segue il  Giornale di Ottavia Negri Velo

 

Trascrizione di Mirto Sardo

 

 

 

[segue 1798]

P.mo  [Luglio 1798]

Non si discorre che della presa di Malta succeduta per tradimento degli emigrati Francesi: della circuizione per napoli, e dei torbidi in Piemonte. Pare che i fuochi siano accesi come il solito da tutti i versi. Rastadt e Seltz fanno restar sospesi i giudizi, ma si teme ogni cosa. Niente si sa, ma ogni momento si sente una nuova conquista Francese, la qual non si crede dapprincipio, poi se la sospetta, indi se ne minora l’avvantaggio, e si studia la speranza di affari intesi per consolazione.

Se non si avesse la vita, le sostanze, e la quiete tutto su di un punto di Faraone, si potrebbe passarla, ma così si vive inquietamente, e male. Tantoppiù che i geniali Francesi si gonfiano colla speranza di future disgrazie, lagnandosi essi senza misura dei pretesi torti che soffrono, i quali consistono solo di non poter nei posti imbarazzar le cose, mentre nel resto niente soffrono quando hanno giudizio: ma la cupidigia, e l’ambizione loro stà a cuore, e parlano di vendette con chi usa con loro dei modi ben differenti da quelli che in democrazia hanno usato coi pretesi Aristocratici. Ma la verità resta nel pozzo, in questo secolo pertinace, torbido e mal intenzionato i sofismi, i paradossi, le belle teorie tengono il luogo della virtù, e della probità, e i fatti hanno sempre smentito le parole.

 

4 [Luglio 1798]

Non si vuol mai credere i progressi dei Francesi, poi scoppia quel che men si crede.

Abbiamo il Modenese Cardinal Carandini il qual atteso il suo decadimento non trovava nemmen asilo presso i Domenicani, ma Kray ha loro ordinato di riceverlo. Nemmeno il Vescovo si sforza gran fatto. Oh che secolo!

Si fa tutte le notti le pattuglie Civiche di un Nobile, d’un Cittadino, e d’un Mercante, e dopo questo provvedimento si sente minori disordini; già conviene far guardia ai soldati stessi.

Non si parla di Venezia, che come di un tema di avvilimento, di noja, e di miseria. Padova è spopolata, e gode scarsamente della sua vendetta. Verona è lacerata da disunioni, e ci vuol tutta la prudenza dei Generali per tener quiete le cose. Lo smembramento del suo Territorio, la prossimità dei confini, e gli orrori sofferti la rendono degna di compassione. Ma il Governo non se ne cura. In Vicenza non si scorge né nei comodi, né nella società niun resto delle passate vicende. Vi sono delle compagnie democratiche, che finiscono in ciarle e in un lusso totalmente contrario alle loro belle massime.

 

7  [Luglio 1798]

Fu osservato nel 1793 da un uomo di molto spirito che lo stato delle cose correnti par che sia giunto a un tal grado, che le sole cattive teste hano sempre ragione.

Tutti gli Uffiziali ex-Veneti vengono assoldati dall’Imperatore, ed esibito il servizio, ma molti ricusano, mentre la lingua, e un militare ch’è formale, e non sedentario, non può loro piacere.

Pare che i Tedeschi diffidino, e temano gl’Italiani. Il nostro valor non è ancor spento in mezzo a tante umiliazioni.

Malta è stata presa ai 12 Giugno: la flotta Francese par che minacci tutti i punti del Mediterraneo, tutti credono di vedersela alle spalle, e l’Egitto trema come la Sicilia. La flotta Inglese forte di vele e abilmente condotta gli dà la caccia, niente si sa delle sue operazioni: ma come la terra è l’elemento dei Francesi, il mare lo è degl’Inglesi: Gran colpi si fanno, si minacciano, e si meditano! Oh che spasso per la gente tranquilla!

Le Armate si aumentano, le negoziazioni continuano. Ce n’è per tutti. Chi vuol pace la può congetturare, chi vuol guerra può discorrere, ma chi vuole la scena terminata non ha traccie.

Vicenza brilla, bei passeggi, bel Campo Marzo, superbi Teatri. Si divertono sino i Patrioti, e qualche poco si scuotono i Tedeschi. Niuna notizia esterna. Si parla però dell’interno sempre secondo i partiti. Il Governo è provvisorio nella vera estesa del termine sicché un giorno una cosa un giorno l’altra, ma niente è certo, e in sostanza niun può esser contento.

La Beccaria pubblica fa fracassi, i Beccari son disperati, e i Patrioti possidenti temono il decadimento dei prezzi.

Le cedule si moltiplicano. La campagna è bella vedremo se la libertà del commercio saprà un giorno renderci nuovamente floridi. Tutto però fa predire dei discapiti, e che il soldo andrà a circolar altrove.

È giunta solo ieri la sicura manutenzione dei contratti fatti in Democrazia del sig. Pellegrini, affare ch’era contingente, e di somma inquietudine. Ciò però era attendibile, mentre tutti i Governi coll’armi alla mano non sono mai bambocciate, altrimenti gli Uomini non avrebbero mai basi.

 

4  [Luglio 1798]

Sono venuti alcuni disertori Francesi, e si son posti al servizio Austriaco, cosa insolita, e però da riflettersi. Essi fecero aver delle lettere, e si sparge delle notizie per cui esultano i Patriotti. Si dice che che si stia maneggiando di ricondurci alla Libertà, e che saremo ancor noi riuniti alla Cisalpina, cedendo ai Tedeschi in Germania, e ciò si vuole perché il Governo Francese vuol riparare alla sua prima parola. Staremo a veder ancor questa: intanto si vive come si può vivere in tali alternative.

