Trascrizione di Mirto Sardo
Primo [ottobre 1809]
Oggi si dice preso per assalto
Trento dai Francesi, e nel Tirolo superiore Macdonal con 30 mille uomini
vittorioso, abbruciante 9 villaggi ec.
Il prefetto ha detto per il Tirolo,
l’affare è finito, per il resto non si sa nulla, e non si penetra nulla.
2 [ottobre 1809]
Doglioni, e consolati, che da
quasi tre mesi alloggiano a casa Chiericato tutti i giorni facevano bagaglio per
Trento dove abitano, e sempre fin pronta la posta, dovettero fermarsi, domani
hanno ordinato la posta per partire.
Il problema della pace e della
guerra è ancora dubbioso, ma la continuazione d’armistizi fa supponere
pacifiche trattative.
Si dice a Milano dei nuovi poteri
al presidente del senato Melzi, ciò indica che il vice re non sarà così
presto di ritorno.
Il nostro Pedemonte sembra
attualmente tranquillissimo. Quì siamo sempre soldati, la truppa scelta ci
custodisce.
Si sparge che il vice prefetto, di
Bassano Quadri trasportato di zelo sia partito colla truppa civica e sia rimasto
prigioniero degl’insorgenti al Canal di Brenta.
3 [ottobre 1809]
Contarini scrive da Ensistat: qui
regna un gran silenzio, temo che resteremo in Germania tutto l’inverno. Melzi
è fatto regente a Milano.
Tutto è tranquillo per i
briganti. Molti vogliono che l’affar del Tirolo non sia finito, e che Trento,
e Roveredo furono in potere francese varie volte, ma il Lavis non venne mai
superato, e che colà vi sono delle gran forze tirolesi, e forze tedesche.
Doglioni, e consolati sono partiti
per Trento.
Il secolo presente è fertile di
grandi avvenimenti tutti d’un carattere nuovo e singolare, e la stalia attuale
in mezzo ai prodigi, e alle distruzioni non è una cosa inosservabile. Che si
tratti mai di Turchia, dell’Indie, della pace generale? Ovvero la fralezza
umana si farebbe scorgere in mezzo al più pomposo sfarzo della forza e del
genio umano? Vedremo.
4 [ottobre 1809]
Dopo pranzo il prefetto mandò
agli uffizi il paragrafo d’una lettera ricevuta dal nostro senator Thiene da
Milano, che dice la pace conclusa e segnata li 28 del decorso, e il vicino
arrivo del vice re. Il fonte per crederlo venne sospeso da molti. Il commissario
Dupont lo disse a Venezia egualmente. Questa è una nuova che non rimarrà
nascosta.
5 [ottobre 1809]
Un espresso del segretario Vaccari
di Milano al, cavalier prefetto annunzia, che il conte di Lichestein con due
generali portò a Vienna li 28 del decorso la sottoscrizione di pace di
Francesco II a Napoleone, che questa notizia la difondi, ma non la stampi. Molti
la credono per 99 contro uno. Altri dicono che ai 29 cominciò le ostilità. La
calma di tutto fa supponer la pace.
6 [ottobre 1809]
È destinato quest’anno che
tutte le notizie dieno la tortura a qualunque opinione. La nuova della pace
tarda a verificarsi, veramente non si sa cosa credere. Due armate a fronte, un
imperator distrutto, un genio in carne, un’Europa tremante e una remora
incomprensibile formano le angustie, formano la curiosità di noi altri miseri
mortali, soggetti a tutti i timori reali e chimerici, e precipitati di fortuna e
di speranze.
7 [ottobre 1809]
Niente si dice della pace. Un
general tedesco con l’Ordine di Maria Teresa, la spada al fianco ec: è
passato di qui per Milano, il regente Melzi fanno supponer delle cose; il
passaggio poi continuo di ospitali, legni di uffiziali ecc. fanno credere delle
altre, infine un mistero, un imbroglio, che può decidersi ogni ora, ogni
momento colla pace, o ingolfarsi in un pelago di vicende.
Si dice varie prefetture cangiate,
e soggetti levati.
