiai, Senola generale russo ec. ec. ec., il gobbo Merenzi tutto magnifico in divisa rossa e oro che parte finalmente per la Stiria a riunirsi al suo amico Hiller in questa settimana. La festa mi parve una lanterna magica. Gli aspiri alla pace e alla prosperità, i pesi importabili e giunti al colmo: le metamorfosi perpetue: l’aspetto dei cittadini venuti e non venuti, la pioggia eccessiva formarono una festa di conio moderno. Molta uffizialità in complesso gentile; molte signore, e pochi uomini, anzi un vuoto deciso. La sala però fu bastevolmente adorna, e brillante. Il bel locale piacque a tutti. Le nuove d’oggi sono che il vice-re sia andato verso Milano, e che abbia lasciato in Verona 10 mille uomini con ordine di ritirarsi in Mantova ciò non è conforme agli altri ben diversi discorsi, ma riesce sorprendente il sentire dagli alleati invasa la Svizzera, il re di Napoli del loro partito, la Romagna Tedesca, gl’Inglesi a Goro, e il vice-re tranquillo a Verona. Vedremo come in breve si svilupperà la cosa.

 

10 [gennaio 1814]

Si crede qualche sviluppo di cose anche in Italia. Chi crede il vice-re a far lo stesso che all’Isonzo chi dal preparativo di gran ospitali in Vicenza crede battaglie. Chi vede tutto contornato il vice-re, chi lo crede in situazione di conquistatore. Ma questo vice-re all’Adige forma certamente un enigma per gli uni, e una gran speranza per gli altri: in conformità di questi discorsi interminabili, senza esser documentati tutti che dal 1789 della rivoluzione francese son succeduti sempre degli avvenimenti perpetuamente imprevveduti e singolari. Dio ci rimiri con misericordia in ogni evvento.

 

11 [gennaio 1814]

Bellissima festa al Casin vecchio benché ristretto; gran sarcasmi nei soci stessi. Molti gener.li e uffiziali mandati agli avvamposti. corrier di Zurigo giunto a Bellegarde. Si dice gli alleati divisi dopo la Svizzera parte per la Francia, parte per i Pirenei, e parte per l’Italia. Ma il vice-re sempre all’Adige ogni giorno, ogni ora riesce un eccidio per noi, e l’ansietà di veder come terminerà questo imbroglio eccita tremore e curiosità. Giugne spesso truppa, ne va dal lato di Treviso, alle basse. I Veneziani Manin, Nani ricercano di ottener di asportar madre, e sorella da Venezia. Si dice colà un tumulto per derubar il ghetto.

 

12 [gennaio 1814]

L’occupazione della Svizzera ad onta della neutralità vien scusata con in trattato della sua falsa forma neutrale. Vengono truppe da tutti i versi, dal Canal di Brenta, da Vallarsa, e da Padova. Non v’è più fieni, ne legna, ne quasi speranza di vicina partenza. Si sente gran cose sul progresso degli alleati sul territorio francese, e si vanta apatia, e adesione dei Francesi, e mancanza di approvigionamento nelle fortezze, e privazioni di cannonieri, e fucili per le perdite straordinarie. Il re di Napoli, sennon alleato, almeno non attivo. Ma il vice-re è all’Adige solito ritornello di tutte le opinioni. La sinagoga dei nostri nuovi ospiti per i loro linguaggi forma ancora in questo una nuova confusione. Un uffiziale parlando delle cose correnti disse Napoleone maximum dicebatur, et erat, si non tentassent Moscovitas.

 

13 [gennaio 1814]

Si diffondono truppe a Schio e a Thiene, e Ville conterminanti. Vi saran 50 mille uomini sul territorio di Vicenza. Niente si comprende, tutto è immobile. Gazzet te di voli al territorio francese degli alleati, ma l’alleato tedesco in Italia sembra di piombo, e l’Adige arresta sempre il suo progresso. Noi siamo divorati, e consunti. Son giunti dei carri di feriti, cosa sarà mai? Si trema, e si spera unicamente nella providenza. È giunto un generale inglese.

 

14 [gennaio 1814]

Gran truppa in tutte le ville, insostenibile mantenimento, bastonate, e consumo totale di fieno, e legna. Cosa debba succedere il Cielo lo sa. Ordine di 10 nuovi forni in cavallerizza, indizio di stazione popolosa. Il Quartier generale scrive e gode la cucagna. I fogli publici sciorinano vittorie, e avvanzamenti in Francia in Italia sembra la situazione dell’Elba dell’anno scorso. La stagione si è fatta orrida, gli animi sono convulsi, le sostanze di ognuno per aria, ed esauste. E ancora si trova dei pazzi che procurano colle loro opinioni di trovar materia d’inasprire le più veraci piaghe morali e fisiche. Il flagello però è giunto ad un segno da far far giudizio a chiunque ne mancasse in ogni senso. Dio provvedi e sani.