Si attende due Compagnie di Ussari. Gran silenzio! Gran mistero! Contuttociò la speranza ci tiene in vita, e questa sera si termina l’opera in Teatro.

 

12  [Luglio 1798]

È uscito un proclama per il vestiario modesto degli Uomini e delle Donne, senza levar le cause non si profitta negli effetti. La moglie del Pittor Boldrini venne insultata al Londrin [uno dei caffè più frequentati], e il Palazzi che fu prigione [era stato il Segretario della Municipalità precedente] prese le sue difese, ma il popolo lo chiamò ladro e Giacobino: altri furono insultati con questo vocabolo; questi si lagnano che non venghi castigato niuno, converrebbe in cambio che gli uomini prima di prender  partito riflettessero, ma preso che sia il soccombente non dovrebbe sforzarsi di trionfare.

Non v’è Polizia che possa prevedere tutto. L’imprudenza s’attira tali insolenze. L’uomo onesto non vien mai turbato con ragione, e le prova ne fu nella nostra Anarchia Democratica, durante la quale i birbanti suscitarono apertamente, ma non furono mai secondati dal nostro buon Popolo.

Si discorre della flotta Francese che scorre tutto il Mediterraneo con Bonaparte, i Letterati  della Francia, e 40 mille di scelta Truppa, né si sa dove vadi a piombare. I Patrioti dicono che la flotta Inglese andrà vagando per aria, ma la ragion vuole che la Francese verrà da questa documentata. Tali sono le nuove di mare: quelle di terra sono negoziazioni immense a Rastadt, e impenetrabili: oggi corre la pace, dimani la guerra, chi crede che possiamo venir cambiati, chi spera di poter avanzare. Il fatto è che s’impazzisce in mezzo alle probabili congetture.

Deve arrivar della truppa e ciò fa spezie. Gli Ufficiali dicono che arriverà la sedentaria, e ch’essi partiranno verso l’jnverno. Ma quel che dice l’Ufficiale Tedesco non si verifica mai.

Ora Torino traballa, ora fà tregua. Napoli fà la pace per terra, e trema per la flotta Francese in mare. Roma pare che se la spogli troppo per conservarla.

La Svizzera è rovinata, ma domanda l’unione alla Cisalpina. Venezia è malcontenta di Pellegrini. Infine ognuno diventa pazzo per espresso. Tutti i birbanti si lusingano e tutti i Galantuomini tremano per l’avvenire.

 

15  [Luglio 1798]

Il Conte d’Harrac che vien da Padova porta per notizia che le negoziazioni di Rastadt sono sciolte e che ci sarà la guerra. Tutte le vociferazioni da Vienna lo sostengono: per me spero che non sia vero almeno per adesso, mentre Bonaparte e altri Generali sono altrove, temo però che le negoziazioni si prolunghino fin che le cose sian preparate per Maggior vantaggio dei Francesi. Con tutto ciò ce n’è per tutti, e ognuno può fabbricarsi un piano ragionevole. Dio ci liberi dal flagello della Guerra, perché alla perfine tutto apparisce in danno nostro. Non si sa propriamente  fare né la Pace, né la Guerra, e i Francesi approffittano di tutto.

 

16  [Luglio 1798]

Le nuove di Guerra continuano, e per verità la venuta di molta truppa, e i preparativi la fanno temere; contuttociò una sorda voce, e la lusinga fanno sperare altrimenti.

I Democratici tripudiano: vanno sperando i cambiamenti, e spargono che i Cisalpini hanno esibito al Direttorio Francese  varj millioni per riacquistar lo Stato Veneto, e che i Francesi riguardano come un’infamia questa loro cessione: per me credo che non si pensi che alla totalità dei reciproci interessi, ma vedo bene che se succede la Guerra presto o tardi noi saremo precipitati i primi, ma anche in ciò per tutti i Troni non vi sarà da ridere, e che in tal flagello si salverà chi potrà.

A Milano si dice: la moda è di arricchir i nudi, e di spogliar gli onesti. La gioja e la tranquillità sono bandite in Milano, ma vi circola del gran oro.

Niente si sà delle nuove di Mare dopo la presa di Malta: poche cose, e in confuso di quelle di Terra, per l’aria poi vediamo la pioggia spessissimo, e una florida campagna che promette quel bene, che vien molto promesso in parole, ma che si distrugge coi fatti.

 

19  [Luglio 1798]

Oggi sono 6 Mesi che abbiamo gli Austriaci, e siamo per l’incertezza in peggio stato di prima: Gli alloggi sono eguali: essi non spendono nulla, e gira molta carta monetata.

Le Truppe vanno arrivando, e se ne aspetta 6 mille da Treviso; i preparativi sono per la Guerra, e parimente le voci: non c’è che la nostra solita inesauribile speranza che ci dia conforto.

Della Flotta Francese nulla si sà di preciso, ma si sparge che abbia avuto l’incontro di quella Inglese con gran discapito; ciò lo vuol la ragione, ma non i Patriotti, i quali creano il creabile.

Oggi Camillo Muttoni ha avuto a che dire con il cadetto Valeggio, e sono arrestati. Gli Uffiziali han sempre ragione. In domani s’attende il Commissionato Regio Francesco Donà per sistemar affari di Finanze: esso ha ricevuto un cattivo accoglimento dai Padovani, i quali non vollero visitarlo perché lo calcolano Ministro in egual grado di essi:  un ordine però attesa la guardia sociale ve li ha costretti.