8 [ottobre 1809]
La pace si tien per certa, ai 28;
segnata ai 2, pubblicata in Vienna ai 7 e il bagaglio del vice re a Osopo. Ora
si delira sui articoli. Questa mattina i nostri stati erano di monsieur Berthier,
questa sera Russi. Il Tirolo dell’ex gran duca di Toscana. Tutti crede che
l’imperatore conservi una buona monarchia. Infine fin che non si decifera il
grande arcano ne sentiremo di tutti i colori; poi resteremo sotto le ali della
Provvidenza. Qual anno, quai mesi, quai giorni, qual pasticcione, qual guerra, e
qual nuovo gazzabuglio. Dio provedi ai nostri animi, e alle nostre sostanze, ci
faccia trovar dei cuori umani, e non delle fiere nei nostri simili, e la
religione e la probità sieno dei punti di vista che formino un pò di
consolazione.
9 [ottobre 1809]
Oggi non si sa nulla di pace, ma
si dice che non vi sono che pochi fanatici che non la credono. Veramente ne
fogli, ne passaggieri ne parlano, e gli entusiasmi e i nuovi acquisti non volano
a predizione come le altre volte. Ma Napoleone è a Vienna, possede il cuore
della Germania e mai si è potuto per un momento allontanarnelo, l’armistizio
è imperante, la pace dunque sarà del solito colore. Non vi è di rimarcabile e
nuovo che la sospensione, e la durata del soggiorno. Ma ciò quali maneggi, e
quali risultati potrà forse produrre. Tutto il mondo è in curiosità, per me
il dubbio riesce migliore del discoprimento. Non so più figurare cosa che
aquieti tanti bisogni, e la pace generale sola potrebbe darmi una vera idea del
genio, e della fortuna reale di Napoleone; il resto è una ripetizione
fastidiosa delle medesime cose anche se di regno si divenisse ducato.
10 [ottobre 1809]
Tutti i moderni son certi della
pace, alcuni altri vogliono vederla pubblicata, leggerne gli articoli, e ancora
sperare negli articoli secreti, ma per verità gran scena, e gran mistero.
Nessun parla, nessun scrive, non vi è truppa. Il vice re ha i bagagli vicini,
ma niente giunge: le altre volte la pace era in bocca di tutti, e non si poteva
dubitarne. Ora il Tirolo è in movimento e di già i Francesi sono ritirati in
Trento e devono lasciare la forse troppo imprudente intrapresa.
Cinque mille uomini con una
popolazione intera? Di già Doglioni, e consolati son ritornati a Vicenza. In
fine par che la pace venga amata, che si creda, ma non si vede ancora
quegl’indizi di certezza che l’assicurino.
La guardia scielta paga tesori, e
vien tacciata ancora. Il prefetto la radunò, gli venne detto altamente, che o
persona o soldo han sempre servito, ma che l’impiego di quest’ultimo è
decisamente rubato. Si creò una commissione acciò tutti i possidimenti fino ai
50 anni paghino, e verrà assoldato dei mercenari in loro luogo.
31 [ottobre 1809]
Ritornata da Venezia dove regna il
tramortimento, e lo squallore, sentii ai 17 pubblicata la pace fatta ai 14 e
vidi la funzione in San Marco del tedeum ai 29 con il general Menou, Durvier,
Serbelloni ec., e la tombola e i ferali in piazza. I poveri in quella crollante
magnifica comune sono nel registro della Congregazione di Carità 49 mille fra
cercanti e vergognosi. Senza la pace maritima Venezia non può più esistere. La
piazza guastata, il roveriscio delle Procuratie nuove desolato, i giardini
abozzati, e un complesso di visibile decadenza formano l’oggetto della
meditazione sopra la facilità di distruggere, sopra l’instabilità delle cose
umane, e sopra il gioco della forza che opprime in un istante il genio morale e
fisico d’un paese rispettato e continuato per più secoli. Gli spiriti in
relazione alle circostanze han perduto per dolore, e per una quasi apatia il
modo di ragionare sopra delle di già da 20 anni irragionevoli vicende, sicché
non si crede più nemmen quel che si vede, con una forza compassionevole, e si
va innanzi perdendo ogni giorno, e sostanze e fiato, non appoggiati ad altro che
a quei principi di religione resi ormai visibilmente l’unico conforto del
genere umano.
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2 [novembre 1809]
La pace è fatta. La guerra era
coll’imperator d’Austria re di Ungheria, e di Boemia, e la pace si è fatta
coll’imperator d’Austria re di Ungheria, e di Boemia. 6 millioni di uomini
son ceduti ed abbandonati, ma ne resta 18 millioni. I patti delle cessioni
offrono dei seminari di littigi per saline, legni boschivi ec. Sicché dopo
sedata la Spagna, e il Portogallo, si può ancora vedere delle coalizioni pagate
dagl’Inglesi. La gigantesca situazione di Napoleone non è atta a limitar
disegni, sicché questo immenso sarte può tagliare e cucire a piacimento.