 

15 [gennaio 1814]

Si dice che venirà a Vicenza il general Pignatelli Napoletano ciò indica l’Alleanza del re di Napoli. Quanti discorsi. Bellegarde disse: quando si ha fortuna si ha degli amici. Ora si dice che il vice-re attendi l’effetto di questa legazione ossia trattato per dichiararsi ancor lui: par certo che a momenti si vedrà un sviluppo: la stalia all’Adige tanto per noi fatale, sarebbe stata una trattativa diplomatica tanto utile agli alleati. Domani partiranno per Udine chiamati dal governatore principe Reuss i conte conte Giovanni Giacopo Thiene, Giulio Cesare Barbaran, i negozianti signor Fedele Lampertico, e Caldonazzo invece dei nominati signori Costantini e Giovanni Bortolan, non si sa per qual motivo, ma si teme qualche imposta straordinaria. Noi siamo divorati da una moltitudine di soldati, e non sappiamo se ci resterà fiato da batter le mani alla felicità dell’Europa. Si fanno due battaglioni di volontari italiani a Gorizia. Tassoni e conti si sono dati in nota, e i disertori italiani accorrono a questi nuovi, e più lusinghieri inviti.

 

16 [gennaio 1814]

Si aspetta il general Pignatelli con sommo impegno di Bellegarde per un buon alloggio. La città è rippiena, e vi è persino nelle case il quarto alloggio, e si è astretti di prender le case privilegiate. Chi lo tiene per il Pignatelli, gran democratico, chi ancora per un Pignatelli al servizio austriaco. Ognuno ne fa un argomento di speranze, o di timori si dice che vi sia più di 50 mille uomini sul nostro territorio. Se si continua la remora noi moriremo d’inedia. Chi crede guerra e inganni, chi coalizioni che faranno distender tutta l’armata tedesca al placido possesso di tutta l’Italia. Siamo alla vigilia di gran avvenimenti Iddio ci assisti, e ci salvi.

 

17 [gennaio 1814]

Questo è il primo giorno che si vede un deciso movimento nell’armata per progredire a Verona. I pontoni, la truppa allegra s’incamina a quella volta. Bellegarde disse delle cose obbliganti al prefetto Tornieri sui nostri gravosi pesi, e disse che in breve saran terminati. Non si sa come seguirà la facenda, ma si spera positivamente. Verona Verona dicono barbaricamente i nostri pesanti ospiti, e noi con Adige, e Verona sempre in bocca, ed esausti di generi e numerario, li mandiamo al di là di tutti i fiumi, e di tuti i monti a far goder a l’universo le loro proprie case e regioni, come base sicura di quelle prosperità che i pubblici manifesti sempre promettono.

 

18 [gennaio 1814]

È arrivato il generale Pignatelli il quale credeva libera Ferrara e dovette far altra strada disse i Napoletani faranno ritirare i Francesi, io ho divisa francese e sono Tedesco mi par di sognare: giunse alla mezza notte parlò con Bellegarde e partì al dopo pranzo, si crede al Quartier generale degli imperatori, e soggiunse ritornerò fra 15 giorni, ma in allora il Quartier generale si sarà avanzato. Tutti i giorni si va a Verona, ma diplomaticamente forse si si trattiene. Napoli dunque è alleato: del vice-re non si sa cosa credere: chi lo tiene per suddito e solamente generale perciò senza poter trattare, mai progressi degli alleati provenienti dalla Svizzera, il re di Napoli, e l’armata nostra che si va sempreppiù rinforzando fa credere che non resti più ritirata al vice-re, e che si debba chiudere in Mantova, arrendersi prigioniero ec. vedremo. Certamente non si sente cannone, e le comunicazioni di lettere dalla linea dell’Adige sono più facili di quel che dovrebb’essere in tal momento. Dio ci ajuti e ci liberi da tanti guai.

 

19 [gennaio 1814]

Ogni movimento è cessato e pare che si attendi Pignatelli, o la pace. Cosa sarà mai di noi! Gli alleati s’inoltrano in Francia, come mai finirà una tal lotta? Siamo al punto in cui la sola Providenza può liberarci. Qui piovono le truppe a rovinare tutto il nostro territorio. I soldati mangiano nelle case e i soli che si distinguono in discrezione e in educazione sono i generali inglese, e russo, il resto è d’una intemperanza, goffagine, e stupidità indicibile.

 

20 [gennaio 1814]

Giunge gran truppa a Sandrigo, e in città c’è chi sostiene che vi sieno 72 mille uomini. Si ode che gli alleati volano sul territorio francese, e qui si pena d’una immobilità rovinosa. Il conte prefetto è andato a Bassano per motivi di sanità essendosi diffusi dei maligni nelle case. Si teme povertà e contaggio. Bellegarde annunziò che i Napoletani han preso possesso di Ferrara in nome delle potenze alleate.

 

21 [gennaio 1814]

Oggi venne requisito mille scalle, per Verona si dice per passar i fossi. Si scorge un certo turno di cose che non piace. Si vocifera che i Napoletani sieno entrati in Ferrara come Francesi, e che il re di Napoli non si determini alleanza senza la sicurezza del regno di Napoli di cui molto si teme per gl’Inglesi. Ciò avrebbe dato il tempo di condur le sue truppe in soccorso del vice-re. Fino che il vice-re si ferma in Verona tutto dev’essere, o sembrar favole presso di noi. Intanto 72 mille uomini, e 12 mille cavalli ci rodono il dipartimento, e il movimento che pareva deciso in questo giorno si è cangiato in stalia. Venne al Casin vecchio il console inglese Wilson. Con molti ordini, e quello del sole di Persia.