Vi è in Vicenza il Cardinal Vincenti il quale al rovescio del dignitoso Carandini non porta contrassegni Cardinalizj. Vivono ambedue molto a se stessi, e miseramente, l’uno ai Scalzi, l’altro a S. Corona.

 

27  [Luglio 1798] 

[Il Ms. porta questa data.]

Oggi Kray con lettere di Vienna assicura ch’ivi vi è giunto il Conte di Cobentzel proveniente da Seltz, e che la prima cosa che si riseppe fu la sospensione della marcia delle truppe verso l’Italia. I Patriotti che soffrono della gioja altrui sostengono che non si ha sospeso la marcia che perché le truppe non abbiano a progredire che ordinatamente. Gran ingegno si usa perché non s’abbia mai nemmeno un ben immaginario!

Delle flotte nulla si sà, solo vien sparso che sieno arrivati tre Legni Francesi a Zara in cattivo stato.

Domani s’attende il Commissionato Regio Francesco Donà: esso dipende da Ottinger, questo da Tugut, è  il tutto par provvisorio.

Un Democratico fa il calcolo che ci rovina più i Tedeschi, che i Francesi. Questi fan passare tutto il soldo a Vienna, non spendono nulla; le monete e le cedule son da falliti: ci trattano da conquista incerta, non commercio libero, ribasso di prezzi, e di generi; infine al suo dire noi diveniam una Dalmazia Veneta, o al più una abbondante ma circoscritta Ungheria.

Per verità del male ce n’è molto, ma speriamo che non andrà sempre così.

I Tedeschi risero del Pallio di Padova: niente confà a questi stranieri: disprezzano tutto, ma sono ben compensati dagl’Italiani: c’è solo la differenza ch’essi ci sono sulle spalle, e convien tolerarli: oh misera condizion nostra! Compiansero solo li cavalli vulnerati: essi non mostrano umanità che per le bestie, mentre usualmente bastonano gli uomini senza pietà, e quasi ridendo.

Per i Soldati Veneti ci sono delle belle espressioni; il cane non mangia del cane, ma pochi effetti; in ciò però c’è l’articolo non troppo plausibile del nostro Governo Veneto, in cui il degradamento, e l’incapacità militare erano al sommo grado.

 

21  [Luglio 1798]

Oggi si sparge proveniente da Venezia la notizia della disfatta della flotta Francese verso Calabria, ma senza dettaglio: la superiorità Inglese sù questo elemento, e un mese circa che non se ne sà alcuna notizia provano al certo che i Francesi abbiano dei discapiti. I nostri Patriotti fremono perché tenevano tutti i porti del Mediterraneo, e sino le Indie Orientali in pugno dei Francesi.

I tentativi della Francia sono immensi, ed arrivano a stancar la fortuna che da tanto tempo gli è favorevole. Si va spargendo che la pace è certa.

 

24  [Luglio 1798]

Le nuove e della Flotta e della Pace soffrono la solita alternativa. Non v’è conferma della dispersione della prima, e della Pace si vuole che le cose siano di nuovo imbrigliate. Contuttociò par che i Francesi non abbiano eseguita la loro gran spedizione in Egitto, il totale silenzio n’è una prova. Per la Guerra, i Generali pratici dell’Italia par che la Francia li disperga [sic] a disegno; è ver ch’essa non ne manca onde supplire, ma una tal guerra diverrebbe troppo importante, e decisiva per trascurarne come suol far fare in simile articolo. In un tal labirinto non v’è alcuno che possa discerner nulla.

È bensì vero che in cambio della decantata intralciata politica antica, si è trovata una tortura nuova da far penar tutto il mondo.

Sono stata al Pallio a Padova. Il giorno è stato bastantemente brillante: i Soldati par che nascano dalla Terra, mentre Quartier Generale è giornata di divertimento. L’odio dei Padovani coi Veneziani è sommo, pochissimi di questi vi si vedevano. L’interno di Padova è orribile anche coll’aggiunta di reminiscenze per opinioni. Vallis usa tutti i modi di conciliazione. V’era il Duca Braschi con una fisonomia che non altera le idee della sua condotta daziale in Roma. Tutto il mondo è sconcertato. Vicenza però si sostiene a proporzione meglio di tutti.

 

25  [Luglio 1798]

Oggi si crede la pace, ma si teme sempre. Chi vuole che la Francia sia d’accordo coll’Imperatore, chi crede l’Austria raggirata dall’Inghilterra, o pace separata, o guerra, dicono i Patriotti. Vi sono infinite opinioni in tal proposito: chi tiene che una Republica militare non può fare che delle Paci apparenti per prender fiato e progredire ai suoi grandiosi disegni. Chi tiene che i Francesi tengano a bada l’Imperatore con delle continue negoziazioni, predando intanto quel che vogliono, come lo comprova la conquista di Roma, della Svizzera, di Malta, e della Cittadella di Torino oltre la sinistra del Reno, il qual Fiume doveva esser un preciso confine, essi si sono destramente, e improvvisamente impadroniti di Erbresteim. Talmente che i Francesi negoziando si dilatano, schivano la guerra, e venendo tardamente attaccati saranno forti delle loro proprie forze, e dei Paesi che hanno conquistati. Chi tiene ancora che la Francia fin che non ha compito tutto il suo piano distruttore, e che il Dio de’ Francesi sia il tempo. Noi fatalmente vedremo a sortire la verità di tali delitti. Quel ch’è vero è che tutto è indeciffrabile, l’unica lusinga che rimane è di sperare che in questa strana convulsione succeda quel che men si crede, e allora avremo solo del bene.

