O.L.F.A

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ANNO VI NN. 25/26 MARZO-APRILE/MAGGIO-GIUGNO 2002 FERRARA

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UNO STILE DI VITA

( Un estilo de vida* )

di  Fernando Sorrentino

 

 

      Nella mia gioventù, prima di diventare coltivatore e allevatore, ero impiegato municipale. Le cose andarono così:

      Avevo all'epoca ventiquattro anni e nessun parente prossimo. Vivevo in questo stesso piccolo appartamento di avenida Santa Fe, fra Canning e Aráoz.

      Si sa già che, ridotti in uno spazio tanto angusto, si possono verificare inconvenienti. Nel mio caso, un inconveniente minimo: quando feci per aprire la porta per recarmi al lavoro, la chiave si ruppe nella serratura.

      Dopo aver fatto invano ricorso a cacciaviti e pinze, decisi di chiamare per telefono una ferramenta. Mentre attendevo il fabbro avvisai la municipalità che sarei arrivato un po' più tardi.

      Il fabbro venne fortunatamente abbastanza in fretta. Di quest'uomo ricordo solo che era giovane, ma con i capelli completamente bianchi. Attraverso lo spioncino gli dissi:

      «Mi si è rotta la chiave nella serratura».

      Abbozzò un breve gesto di disappunto:

      «Dall'interno? La cosa in questo caso è già più difficile. Dovrò lottare per lo meno tre ore e devo chiederle…»

      Disse una somma terribilmente elevata.

      «Non ho ora in casa tanti soldi» risposi. «Ma appena riesco ad uscire vado alla banca all'angolo, prelevo i soldi, e la pago».

      Mi guardò con riprovazione, come se gli avessi proposto un'immoralità:

      «Mi dispiace molto, signore» proferì con addestrata cortesia. «Non solo però io sono membro fondatore dell'Unione Argentina dei Fabbri, ma anche uno dei principali redattori della Magna Carta della nostra istituzione. In essa non è stato lasciato al caso nessun punto. Se lei avesse il piacere di leggere quest'appassionante documento apprenderebbe, nel capitolo dedicato ai "Principi basilari", che al perfetto fabbro è vietato incassare dopo la conclusione del lavoro».

      Incredulo, sorrisi:

      «Si tratta certamente di uno scherzo».

      «Signore mio, la questione della Magna Carta dell'Unione Argentina dei Fabbri è troppo seria per scherzarvi sopra. Ci ha richiesto anni d'arduo studio la stesura della nostra Magna Carta in cui nessun dettaglio è stato trascurato ed in cui un essenziale principio morale anima i suoi diversi capitoli. Certo che non tutti riescono a capirlo poiché usiamo spesso un linguaggio simbolico od esoterico. Credo tuttavia che lei capirà il versetto 7 della nostra introduzione: "Aprirà l'oro le porte e le porte lo adoreranno"».

      Mi disponevo a non ammettere quelle ridicolaggini:

      «Per favore» gli dissi «Sia ragionevole. Mi apra la porta e poi la pagherò».

      «Mi dispiace, signore. Ogni professione ha un'etica ed in quella dei fabbri, questa è inflessibile. Buon giorno, signore».

      E così se ne andò.

      Restai per qualche istante disorientato. Tornai a chiamare la municipalità ed avvisai che quel giorno non avrei probabilmente potuto essere presente. Poi pensai al fabbro canuto. Mi dissi: "Quest'uomo è un pazzo. Chiamerò un'altra ferramenta e, per sicurezza, non dirò di essere senza soldi fin quando non mi avranno aperto la porta".

      Cercai nella guida telefonica e chiamai.

      «Che domicilio?» mi chiese una voce prudente di donna.

      «Santa Fe 3653, 10° A».

      Tentennò un attimo, mi fece ripetere l'indirizzo e disse:

      «Impossibile, signore. La Magna Carta dell'Unione Argentina dei Fabbri vieta si esegua qualsiasi lavoro a quel domicilio».

      Mi accesi in una vampata di collera:

      «Ma scusi! Non sia insens… !»

      Troncò la comunicazione senza degnarsi di farmi finire la parola.

      Tornai allora alla guida telefonica ed effettuai una ventina di chiamate ad altrettante ferramenta. Come udivano quale fosse il domicilio tutte si rifiutavano di colpo di effettuare il lavoro.

      «Bene» mi dissi . «Troverò la soluzione per altro verso».

      Chiamai telefonicamente il portiere del palazzo e gli descrissi il problema.

      «Due sono le cose» rispose. «In primo luogo non so aprire serrature, ed in secondo, anche se lo sapessi fare, non lo farei giacché mio compito è fare pulizia e non liberare gatti intrappolati. Lei d'altra parte non è mai stato generoso con le mance».

      Cominciai a diventare molto nervoso ed eseguii una serie di azioni inutili, incoerenti: feci un caffè, fumai una sigaretta, mi sedetti, mi alzai in piedi, feci alcuni passi, mi lavai le mani, bevvi un bicchiere d'acqua …

      Mi ricordai allora di Monica Di Chiave: feci il numero, attesi, udii la sua voce.