 

22 [gennaio 1814]

Giunse la contessa Dei. Lettera del vice-re a passar la linea dell’Adige. I Milanesi tranquilli, e tutti ai loro posti, gente e rinforzi al vice-re: ai 5 6 e 7 dei scacchi ai Tedeschi verso Berna. Il re di Napoli mostrandosi d’accordo col vice-re sino a Bologna, dove è giunto con tutte le sue forze, ora questo re ha invaso Ferrara, si dimostra un enigma per i due partiti. Qui si vive vedendosi a roder fin sull’osso. Gente come mussolini, emporio di carri e carriaggi, scale per le future imprese, tutto il giorno Verona e mai vi si arriva. Da Udine l’Altezza Reuss propone un imprestito di due millioni di fiorini in denaro per liberarsi dalla carta monetata, e salvare i fatti loro a ogni evento. Ne gettano un millione sui banchieri, l’altro a frutto sui nostri 4 miseri dipartimenti. Veramente se fossero avanzati fino all’Adda potrebbero ciò proponere, ma nella situazione nostra la cosa tradisce gran miseria e crudeltà. I discorsi sono curiosi. Chi crede tutto finito, e i Borboni in Francia, chi comincia a rinvigorir le lusinghe, e crede che, intaccato il territorio francese, la Francia si salvi, e possa progredir di poi non solo a ricuperare, ma a conquistar come prima. Dio protegga ed assisti la giustizia e l’umanità.

 

23 [gennaio 1814]

In ieri si è sentita la prima buona notizia dopo tanti anni e fu la liberazione dai comprensori, ciò promosse una vera esultanza fra i possidenti. Il dispendio, il complicato intrico formava il delirio di ognuno a qualunque distanza che fosse. Si dice anche che minoreranno i dazi per le merci coloniali ciò gioverà anche a noi. Per la guerra niente si sà, v’è chi spera tutto, e chi teme molto. Gira una lettera che è stata scritta in Italia che dice: mi rallegro cogl’Italiani che abbiano scosso il giogo francese: ma sento che gl’Italiani non godono gran fatto il bene di una tal liberazione, e non esultano della loro fortuna come dovrebbero: ciò deriva mi si dice, perché è a loro rimasti i medesimi impiegati, le medesime leggi, i medesimi pesi, e la carta monetata. Per gl’impiegati conveniva al pronto sovvenimento delle armate i soliti funzionari per prestarsi. Per le leggi non si può in simili momenti ridur a confusione tutte le cose.

Per i pesi, l’importanza dell’affare appoggiato a delle potenze esauste in conseguenza a dei principi francesi, è necessario che i popoli da liberarsi facciano dal canto loro quel che possono. Per la carta monetata questa si è una misura resa necessaria dalle circostanze: ma perché il valore e il giro e la sicurezza non vengono appoggiate più solidamente. Infine infine la rettorica è per tutti, ma finalmente la sostanza tiene in tutti il lato della misera condizione umana, che in alcun modo non si può mai render felice. Sicché non si potrebbe annunziare agli uomini che il minor male, e questo non formerebbe gran fanatici.

Ieri è giunto il generale Mayer che si dice celebre capitano Ungherese.

 

24 [gennaio 1814]

Gran stalia, Mosca, Lipsia, passaggio del Reno inoltramento sul territorio francese, tutti questi furono dei voli sorprendenti. Ma l’Adige forma un converso desolante per noi e inesplicabile. Qui cento mille uomini fra monti e fanghi vegetano in Italia. Generi, danaro, e quanto si ha tutto è poco al loro servigio. Sembra che i conquistatori siano conquistati in via militare dall’aspetto dei Francesi a Verona, e che il maneggio diplomatico sia uno dei soliti ragiri per guadagnar tempo. Esausti e tremanti si aspetta un sviluppo che la Provvidenza non permetti eguale alle guerre passate.

 

25 [gennaio 1814]

Gran ospitali, gran infermi: le posizioni militari nei fanghi e la stagione ne sono la causa. Si attende altri 15 mille uomini che in tutto saranno 87 mille. Non si sa più dove abitare né in città ne in campagna, e non si vede alcun movimento. Chi esalta vittorie e internamento in Francia, chi borbotta perdite dei Tedeschi in Svizzera. Chi attende Pignatelli per alleanze. Chi negativa del possesso del regno di Napoli. Certo però vi è una sospensione rimarcabile. Le armate ci rodono, e i dispensatori alle provigioni riescono ingiusti, e altro. Gli alloggi sono mal distribuiti. Infine la calamità è al suo colmo in ogni genere, e Dio solo può dare un impulso a una sollecita cessazione.

 

26 [gennaio 1814]

Oggi movimento della truppa, e speranza di scuotersi. Alle 4 pomeridiane stafetta coll’annunzio di gran vittorie, e che l’armata alleata è a Saumons, e dalla Svizzera verso Lione. I Francesi gettano le armi, non intendono coscrizioni e pare che sieno istupiditi. Qual materia a riflessioni se ciò è in fatto. Nell’interno dei grandi imperi ciò fa sospettare. Mosca ne sarà sempre un esempio. Ma in Francia le cose furono portate a segno dopo una democrazia, o monarchia simile che non può rimaner energia nazionale. In Italia si vuol Bologna, Ferrara possedute promiscuamente dai Napoletani e Tedeschi. Ma l’Adige ci stà sul cuore e sospiriamo dal Cielo un pronto e felice sviluppo. È venuto Paolucci addetto a Tourn Caile, qualche imposta, e dono futuro.