E’arrivato il Duca di Nemi in Casa Parise.

Vi fu la cantante Angiolini protetta da Kray, fece illuminato il Teatro una pessima Accademia.

 

26  [Luglio 1798]

Oggi corre che l’Imperatore avanzerà, e che il Comandante Francese nella Cisalpina abbia avvertito che nessuno si muova se vedono arrivare truppe Austriache al di là de’ loro confini.

Qui vengono truppe e Generali, ma così alla sorda, che la noja non fa più vedere né ricercare.

L’altr’jeri il giovine Iseppo Stecchini fu posto in prigione dai birri, si crede per ordine della Polizia di Venezia.

Furono chiamati diversi giovinastri di Montebello per imprudenza di discorsi. Si và con una mano così benigna che i Patrioti nemmen se ne lagnano.

Si dice che Pesaro, Tugout, Ghislieri sieno in viaggio per Venezia: i Democratici non vogliono a tutto costo credere che il primo vi venga.

Si dice che Tougut sia stato dimesso per volere dei Francesi, credendolo troppo attaccato al Gabinetto di Londra, altri che non essendo Viennese, e che estrandogli sangue non è di quello che ivi si ricerca un Uomo qualunque meritevole non può farvi fortuna.

L’Imperatore è fermo nel suo affetto per Tougut: questo ha tutta la possanza che può avere un Ministro, ma che un uomo solo non potrà mai sostenere un carico di tal natura per talenti che abbia, e se lo prova in fatto.

 

31  [Luglio 1798]

Si spera molto della Pace. Si dice che Cobentzel abbia ottenuto il Toson d’oro in benemerenza delle ultimate negoziazioni. Kray dice che avremo Ferrara, ma che Bologna è troppo santa: di Mantova più non si parla. Poveri noi!

Va arrivando il Reggimento degli Ussari: quello di Cavalleria che abbiamo passerà in Territorio. Si prende nota dei luoghi di Campagna. Qualche cosa deve succedere perché le truppe aumentano, e s’insiste a sperar bene.

Delle flotte vi è gran curiosità: si dice ora prigioniero, ora inseguito, ora circondato Bonaparte, altri lo credono sbarcato in Alessandria. Il tempo solo potrà delucidare un così misterioso, e romanzesco avvenimento. V’è chi sostiene che con tal spedizione la Francia abbia voluto sbrigarsi di Bonaparte, altri che Bonaparte abbia una febre di gloria inestinguibile. Bisogna adunque aspettare il fine delle cose, e solo giudicare allora di così strane combinazioni.

Adesso si aspetta Tougut a Venezia. Siamo in pieno tranquilli, ma incerti di tutto. Si provvede per le Truppe, e si ribassano a questo effetto i prezzi dei generi. Il soldo parte, la carta si moltiplica, la cattiva moneta inonda. Il Governo c’è per mostra, e non si sa mai dove appoggiare. Si spera nel futuro con delle lusinghe che mai non rissecano ad onta dell’evidenza. I tempi attuali in vece di apportar dei beni tutto s’imbroglia per distruggere sino le traccie.

È andata in scena la Comedia. Il nostro Paese è unico nel suo brio. Tutti sono contenti di Vicenza. I Veneziani vi trovano quei riguardi, che non ottengono altrove. I Tedeschi vi si trovano bene. I Francesi non finivano di dirlo. Il Paese è molto ospitale, e amante di novità.

 

 

 

 

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31  [ Agosto 1798]

È arrivata ai 7 del corrente la notizia della total disfatta della Flotta Francese nelle acque di Candia colla prigionia di Bonaparte. Ne sortì  stampe, rami, e dettagli, poi si soggiacque nella prima incertezza e curiosità, essendo totalmente falsa questa notizia provenuta da Livorno.

Si tiene per certa la guerra colla coalizione della Russia.

 

 

 

 

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15  [Settembre 1798]

Oggi ha cominciato l’accampamento della cavalleria a Sarcedo.

Si spera la pace non vedendo la Truppa che si credeva in marcia.

Si rinnova la notizia della disfatta della flotta Francese, non più ai 8 di Luglio, ma bensì ai 7 di  Agosto. Si dice che l’equipaggio sia sbarcato in Alessandria ritrovando molto, ma s’aspetta conferma.

 

30  [Settembre 1798]

Oggi arrivano le conferme da Napoli, da Firenze, da Costantinopoli per Vicenza della total disfatta della flotta Francese, del mal arnese di Bonaparte nel suo sbarco in Alessandria; ad onta di ciò si diffida, e vien supposto dai Democratici tutto il contrario. Vedremo il scioglimento di 4. mesi di dubbiezze anche in tal proposito.

Si è cambiata in Venezia tutta ad un tratto la Commissione Camerale: tutto è posto in un caos indeciffrabile, si va avanti, perché il tempo fa il suo corso senza abbadare alle diverse leggi e direzioni. Veramente si vede che il mondo sa andare da sua posta. Per i Veneziani si vede che chi non seppe comandare non sa servire: l’orgoglio attuale che dimostrano per le cariche fa nausea.