L’universo attonito deve abbandonarsi alla Divina Provvidenza.
Qui non si vede soldati, il vice
re deve passar sempre. L’imperatore non si sa ancora se sia a Parigi, ciò fa
delirar alcuni di non creder nulla, e nemmen la pace.
Si spera qualche preliminare di
pace maritima: senza questo non ci resta nemmen più fiato di annoverare i fasti
del sovrano che abbiamo.
4 [novembre 1809]
Il ritardo d’ogni esecuzione di
pace, passaggi ec, il cannonamento del Tirolo fanno fare agl’instancabili
speranzieri mille disperate congietture. Oggi si vocifera che si farà dei nuovi
reami. Il regno della Stiria, a cui verrà annesso questi Stati, e altri reami
non si sa se per marescialli, beneficiari, e arciduchi. Infine volta, e rivolta
la putrida materia, senza pace maritima tutto diviene una tragicomedia. Qui si
paga fin sull’osso, qui non si vede che guai e miserie. La coscrizione è sui
cantoni, e non v’è che le fastose gesta di Napoleone, e i fiori di rettorica
che dieno qualche pascolo alla sola fantasia.
Napoleone si dice a Fontainebleau
fin dai 26 del decorso. Il vice re nelle nuvole. L’armata non comparisce, e i
militari giungono colla bagolina; cosa sia questo inusitato contegno non si sa.
Vedremo al solito una nuova congerie di cose; ma siam così tramortiti e
languenti, che non si anima nemen più la curiosità.
5 [novembre 1809]
Tutte le voci sono che i Tirolesi
sieno ostinati ad una disperata difesa, non fidandosi dell’amnistia, ed
abborrendo il Bavaro. Il vice re non si sa dove sia. Le truppe non si vedono, le
ciarle per conseguenza sono infinite.
Il Consiglio Comunale ha rigettato
per ballottazione la spesa di 46 mille lire Italiane per i giardini, quella di
10 mille per la guardia nazionale, e la polizia di 6 mille per la lavandaja dei
soldati transeunti. Se tutto andasse per ballottazioni non so cosa sarebbe.
Milano poi deciderà al solito.
Si è fatti savi il cavalier
Trissino per il Tornieri destituto, e conte Gian Ettore Velo per il sale
dispensato dal prefetto.
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15 [dicembre 1809]
Tutta l’armata dovea passare per
il Tirolo, ma invece il vice re passò qui ai 12 del decorso, e non si seppe che
dopo il suo passaggio, tanto tutto fu misterioso, e la truppa passò, e passò a
pezzi. Il giornale dà il Tirolo sottomesso, ma ancora ciò non si verifica in
fatto.
Quel che tiene sospesa la mente, e
attonita, si è il gran ritrovo di principi a Parigi vice re, re di Napoli,
Bavaro, re di Spagna, Olanda, Würtemberg, Sassonia, Vestfalia ec. ec. ec.
Si vocifera cangiamenti in Olanda,
alla Confederazione Renana. Infine si vedrà. Il congresso d’Erfurt si conobbe
in quest’anno nell’amicizia della Russia.
Qui intanto, e nella maggior parte
dell’Europa si sospira tranquillità, e pane, senza questi due articoli i
fasti, e le decorazioni, e le rappresentanze non fanno gran effetto. Il Russo va
avanti in Turchia. La Spagna arde e si porta gran forze e presenza colà.
L’Olanda è periclitante, ma noi siamo all’oscuro di tutto.
18 [dicembre 1809]
Gran ciarle, il volgo crede per i
primi di gennaio i Tedeschi. Tutti suppongono però in quel mese dei cangiamenti
di regni, e stati. Vedremo al solito dei nuovi pasticci, ma tutto essendo sul
piede della miseria, nulla può sollevare le nostre speranze.
Qui passa della truppa malconcia.
La stagione è infelicissima.
19 [dicembre 1809]
Ai 9 è stata riaperta la Bottega
dei Camaleonti con un decreto decoroso, esclusi però li seguenti dal cavalier
prefetto:
Comendator Trissino
Andrea Tornieri
Marc’Antonio Velo
Marc’Antonio Tavola -
Lionello Chiericato
Giacomo Cavazzola
Abate Revese
Giovanni Ettore Nievo, che
venne dal prefetto rimesso subito.