 

27 [gennaio 1814]

Opera cattiva ma goduta dall’uffizialità; brava la ballerina De Mora; vi è di passaggio il celebre danzatore di Parigi Mr. Dupont proveniente da Vienna, doveva esso andare a Milano, ma la linea dell’Adige ce lo farà forse vedere pochi minuti sulle beriche scene. Sempre vittorie al di là dei monti, sempre stalie  in Italia, tutti i giorni Napoli è alleato, un emporio di cose di gente verso Verona, sempre si deve muoversi per colà, e sempre il danno, e l’angoscia ci trafigge e ci rimane.

 

28 [gennaio 1814]

L’affare dell’Adige ora sembra facile, ora tutto formidabile. Qual enigma! qual oscurità! e qual danno per noi! Il tempo scorre, le notizie oltramontane echeggiano, ma tutto può parer falso agli occhi nostri. Dio tolga ogni indugio, e ci faccia una volta guarire dalla malattia e ci rimedi.

 

29 [gennaio 1814]

Oggi finalmente da lettere private si seppero i Napoletani con pochi Austriaci a Ferrara. Si legge sulle gazzet te, e si discorre sine fine dell’ingresso degli alleati nell’interno della Francia a Lione e 30 poste da Parigi, e si dice i Francesi tranquilli e battendo le mani agli angioli liberatori. Se ciò è tutto vero che cosa accaderà mai dell’armato e solitario vice-re? La povera Vicenza come un’altra Mosca arde d’un nuovo fuoco di consumazione per la liberazione dell’Italia, e sospira che il francese Eugenio si diparta, o si decida, e lasci l’Adige, e l’Italia una volta in quiete ed essa, s’è possibile, a risorgere.

Vi è qui il celebre danzator francese Mr. Dupont, il militare ama di vederlo, e dopo mille difficoltà si dice che ballerà nel nostro Eretenio.

Omai i Francesi son tutti suditi degli alleati.

Non vi sarà il prediale, ma i millioni, si diminuirà i dazi, infine pace e tempo saran proficui certamente.

 

30 [gennaio 1814]

Bellegarde disse i Napoletani andati a prender possesso della Toscana, e gli Austriaci soli a Ferrara. Non si parla più dell’Adige ora si tiene ciò dipendente dall’affar della pace sia colla nazione, sia con Napoleone. Cento mille uomini e 19 mille cavalli distruggono il dipartimento Bacchiglione. Fin che l’Europa echeggia di celeri vittorie, il lento flagello ce le fa bramare angustiosamente da noi. I giorni son freddi e quasi sempre piovosi. Non v’è più paglia, ne fieni, ne legne, ne numerario. Il territorio pieno di soldati, la città piena d’immensi cariaggi, e le case piene di ospiti, e di pipe, la società un miscuglio di pazzi quando ciarla di affari politici. La costanza delle cose che ci fulminano moralmente e fisicamente vien sempre trasandata quando a vicenda hanno regnato i partiti opposti.

 

31 [gennaio 1814]

Si è stabilita la posta settimanale di Venezia a qui. I blocchi e le linee si rendono meno gelose verso lo sviluppo. Non si sa cosa credere perché tutto è immobile. Gli alleati s’internano in Francia e chi crede a crollarsi le mura di Gerico facilmente, chi gran diffesa verso Parigi essendosi colà radunate tutte le forze, e si vuol supponere sul principe ereditario di Svezia, re di Napoli, vice-re alle spalle.

Dio protegga il termine di tanta lotta.

 

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1 [febbraio 1814]

Abolite oggi le cedule, chi esulta e chi teme gran rame. Si aspetta Pignatelli. L’armata è impiombata a Vicenza. Si dice che và 20 mille uomini a Ferrara, chi crede a prender progressivamente possesso dell’Italia meridionale di mano in mano che i Napoletani si concentrano nel loro regno. Nulla si traspira. Ma siamo al gran momento. Chi crede facile l’invasione a Parigi, chi difficile, i più tengono per la pace. A Verona si paga e si balla. A Venezia si paga, si è privi di molte cose e l’allegria è limitata. A Padova dettrato le requisizioni un paradiso terrestre vi saranno 600 Veneziani che godono cogli abitanti di questo fortunato locale. A Vicenza un emporio di soldati, d’impedimenta, di rovine radicali in territorio, e in città, cittadini smunti, afflitti, e lontani dalla speranza di pronto cambiamento.