Quì si commedia: arriva Ussari: si fa un accampamento di 1000 uomini a Sarcedo. Un giorno si teme fatalmente la guerra, l’altro si spera fermamente la pace. Pare che tutto indichi una decisione, ma passano gli anni, e i mesi, e tutto resta incerto. Se la romanzesca idea della spedizione in Egitto, della liberazione della Polonia, della conquista delle Indie Orientali, dello sbarco rivoluzionario in Irlanda non ha conseguenze nelle sue esecuzioni si può credere una pace generale: altrimenti il fuoco è appiccato, da tutti i versi.

Non si sà più in che mondo si sia. Il Paese è tranquillo per apatia, e si diverte in tal disposizione. I ladri infestano il territorio. I Soldati vivono nelle Case di Città e di Villa. Il Governo è un nome, e denota di esser cambiabile in tutte le guise. Le nuove son rare per politica, e sempre dannose. Fra il male e la speranza, fra l’incertezza e il timore si passa una vita assai disagradevole.

 

 

 

 

 

 

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4  [Ottobre 1798]   

S. Francesco

Re austriaco Francesco II

Oggi si ha fatto solennità per il nomastico. Funzione in Duomo, a cui è arrivato il Vescovo per gl’intrighi del Cerimoniale appostatamente da Padova. Si fà gran parata sulla Piazza del Duomo. Kray è partito col pretesto di far la rivista delle truppe, ma in fondo per schivar la spesa. Si è sospeso lo sbarro delle Artiglierie per economia, ma si ha ordinato a tutte le Parocchie lo sparo dei mortaletti.

I Democratici temono ogni funzione perché al loro dire il popolo si eletrizza, e li chiama Giacobini.

Si dice  che a Venezia si faccia una nuova organizzazione: stampi quell’altra.

Niente si parla di guerra, anzi in questa settimana corre la Pace. Pare che non vi sia alcun dubbio della disfatta  della flotta francese, ma in simili cose convien attendere il Corrier zotto, che ordinariamente dissipa le più belle lusinghe.

L’ Abate Parise vicino al Papa a Firenze scrive al fratello un foglio alla settimana: chi lo desidera, chi lo disprezza, ma tutti vogliono leggerlo.

 

5  [Ottobre 1798]

I Francesi han perduto la battaglia navale, e i fogli stessi di Parigi lo confessano: perduta la flotta però pare che Bonaparte vadi con rapidità d’Alessandria al Gran Cairo nell’Egitto, e secondo le relazioni più in là.

Si parla sempreppiù di guerra e si trema.

Vengono quantità di disertori Francesi per mancanza di paghe, e si arruolano presso ai Tedeschi; tutto è temibile nei Francesi.

Si fanno continui esercizj. La Cavalleria è inimitabile.

Il giorno del nomastico successe una scena fra il K.r   Luigi Bissaro, e un Nolizino: furono ambedue in arresto. I Patrioti non vogliono capire che dopo simili vicende convien astenersi dal pubblico in certi giorni: il popolo non vuol sentir Giacobinismo, e i Democratici mostrano di credere per loro discolpa ch’esso venghi suscitato. Se ciò fosse vero le cose sarebbero andate avanti; mentre l’opinione in questo è decisa. Ma era riservato alla sola odierna Democrazia questo orrore, da esso chiamato energia popolare, dalla quale peraltro non furono mai secondati per un deciso opposto sentimento ad onta che si profondesse le seduzioni, le grida, il soldo, e l’inganno al misero popolo.

 

7  [Ottobre 1798]

Le nuove della battaglia navale sono di già confermate contrarie ai Francesi; ma i Patriotti sperano nello sbarco, e in una nuova guerra coll’Austria.

 

12  [Ottobre 1798]

Oggi si è eseguito in Campo Marzo il tante volte postizzipato esercizio a foco. Agì la Fanteria colla Cavalleria, e le scariche, e tutto il complesso comparve bello e pittoresco: si andò all’attacco all’assalto di Porta Nuova, e sul Portone del Marzial Campo si vide e ritirate e sconfitte, e finalmente rimasero di dovere vincitori gli Austriaci. Beccar era furioso, mentre la sua Truppa fallando faceva la guerra fra di essa: ciò non piacque stante l’opinione delle passate disgrazie. Tutto il Paese era deserto per concorrere allo spettacolo, e terminò per tempo come il solito delle truppe.

A Venezia si piange per un verso, e si ride sulle frasi forensi che adopera Pellegrini: eccone una in voga: sopra il deciso aggravamentale si purga la mora, e il Giudice fa le sue occorrenze. Sarebbe men male l’assoluto Tedesco piuttosto che ridur Araba la nostra lingua.

Si dice e per lettere, e per fogli il sicuro avanzamento dei Tedeschi dopo i 17. del corrente. Si vuole per certo che saranno adempiti gli articoli segreti di Campo Formio, e che Mantova sarà Imperiale.

Ella è una Commedia, per la quale non si può ancor ridere il sentire degli Aristocratici al menomo raggio supporre che la Francia più non esiste e i Democratici a negar persino la rotta navale dei Francesi, e a pascolarsi delle idee le più romanzesche, e distruggitrici; ma fin che le cose non si decidono per la pace convien trangugiar le solite pillole.