Niente si sa dei principi uniti a
Parigi. I giornali indicano dei cangiamenti. Noi siamo qui precipitati di
rissorse, e di speranze.
22 [dicembre 1809]
Passano dopo la pace dei regimenti
tutti spezzati, rovinati, e se tutta l’armata ha sofferto, altrettanto si può
dire che più non esiste. Questa vista, le ciarle, fanno fare cento congetture
di cangiamenti. Si vuol regno adriatico-lombardo. La Spagna divisa in
dipartimenti, come pur l’Olanda, altri credono Tedeschi ec.
Vedremo il gennajo dove si dice lo
scoprimento dell’enigma. Qui le rissorse e le speranze mancano a colpo
d’occhio, e non regna che la miseria, e la stupidità.
25 [dicembre 1809]
Con sorpresa universale si sente
dal foglio, perché alle voci sparse non si credeva, il ripudio
dell’imperatrice di Francia. Si sparge nuovi regni in Italia, il foglio, o il
fatto ce lo farà credere.
Non credevasi che in un anno
funestato da tante vicende si dovesse terminarlo in nozze. Faccia la Providenza
che ogni cosa si rivolga alla quiete, e prosperità delle creature.
27 [dicembre 1809]
I discorsi del ripudio imperiale,
la curiosità della nuova sposa Sassone, o Russa, la mancanza alla prefettura
delle lettere di Milano, le dicerie immense occupano in nuova guisa la nostra
fantasia. Il fatto è che a Milano regna la più gran sospensione, e titubanza;
mai colà era permesso dalla pulizia i discorsi politici, ora si lascia vagare
ognuno a piacimento. E nuovi regni, e nuove sedi, e perdita di supremazia, e
abbattimento regna in quel centro finora tanto florido. Venezia spera, ma
languidamente; il regno adriatico, il regno illirico frappoco vedremo qualche
nuova scena, o a continuar l’attuale. Il militare, la piazza dicono altamente
che verranno i Tedeschi, che a Milano vi son dei commissari, e che da Brondolo
discenderà fino ai 8 di gennaio la nuova occupazione. Alcuni dicono, che
l’armata francese ritornando dopo la pace tanto smembrata, e tanto in piccoli
corpi, temendo il brigandaggio si sia prefissa di spargere ad arte la rovina
della propria armata, e il vicino ingresso dei Tedeschi. Dio ci ajuti!
28 [dicembre 1809]
Si dice gran cannonamento a
Chioggia. Qui sembra un spoglio di tutte le piazze, e parte gran biscotto, [
biscotto = sorta di pane non lievitato a lunghissima conservazione in uso da
sempre] e
attrezzi. Tutti dicono cangiamenti imminenti. Tre Tedeschi a Bassano forse per
affari dopo conchiusa la pace, han fatto fare cento lunari.
Il vice re non si sa se sia
ritornato. Milano trema della sua centricità. Venezia va sperando, e noi
languiamo nella prospettiva del precipizio delle nostre finanze.
31 [dicembre 1809]
È terminato questo interminabile anno. L’abbiamo cominciato nella miseria, e nelle dicerie di guerra. Si siamo trovati ingolfati nella guerra la più fatale improvvisamente; e già un’armata incaminata colla solita presunzione andava al Lisonzo quando a Fontana Fredda ai 16 aprile i Tedeschi vinsero, e piombarono per un ottavario presso di noi, e ciò ci fece provare il peso di cinque armate, che coi più bei proclami di fine rettorica egualmente ci desolarono. Le remore del danubio, e delle operazioni politiche, e militari fecero che lasciati noi alla discrezione dei venti, senza rissorse, senza truppa, il popolo stanco pronunciò un sentimento generale, che per la sua inesperienza, e in [e]ficaccia si definì un brigandaggio. Cosa non sofferse i nostri animi, e le nostre di già esauste finanze! S’imprigionò, si fucilò, si gridò, si travolse le idee, e la battaglia di Wagram tranquillò il movimento de’ popoli. Di già arresti, chiuse di Caffè, fisonomie e volti che ricordavano lo spirito della democrazia in monarchia. Gli uomini dovevano esser contenti, e dimostrarlo. Un armistizio, una pace, un ritorno a pezzi dell’armata vincitrice, un richiamo di principi a Parigi, e il ripudio di una imperatrice terminarono il 1809 calamità, miserie, ciarle, congetture, formano la vita nostra, e solo la Providenza può mettere un termine a tanti malori.