 

2 [febbraio 1814]

Si vede del movimento nella truppa, e allegria nel Quartier generale. Molte scomesse di esser ai 15 a Milano. Bellegarde ha donato 50 mille ducati di panno di cui si era tassati essendone venuto da Germania. Per i 6 tutti i prefetti devono essere a Udine. Si dice che le governanti acquietano i piccoli pianti del re di Roma dicendo state zitto che venirà il nonno d’Austria. Si dice ancora che il bravo Swanzenberg generalissimo dell’Austria non venne fatto conoscere ad essa che da Napoleone. Infine la Providenza conduce a termine si spera, il più gran avvenimento che forse abbia mai avuto l’Italia. Il mondo è stanco di guerre, e di opinioni, e la stanchezza termina quel che ha prodotto l’abbondanza, e l’energia. Si sono stancati prima i Francesi dei loro geniali.

 

3 [febbraio 1814]

Si si risvegliò coll’ingresso in Verona dei Tedeschi, e l’evacuazione francese. Tutto il giorno l’immenso movimento dell’armata levandosi simultaneamente dal territorio, e incaminandosi a gradi solleciti verso la strada di Verona, coll’immensa ferragine de’ suoi carriaggi, ma neppur sulla sera si poté capire che fossero finalmente entrati in Verona. Anzi alcuni si facevano forti coi cannoni posti in fortini di Villanova.

Bellegarde, il Russo, l’Inglese e’etc. ex eternum si levano domani a mezzogiorno per Soave. L’esultanza è grande per la speranza delle cose, e per il sollievo di tanto peso. Dio ci assisti e ci conduca una solida, e buona tranquillità.

4 [febbraio 1814]

Finalmente dopo le incertezze fino all’ultimo momento di cannoni, e di guerra alla linea dell’Adige tutto sfila, bagagli, soldati, carriaggi per Verona, ancora veniva sperato, e il Quartier generale partito con un gruppo ammirabile di generali lasciava lusinghe ancora ai geniali ostinati dei Francesi. Solo verso sera si seppe l’ingresso dei Tedeschi in Verona ieri alle 4 promeridiane. Non vi è lingua bastante da ringraziare Iddio di averci fatto passare per simili ribaltamenti senza lo sparro di un fucile. I danni, e gli ultimi tre pesantissimi mesi potevano venir susseguitati da guerre, e ritirate, e in un momento si scorge nell’andamento degli alleati, nell’alleanza del re di Napoli, e dagli adagio del vice-re una mano pietosa che soccorse la misera Italia. Lo sbalordimento è sommo, chi ammira le vie straordinarie della providenza, e non sa descriversi le strane vicende sofferte, chi non ancora credendo ai propri occhi spera rissorsa nelle gran lotta presso a Parigi, o immagina caos e guerre negli alleati nei riparti futuri. L’uomo ben intenzionato spera dal Cielo un completamento felice di pace e prosperità, e non finirà giammai di meditare sopra l’ambizione, e la falsa sapienza dei sistemi che non sono appoggiati né moralmente né fisicamente sopra la nostra santa religione.

 

5 [febbraio 1814]

Oggi è venuto il general comando, ossia cancellerie gran uffiziali e carriaggi; contuttociò il paese pare deserto in confronto dei mesi scorsi. Gran ingressi in Verona, gran gioja. Il vice-re piangente fece due manifesti con ringraziamento al Veronese e gettando sull’infedeltà del re di Napoli il suo abbandono. Pare che il vice-re vadi in Piemonte, altri lo credono totalmente contornato dal general Nugent verso Piacenza, e dal Piemonte sollevato, e che resterà a Milano fino dopo il parto della vice regina, indi che passerà in Baviera. Gran curiosità, vedremo. Vi è un supremo manifesto di Bellegarde nel suo ingresso solenne ai 4 a Verona.

Ai 3 sfillarono per Verona 30 mille uomini e andarono a Villa Franca, e Valeggio, ciò riuscì superbo in quella bellissima città.

 

6 [febbraio 1814]

Bel manifesto di Bellegarde a Verona, che ci fa vedere il gran pericolo in cui siamo stati i primi tempi dell’ingresso tedesco. Consolazione infinita di sentir Roma capitale del mondo cristiano. Ramarico di sentire rifiorir alcuni antichi governi e non sentir parola dei veneti stati.

Molti andati a Verona per il superbo ingresso dei Tedeschi, chi dice con esultanza accolti, chi tristissimamnte. La truppa francese si è diportata eccellente come suol sempre fare quand’è perdente. Molta destrezza nell’esigere il mantenimento sull’ordinario prediale. Il vice-re amabilissimo, dolente, e grato. Lasciò un manifesto di ringraziamento molto comovente che pare un vero testamento. Infine un misto d’indiffinibili sentimenti fra i sommi, e indescrivibili mali sofferti, una brusca e vandalica liberazione, che aspramente promette in avvenire il bene fa, che rivolti alla Providenza di cui si scorge evidentemente i prodigi, chiediamo la vera tranquillità, e prosperità.

Si è ansiosi perché si sente la rapida passeggiata austriaca a Villafranca, e ancora non si conosce la qualità della ritirata del vice-re, e si è curiosi di Milano.

Le piazze grandi e piccole col castello di Verona hanno della diffesa.

I fogli danno le armate alleate quasi in Parigi. Il Quartier generale degli imperatori le susseguiva; ciò sembra un affar deciso, o un gran azzardo. Non si parla di pace, ma di battaglie confusamente.