Todero ha lettere di Augusta (sempre fallaci) che annunzian la pace dell’Impero segnata ai 5 del corrente, e l’adempimento del Trattato di Campo Formido: non vorrei altri salti di quinta, mentre tutto fa timore. Ai nostri occhi però i movimenti non son di guerra. I Tedeschi esercitano placidamente le loro militari operazioni; sono in numero, è vero, ma non quanto converrebbe, e sempre deve giungere, e non arriva mai, supposto la circostanza si amerebbe di vedere un’imponente situazione. I Francesi dall’altro canto sembra che non rinforzino, ma essi sono solleciti in tutto, e pare l’andamento delle due armate collo stesso apparato dell’anno scorso, quando reciprocamente si mangiavano S. Marco: Dio sa quale boccone  adesso amorevolmente si vagheggia e s’inghiottirà. Se la cosa finisce in bene sarà ancor essa una gran maraviglia, perché gli uomini sono ridotti a non saper più cosa desiderarsi, tanto ogni cosa scopre un cattivo verso.

 

15  [Ottobre 1798]

La città è in guerra col Territorio, e v’è delle cabale infinite, e già termineranno col consueto metodo del Governo misto Austriaco, e così tutti avranno torto.

Oggi son terminati i gran esercizi della Cavalleria. Molti soldati sparsi nelle Ville; 100 per quì, per là ritorneranno nelle Case dei particolari  in Città.

I giorni scorsi si teneva per certa la Pace, e l’avanzamento, ora si ritorna come prima a esser delusi, e a sospirar un felice avvenire che non arriva mai.

Lettere di Venezia  dicono preso Bonaparte, decapitato, imbalsamata la testa e mandata in dono al Gran Signore, che la fece porre  su d’una Picca d’innanzi al Serraglio: ciò non par credibile, ma bensì che la sua armata si ritrovi in critica posizione.

La Russia, la Porta stante l’impolitica Francese, e l’Inghilterra sembrano coalizzate coll’Imperatore per fulminar finalmente l’Idra rivoluzionaria. Speriamo che un simil sforzo ci procuri invece il Bene della Pace, e che particolarmente noi veniamo ridotti à riguardar dal Lido chi stà per naufragar: mentre niente è certo in questi calamitosi tempi, e un cattivo presentimento non può cangiarsi fin che non cangiano le cose.

Si dice che queste Potenze vogliono ristabilito il Papa, e la Veneta  Republica, e contemplano in tutto lo statu quo. I Veneziani si lusingano molto, ma li morti non risuscitano, e le Storie fanno vedere che quando uno Stato è predato più non si restituisce. Nel secolo però dei bossolotti non deve sorprender più nessuna cosa. Tutto è possibile, e probabile, ed è ben per questo che non si ha più né regole, né congetture ragionevoli.

Abbiamo una pessima Comedia per occupar i Soldati. Si comincia a vedere delle diserzioni Autunnali di mano in mano che i Soldati evacuano i luoghi di villeggiatura.

Padova resta senza professori, ogni settimana ne vien congedato ed esiliato qualcuno, chi per vendette private, chi per imprudenze politiche, chi vuole per minorar le spese. Erano per verità pagati molto, e pochi facevano il loro dovere, concambiarono anche con molta ingratitudine i Veneziani che, nella loro maniera li protessero assai. Pochi eccellentissimi fuori di Venezia, malcontenti di tutto girano poco in quella Città, e sono divorati dall’odio e dall’ambizione. Gran destino! Veramente compassionevole per essi e per noi.

Continuano i Francesi e i Cisalpini a disertare: ciò non sarà senza il suo perché.

 

19  [Ottobre 1798]

In 9 mesi che son quì gli Austriaci, mai si ha dato il pensiero a liberar il Paese da tanti malfattori, e ladri che l’infestano: spesso le prigioni son per fuggire, coi soliti raggiri ne sortono: si reclama, si espone tutto indarno. Kray esprime assai, ma non si fà nulla, e non vien dato retta come se si dipendesse dalla China.

Niun Ministro vergognosamente vien pagato nei civici impieghi, e si vede tanta povera gente a impiegar i loro sudori senza mercede, e quasi costretti ad abusar per vivere.

Tutto è in aria, tutto è cabala, e tutto a prezzo. Si ha diramato delle immense cedule, queste calano formisura. Si fa casse di numerario (mentre lo stesso Sovrano non vuol carta ad onta della Tedesca sua Promessa in essa) si spediscono a Vienna, ne vien fatto nel particolare da suoi ministri: i Soldati vivono miseramente, e incartano il soldo s’è possibile, e piombano sul generoso albergatore. Infine noi siamo imperiali di nome: condotti malamente e scioccamente senza piano: cosa debba succedere o quel che indichi una tal direzione nissun lo sà: Tutti sono malcontenti, annojati, ed arrabiati: il solo confronto coi Cisalpini tiene in vita.

La Città è sospesa sul giochetto del Territorio, e spedirà lo sballottato ma abile Anguissola a Venezia. Il rimettere all’immaginario 1796 tutte le cose ha formato un mosaico indicibile. O ben una cosa o ben l’altra, se siamo Tedeschi, tedeschiamo una volta, ma si teme di tutto, e con ragione, e ciò non consola.

 

20  [Ottobre 1798]

Oggi corre la guerra: i Russi s’incamminano verso l’Austria: i Francesi han deciso che quando questi  entreranno nei Stati Imperiali sarà decisa la guerra. Noi siamo quì formicolanti di soldati esercitati, ma non confortati. I Russi vengono, i Cosachi, i Calmuki, i Turchi, oh che diavolo gira per l’aria! non vorrei una dose di barbari, o di repristinata libertà. Tutto è male fuori della Pace, ma questa non si vuole, o non si sà comporre. Qual destino è il nostro! Gl’Inglesi nelsoneggiano il loro interesse: la Russia vuole il Statu quo avanti la guerra: il Turco non sà quello che si faccia, e dimostra la sua debolezza. L’Imperatore vuol conquidere e ingrandirsi: la Prussia vuol star neutrale: i Francesi vogliono liberar il mondo da tiranni, e con questo pretesto ingojar tutto, e noi todeschiamo tranquillamente le nostre private mire. Non vorrei che tutto ad un tratto cominciassimo malamente la guerra, e che al nostro solito noi divenissimo ora d’un Padrone, ora d’un altro. Non ci vedo chiaro in un sconvoglimento, in cui tutte le suste sono rilasciate, e non si può congetturare che dei gran mali. Mentre a che buono non conoscer prima i propri interessi tanto evidentemente attaccati, e solo in oggi coalizzarsi davvero tutte le Potenze? Quel ch’è certo è che un tale apparato se non procura la pace, io temo che se la guerra ci funesta di nuovo, la gran causa si decida, e allora Dio ce la mandi buona; perché i Francesi non son gonzi da intraprenderla senza fondamento.

Si dice che le navi prese ai Francesi da Nelson sieno a Gibilterra, che Bonaparte nella sua spedizione sia stato inviluppato, e tagliata tutta la sua armata a fil di spada. I Democratici non credono nulla: tutte queste voci si spacciano da più giorni, ma nulla v’è d’ufficiale. Si dicono ancora padroni i Russi del Zante, e Malta ch’ha inalberata bandiera Napolitana. Se ciò è tutto vero gl’Inglesi la possono contare assai: ma noi Continentali nulla v’ha che ci assicuri. Le perdite per un Popolo libero non sono mai senza risorsa fin ch’esso esiste.

 

26  [Ottobre 1798]

Della flotta Francese distrutta sul Mediterraneo non v’è più dubbio. Dei progressi degl’inglesi su Malta e le Isole ex-Venete del Levante si parla molto, ma non v’è niente di positivo. Sulla spedizione di Bonaparte chi la crede all’Indie, chi a Costantinopoli, chi solo in Egitto. I Democratici certo lo credono incamminato vittoriosamente al suo destino. Ma le Gazzette, e il raziocinio lo suppongono a cattivo partito. Quì si parla di guerra, e si spera la pace. Tutta l’Europa sembra nel più massimo movimento. Questo pare il momento d’una crisi decisiva. I Russi camminano, dicono i Patriotti, ma al solito non arrivano mai. Siamo in un bosco di Soldati, e in Cisalpina si crede che non vi sia preparativi.

Noi siamo al punto di veder la Pace, gli avanzamenti, e la guerra stessa colla medesima probabilità.

I Veneziani si lusingano di rissorgere, e credo che i Russi, gl’Inglesi, e la Porta li voglia nel loro primitivo stato. Io temo che non si si ricordi nemmeno che abbiano esistito: quando però un gioco dei loro interessi non facesse nascere qualche stravaganza.

 

31  [Ottobre 1798]

Terminato il mese colla solita incertezza di tutto. Sembra però che le voci di guerra si rinforzino sempreppiù, contuttociò le lusinghe della Pace non abbandonano mai.

C’è gran riflessione per l’ospitalità degli Ufficiali nelle case, e sempre si teme di qualche dispiacenza che possa insorgere. La menoma cosa è sempre a danno dei Padroni di Casa, e il soldato ha sempre ragione.

Di Bonaparte ora è morto, ora fà morire: vedremo alla  per fine cosa ne succede.

Ora si sente coalizioni immense: ora una Nazione intera che si arma: ora negoziazioni che non finiscono mai: ora affari combinati: oh qual caos si forma e si sviluppa a nostre spese: l’umanità e le sostanze non si calcolano più nulla.

 

 

 

 

 

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30 [Novembre1798]

Tutto questo mese si stette in gran incertezze di guerra, sentendo i movimenti del Re di Napoli, ma niente successe.

Si parla di Bonaparte perduto e morto, questa sarebbe una gran vittoria per i coalizzati, mentre la sua stella è fatale. Dopo la metà del mese comparve il gran Decreto imperiale, il quale abolisce tutti gli affari combinati sotto il violento Governo Democratico, e parimente tutte le rischiarazioni e conferme succedute sotto l’attual provvisorio Governo. Questo decreto già carpito per raggiri apporta una vera rivoluzione d’interessi, e tutti vi sono in qualche modo interessati stante che le spese Democratiche costringevano a vendite e a cambj. Sembra ciò anche impolitico ai coalizzati, mentre gli Uomini abbadano più al loro interesse che alla qualità del Governo, e il non esser sicuri del proprio rende indifferenti al resto. Sembra impossibile anche la sua esecuzione.

 

 

 

 

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15  [Decembre1798]

Gran villeggiature: gran stuffe per i Soldati, e gran ladri nella Provincia.

Si sente da alcuni giorni gran movimento dell’armata Napoletana e che possa il Re di Napoli aver preso possesso di Roma. Ma nulla al solito si sà di certo, e si trattengono i Corrieri. Tutti gli Uffiziali suppongono la guerra per dar mano al Re di Napoli, e ciò par naturale: in pien però si crede pace, tantoppiù che la linea dell’Adige venne abbandonata dai Francesi, e i proprietari Veronesi con sommo conforto se ne prevalsero per vendere le loro derrate. Oggi però si sa che i Francesi ritornano a pattugliarvi colla Cavalleria.  Si vive ansiosi come l’ordinario.