 

8 [febbraio 1814]

Monsieur Duport ha ballato superiomente colla brava De Mora. Le nuove del mondo sono incerte. Il Quartier generale si è trasportato a Villafranca. Niente si sa della corte di Milano né di Milano. Si sparge un fatto a Chalon sur Marne vittorioso alla per fine per gli alleati. Ma ora saremo scarsi e digiuni di buone Gazette. Il principe Reuss ha tutti i prefetti a Udine di questi primi cinque dipartimenti richiamati colà per affari non si sa di qual carattere. Giornate superbe dai 2 del corrente. Continui carriagi, e soldatesca. Tutti sono sbalorditi dagli avvenimenti: chi crede tutto uno sfacello, chi spera ancora molto dal non morto Napoleone. Chi crede un invasione in Parigi, chi un piano alla Vellington, e chi un azzardo non calcolato sull’energia nazionale e sui ripieghi e talenti del capitano del secolo.

 

9 [febbraio 1814]

Il F.F. Tornieri da Udine scrive come nuova dell’Altezza Reuss la disfatta dei Francesi e l’ingresso a Parigi dei 22 decorso, ma pare ciò non combini colle date. A Peschiera vi è stato un fatto colla sortita della guarnigione di Mantova per proteggere la ritirata del vice-re, e venne respinta. Si dice la vice-regina a Genova, ma non si sa nulla di positivo di nessuna cosa riguardante la nostra armata d’Italia.

 

10 [febbraio 1814]

Un maggior ungherese del regimento Frimont in Francia con Svanzemberg mi disse gran capitano, e onesto uomo il vice-re. Il fatto verso Roverbella imperdonabile, perché di rimbalzo, e succeduto egualissimo per la seconda volta a Bellegarde nelle medesime posizioni. Questo fatto ha costato 10 mille uomini da una parte, e l’altra. Domani avremo qui 500 feriti, e si è fatto 500 prigionieri. Questo colonello diceva male di tutti i generali che sono in Italia, e detestava la condotta di Murat, e metteva dubbio sugli ultimi risultati degli alleati per la mancanza di generali avveduti e per il babilonico riparto, e future organizzazioni.

Dall’epoca di Mosca non si riconosce ancora retrogradazioni.

 

11 [febbraio 1814]

Gran discorsi sull’affar del Mincio e pare che tutto progredisca lentamente.

In Francia gli alleati sono a Troyes. Non v’è idea di pace, l’imperator russo vuol segnarla a Parigi. Lo stampator Parise ha stampato abusivamente i tre manifesti ultimi del vice-re a Verona; essendo rimarcabile quello che parla del re di Napoli, venne arrestato in casa. Si discore che molti senatori abbian seguito la sventurata famiglia del vice-re a genova. Si dice che il vice-re abbia detto io discendo da un scalino troppo basso, ma mi lacera la mia famiglia: a me non mancherà mai un posto di colonello. Tanti avvenimenti, e per conseguenza tanti pensieri, e dettagli che non stanno nella testa per la moltiplicità, tanti discorsi e opinioni diverse, tanta poca verità.

 

13 [febbraio 1814]

I discorsi interminabili sulla tardanza dell’armata tedesca. Il generale Ritter scrive. L’insistenza del vice-re ci dà molta fatica e ciò da Vallegio. Per gli alleati in Francia, Chalon sur Marne, e Brienne al primo febraro c’indica gran progresso ma niente di preciso sui fatti d’armi. In pieno si progredisce e ciò tranquillizza, ma convien soffocar la brama di sapere. Il F. F. di prefetto Tornieri ha molti elogi del governo anche nell’aver superato le ricerche indossategli, ciò forma dialogo fra le opinioni, ma l’onestà sua fa chiudere la bocca, cosa insolita ai tempi nostri, dove l’onestà dimora sui libri, e poco in pratica. Vi è qui il general Comando con alla testa il generale Novac. Passano sempre regimenti di volontari ungheresi, presto veniranno i due battaglioni d’italiani volontari, e sempre carriaggi, e uffizialità.

 

14 [febbraio 1814]

Bellegarde pubblica la vittoria del primo febraro a Brienne e non dice nulla delle sue proprie imprese. Un partito mette gli alleati a Parigi e il vice-re senza ritirata l’altro partito non crede mai nulla, nemmeno ai propri occhi.

 

15 [febbraio 1814]

Gran... al Mincio, gran esultanza nei geniali Francesi. Si dice perdita di 18 mille Tedeschi, e Bellegarde ritrocesso al Quartier generale a Verona, e una vittoria in Francia. Il re di Napoli ora neutrale.

 

16 [febbraio 1814]

Oggi Bellegarde a Vallegio. Gran morti e feriti ma vincitore quantunque lento. Gli alleati a Fontainebleau. Qui minorazioni di spese immense, ma si conserva tutti i pesi che giovano alla Casa Regia.

 

17 [febbraio 1814]

Discorsi sommi delle perdite tedesche del poco antivedere dei generali e mal umore dei Veronesi, continuazione di aggravio per noi e non si spera che ne gli avvanzamenti degli alleati in Francia, e nella risoluzione di volontaria ritirata del vice-re. Veramente in Italia il vice-re non perde che per il contracolpo.

 

18 [febbraio 1814]

Proibizione alla bottega di Carlo di parlar di cose politiche e di pagamenti.