 

19  [Decembre1798]

Oggi son 11 mesi che abbiamo gli Austriaci. Il Governo è ancora, come non ci fosse. Gran confusione negli affari: nissun provvedimento alla sicurezza della vita e proprietà: tutto resta in balia de’ Ladri: a niente si pensa, e si spera nell’avvenire. La carta monetata gira, ma il publico la rigetta: ancor questo fa sensazione.

Si dice che il Re di Napoli abbia avuto la peggio: che il Piemonte sia democratizzato, e che il buon Duca di Toscana sia arrestato, ma niente si sà di dettagliato. Non si sà comprendere come Napoli abbia intrapreso la guerra così da se solo: i Patriotti dicono ch’era appoggiato, ma che l’avvenimento sinistro ha cangiato ogni cosa.

Si parla dell’Egitto ora di morte, ora di resurezione dell’armata Francese, ma al solito vagamente sulle speranze dei partitanti.

Il Principe d’Orange creato Generalisimo dell’armata Austriaca in Italia fu a Vicenza, e ha dimostrato gran disciplina e zelo; vien calcolato il vecchio Laudon per bravura: Esso ha 25 anni: è Olandese e piace come Principe all’armata, ma vien riguardato con gelosia dagli Uffiziali per le  solite incomprensibili brighe, e sospetti, di cui è pieno il militare Tedesco.

Quì sembra d’essere in un pozzo, tanto  tutto è oscuro. Potrebbe esser tutto colla medesima probabilità; a chi ama la quiete lascio pensare se si può trovar bene  un tal bivio.

Si fà esercizj al gelo del Campo Marzo, con molta rabbia degli Uffiziali, i quali si tolgono alla pippa, alla stuffa, e alle carte. Al Teatro Comedia ma senza concorso; mentre le arpie sono di moda.

 

22  [Decembre1798]

Le cose restano addormentate  al solito, e  si parla di una notizia ufficiale venuta da Vienna della morte di Bonaparte, e della distruzione della sua armata al Cairo: quando si sospira di saper gli affari dell’Italia si  parla dell’Egitto, e non vorrei che fosse come del 1796 che quando le cose andavano male in Italia si diceva che andavano bene al Reno, e poi si finì per perdere da tutti i versi. Non si sa intender nulla stante che il ragiro e la goffagine sono all’ordine del giorno, e si aspetta miseramente dal tempo, le rischiarazioni, la quiete, e lo star bene.

 

27  [Decembre1798]

Tuttavia mancano i  Corrieri di Napoli e Toscana, e nulla si sà di questo imbroglio, della Guerra o degli affari d’Italia. Molti vogliono i Francesi ritornati a Roma, altri che vi sieno vicini, altri che i Cisalpini retrocedino verso Modena mentre questi non sono bocconi per essi.

Quì non si parla che di freddo, e del Terribile incendio Sermondi, per cui la Truppa batté la Generale, e vi accorse in un batter d’occhio, ma li abitanti se ne astennero per timore delle soldatesche bastonate.

Kray è andato a Padova a far le veci del Prencipe d’Orange ammalato per troppa fatica nel rivedere prestamente le sue truppe: ci resta Morcin, e Gotseim.

Passò all’Accademia di ballo il Conte Pietro Uffizial Caldogno, e si accettò la dimissione del Conte Vicenzo per non voler egli ammettere il primo come Nobile attesi li suoi litigi: ancor questo diede materia da  ridere alle  pur troppo vacillanti opinioni dell’ invidiosa non Nobiltà che si chiama Patriotti.

 

31  [Decembre1798]

Ecco terminato l’anno colla solita angustiosa incertezza che dal 1796 più non ci abbandona. L’abbiamo incominciato colla Pace. Arrivarono però i Tedeschi che appena si credeva ai proprj occhi, tanto furono le remore. Giunti appena si cominciò a dire che avremo degli avanzamenti pacifici, ma più di tutto la guerra fra due mesi. Sopragiunse indi l’affar della bandiera di Bernadotte a Vienna, allora si temé di certo la guerra. Arrivò indi con sorpresa la spedizione in Egitto, e la battaglia navale, di cui per la p.ma non si sa ancor l’esito, e per la seconda vinta superbamente dagl’Inglesi non se ne conosce ancora un utile conseguenza. Intanto il nostro Governo caminò nel mondo della Luna, e senza qualsisia piano stabile a modo che disgusta tutti. Il commercio non è favorevole a noi negli Stati Imperiali, come se fossimo nemici. Non si può andar a Vienna né per affari, né per diporto: La carta monetata circola con dispiacere, e tutto il soldo và a Vienna. L’Agente Regio Pellegrini non è capace né di agire, né di soddisfare. Si ha parlato di reggerci meglio, ora più non se ne parla. I soldati popolano le nostre case di Città e di Villa. I Ladri infestano sempre, senza che ci sia dato qualsisia riflesso né gastigo. Sortono i Ladri di prigione col favor solito del raggiro e del soldo. Ora nel terminar dell’anno si sente il Re di Napoli a far la guerra, chi dice appoggiato, chi nò, chi lo crede vincitore, chi sommamente perdente.

Intanto la Svizzera è andata, e il Re di Torino è andato a regnar in Sardegna, e il piccolo Stato che gli restava è democratizzato. A Rastadt si negozia comediosamente. I Russi camminano ora forte, ora adagio. La Pace non par credibile, mentre tutte le apparenze vogliono fatalmente la guerra. Ecco terminato in tal guisa il 98.

 

 

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