Gran speranze per ciò nei geniali francesi. Essi dicono gran battaglia quella dei 8 al Mincio, 18 mille Tedeschi perduti, Bellegarde con convulsione interminabile di ridere. Veronesi cangiati in genio francese, e disperati di pagamenti e rovine.

La grand’armata in Francia vittoriosa fino ai 2 del corrente di poi precipizi per cui gli alleati si ritirano precipitosamente. Il re di Napoli di una condotta equivoca e dispotica. Il principe reale di Svezia ottenuta la Norvegia ritorna a casa per molestar la Russia, ed esser francese alla morte. I geniali tedeschi dicono, che la proibizione di parlare di cose politiche, e di pagamenti nasce per l’acciecamento e la malignità in tali propositi: accordano qualche rovescio al Mincio, ma lo credono una disperazione del vice-re, e un intento di Bellegarde per chiudergli col re di Napoli la ritirata al Pò.

Compassionano i Veronesi per aver dovuto mantenere le due armate. Non dubitano in Francia calcolandogli un millione di truppe, e riserve di tutta l’Europa. Il principe reale di Svezia lungi di essere andato a casa si porta verso il disgraziato Amburgo. Il re di Napoli avendo ceduto flotta e isolette e prendendo possesso dell’Italia meridionale in nome degli alleati non sanno trovare ne equivoci, ne dispotismo. Quello che io trovo si è i gran ritardi in tutto, i gran pesi, e i gran feriti e infermi. Le belle giornate di tutto questo mese ralegrano un poco, e l’aspiro alla Providenza.

 

19 [febbraio 1814]

Mr. Duport colla sposa che ballarono la fille mal gardée ha terminato oggi la quinta sera, e si è acquistato a buon titolo il vanto di eccellente danzatore.

Le nuove di guerra sono ratristanti. L’affar al Mincio fu terribile, e viene condannato da tutti. Verona e accanita contro i Tedeschi per le loro impossibili requisizioni, saccheggi di villaggi, indiscrezione e ruberie; i villici sono armati, e se ne trova di scannati nei pozzi. Bellegarde è a Villafranca ed ha ordinato due ponti sull’Adige. Vi son dei Tedeschi a Salò. Tutti gl’Italiani disertano continuamente dal vice-re. Il vice-re ha battuto i Tedeschi al Mincio, ha sollennizzato una vittoria in Francia, si è trincierato fortemente, e si dice partito colla divison Grenier contro il re di Napoli, se vien battuto si ritirerà, se altrimenti Dio lo sa. Si trova che il re di Napoli riesce molto lento nelle sue marcie, e che poteva portarsi a Milano. Si vedrà. Si vuole che Augerau abbia battuto Bubna a Lione, e sia questo generale rimasto sul campo. Si sparge ancora vittorie di Napoleone dopo i 2 di febbraro. Qui si discorre, ma dopo i 2 da Brienne nulla si sa di preciso.

Qui si è rovinati da questi rimedi; par che non si sappia allontanarsi dallo Stato Veneto. I geniali Francesi tripudiano, gli altri tremano, ma tutti insieme rimangono sulla paglia. Veramente il quadro attuale è immenso, tutta l’Europa è armata, Napoleone resta inconcusso, e non cerca pace, ma guerra, e se la Providenza non mette argine sembra vicina la fine del mondo.

 

20 [febbraio 1814]

Gran discorsi sull’odio dei Veronesi per i Tedeschi, tutti armati di bastone, e non sarebbe strana una sollevazione contro di loro. Pianti per il vice-re e signore che si attaccherebbero alla sua carrozza se ritornasse invece di cavalli. Si vuole esso fatto re assoluto dell’Italia da Napoleone. Bellegarde nei soliti punti di Villafranca, e si fa fortini a Santa Lucia e a San Martino. Nuova luminosa dei 4 febbraro di una gran sconfitta agli alleati che si ritirano al reno. Gran esultanza dei geniali Francesi. Altra notizia di ieri parimenti a Verona d’un corriere che portò al Quartier generale l’ingresso dei 12 a Parigi degli alleati. Quale sia la situazione reale delle cose a chi ragiona non si sa. Solo che dai 3 non rilevandosi nulla di formale un tal silenzio dev’essere significante. Pesi, incertezze, e angustie al non plus ultra: la sola stazione al Mincio forma il nostro ultimo precipizio.

 

21 [febbraio 1814]

Gran vociferazione d’uffizialità e lettere tutto privato dell’ingresso degli alleati in numero di 60 mille di vanguardia a Parigi il giorno 12 del corrente: ma altresì niente di uffiziale, e ritardate notizie di Gazette. Si vuole assoluto re d’Italia il vice-re, e chi lo crede a conquistarsi il regno, chi negoziando a questo momento il suo privato interesse, vedremo, tutto è di nuovo conio. Dio assisti!

 

22 [febbraio 1814]

Il principe Reuss, la Tourn, e Paolucci son giunti ieri a Padova. Tutti raccontano lettere d’uffiziali d’ingresso degli alleati il giorno 12 a Parigi, ma nulla di uffiziale. Il principe Reuss dice abbiamo buone nuove di Francia. Si dice che venghino i Serviani, ma il sorprendente si è Bellegarde con 100 mille uomini al Mincio, che guarda l’inimico, si difende alla meglio, e gode più di lasciarsi sorprendere, che di mai offendere: anche questo Mincio si decifrerà, e quest’armata immobile progredirà, ma frattanto noi si consumiamo a mantenerla non senza tema di ritrocessione. Tutto il mondo se lo è sbrigata alla meglio, rimane interno della Francia cosa svilupperà, e il Garbuglio di vice-re come generale, o di re assoluto come la penserà. Frattanto piovono i soldati, e tutta l’europa par finora armata, animata, ed unita, per far scudo alla testa di Napoleone. Dio voglia rimirare con pietà tanti disastri universali e sedarli tutti prodigiosamente.

 

23 [febbraio 1814]

Giunge dal Quartier generale di Bellegarde il generale Garimbera con ispezione per gli ospitali: sulla ricerca dell’ingresso a Parigi degli alleati disse che non era vero ma che son cose che si dicono con il loro perché. Si vocifera che il Quartier generale si trasporti in Verona per mancanza di foraggi e i cannoni da San Bonifacio a Montebello, ciò fa tremare. Presentemente fa un freddo eccessivo, ed è morta una sentinella in Campo Marzo, ed un viandante tedesco sulla strada di Verona. Dal foglio di Augusta si sente fino agli 8 febbraro gli alleati vittoriosi.

 

24 [febbraio 1814]

Oggi è venuto da Verona un prigioniero scortato da un tenente colonello consegnato al comandante della piazza, condotto in una camera con ferriata con 4 soldati di guardia. Chi lo crede francese, chi un briccone, chi un traditore.

 

25 [febbraio 1814]

Inesplicabile stalia di Bellegarde al Mincio con cento mille uomini.

I Veronesi dicono che non ritrocede da Villafranca a Verona per suo decoro, ma che tutto è andato. Altri vogliono maneggi col vice-re, altri che la galanteria del re di Napoli e Bellegarde concedino alla vice regina il tempo di partorire. Si vuole gli alleati in Francia a Troyes, e Napoleone concentrato a Parigi, non si sa cosa credere, cosa pensare, e cosa sperare da un garbuglio tanto immenso, tanto irregolare ed incerto. La cosa sembra veramente sopranaturale. Dio dunque ci assisti e ci liberi.

 

26 [febbraio 1814]

Tutti i carrettieri dissero che i Tedeschi avevano passato il Mincio, e oggi si sente un forte cannonamento, che da alcuni si tiene per Legnago, altri per cattivo segno. Sembra incredibile che Napoleone ridotto a Parigi e il vice-re con una porzione d’Italia pajono a taluni i vincitori dell’universo, eppure così si crede con gran persuasione. Gli alleati hanno gran forze, ma una certa incertezza, e una stalia incomprensibile in Italia, oltre non si sa quali generali, un indisciplina nei soldati, e un esigger fuor di misura, che tutto unito fa trepidare i loro più forti aderenti. Dio diriga la cosa, e la sviluppi sollecitamente a conforto dell’umanità.

 

27 [febbraio 1814]

Niente si sa di avvanzamenti al Mincio. Solo carriaggi, e provisioni interminabili. Non si sa nulla del re di Napoli, e se sia giunto al Pò. Si fa processo a degli uffiziali di Stato Maggiore per la giornata dei 8 in cui non si trattò meno che il vice-re non prendesse alle spalle tutto il Quartier generale. Si vive di malscritte Gazette in cui si dipinge le cose sempre favorevoli. Solo si scorge un deciso avanzamento in Francia.

Questo mese venturo svilupperà qualche cosa, se invasione in Parigi, e installamento dei Borboni, e trattative di pace con Napoleone, o rivolgimento di cose.

Dio dia un termine a tante pazzie e a tanti disastri.

 

28 [febbraio 1814]

Si termina il mese senza avanzamenti, e con dispendi per l’armata immensi, e a Padova il La Tourn, Rais, Paolucci non parlano che di aggravi. L’Italia meridionale è esultante ma per quanto? Infine niente si comprende: di tutto si teme, e si dubita. In Francia sono a 8 leghe da Parigi, vedremo il fine.

 

 

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Primo [marzo 1814]

Il generale Stuterai scrive Il vostro vice-re vi ama tanto che voleva agli 8 farvi una visita, ma i miei bravi granatieri lo hanno impedito. Io son qui sul Mincio in una cattiva abitazione e non so quanto ci dovrò stare. Si vocifera una vittoria di Napoleone sopra Blucher il giorno 14 certamente essa venne solennemente solennizzata in Mantova.

Le lettere dei 23 decorso da Milano milantano tranquillità.

 

2 [marzo 1814]

Gran ciarle sui danni tedeschi, mali umori dei Veronesi, stalìa [=stallo, fermata, permanenza] eterna di truppe, incertezza delle nuove di Francia. Niun avantaggio coll’organizzazione. Impiegati disperati per la minorazione di paghe. Vociferazione di due deputati di ogni dipartimento a complimentar Francesco II, ch’esiste nelle nuvole per noi. Infine per degli antichi veneti una torre di Babelle interminabile. Dio dia un termine a tanti mali e a tante imperizie.

 

 

 

 

Qui termina lo scritto di Ottavia.

 

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