      «Monica» le dissi fingendo mellifluità e spensieratezza. «Come stai? Come ti va, bellissima?»

      La risposta mi lasciò tremulo:

      «Ti ricordi ora di chiamare? Si vede quanto sei innamorato… Sono quindici giorni che non te se ne vede il pelo».

      Discutere con donne irritate va ben oltre le mie forze, soprattutto nella situazione psichica in cui versavo in quel momento. Cercai tuttavia di spiegarle rapidamente cosa mi succedeva. Non so se non mi udì o non lo volle fare. L'ultima cosa che disse prima di troncare fu:

      «Io non sono un giocattolo per nessuno».

      Non mi rimase che realizzare una seconda serie di azioni inutili, incoerenti.

      Chiamai poi la municipalità nella speranza che qualche collega potesse venirmi ad aprire la porta. Disgraziatamente mi capitò di parlare con Enzo Paredes che io detestavo giacché stupido e burlone.

      «Cosicché non puoi uscire di casa?» esclamò detestabilmente. «Non sai proprio cosa inventare per non venire al lavoro!»

      Qualcosa simile ad un impulso omicida s'impadronì di me. Chiusi, chiamai nuovamente e parlai con Miguel Angel Laporta che era un po' meno idiota. E, in effetti, parve interessato a trovare una soluzione:

      «Cos'è che s'è rotto, dimmi un po', la chiave o la serratura?»

      «La chiave».

      «Ed è rimasta dentro la serratura?»

      «Una metà è rimasta dentro» risposi già un po' esasperato dall'interrogatorio, «e l'altra fuori».

      «Non hai provato a prendere fuori con un cacciavite il pezzetto che sta dentro?»

      «Certo che ho provato, ma è impossibile».

      «Ah, allora non ti resta che chiamare un fabbro».

      «Già fatto» risposi contenendo il furore che mi soffocava, «vogliono però essere pagati in anticipo».

      «Ebbene: pagalo e via».

      «Ma è che sono senza soldi».

      Allora si seccò:

      «Basta, fiaccone, tutti i problemi sono tuoi!»

      Non trovai una rapida risposta. Avrei dovuto chiedergli in prestito del denaro, ma la sua frase finì per accecarmi e non ne feci nulla.

      Così, infruttuosamente, era trascorso quel giorno.

      Il seguente mi alzai di buon'ora per iniziare con nuove chiamate. Sennonché ­ cosa molto frequente ­ mi avvidi che il telefono era guasto. Un problema insolubile: come sollecitarne la riparazione senza avere un telefono per effettuare la chiamata? Andai sul balcone e mi misi a gridare alla gente che passava per avenida  Santa Fe. Il rumore della strada era assordante, come si poteva sentir gridare qualcuno dal decimo piano? Qualche persona alzava al massimo vagamente la testa e continuava per la sua strada.

      Ebbi allora un'idea. Misi nella macchina da scrivere cinque fogli con quattro carte carbone e scrissi il seguente messaggio:

      Signora o signore, mi si è rotta la chiave nella serratura. Sono due giorni che sono bloccato. Faccia per favore qualcosa per liberarmi. Santa Fe 3653, 10º A.

      Lanciai i cinque fogli dal balcone. Le possibilità d'una caduta verticale erano minime da tale altezza. Portati dal capriccio del vento volteggiarono a caso. Tre caddero sulla carreggiata e furono pestati ed anneriti dai continui veicoli. Un altro si posò sul tendone di un negozio.

      Il quinto cadde però sul marciapiede. Un minuto signore subito lo raccolse e lo lesse. Guardò poi verso l'alto facendosi schermo con la mano sinistra. Abbozzai verso di lui un gesto amichevole. Il signore stracciò il foglio in tanti pezzettini e li scagliò, con gesto collerico, nella cunetta.

      Insomma, continuai per molte settimane ancora con ogni genere di tentativi. Lanciai centinaia di messaggi dal balcone: o non li leggevano, o li leggevano e non li prendevano sul serio.

      In giorno vidi un avviso infilato sotto la porta dell'appartamento. La compagnia telefonica mi avvisava della sospensione del servizio per morosità nel pagamento. Poi, in successione, mi tagliarono il gas e l'acqua.

      In principio, irrazionalmente, non facevo economia di viveri. Mi resi però presto conto che tale condotta era errata.

      Collocai sul balcone recipienti per raccogliere l'acqua piovana. Sradicai le inutili piante ornamentali e nei vasi seminai pomodori, lattughe, lenticchie ed altri legumi che curo con amore e diligenza. Necessito anche di proteine animali: ho imparato ad allevare e far riprodurre in cattività insetti, ragni e roditori; catturo talvolta qualche passero, qualche piccione.

      I giorni in cui c'è il sole riesco, con una lente e la carta, ad accendere il fuoco. Come combustibile sto usando i libri, i mobili, le tavole del parquet. Ho scoperto che in una casa vi sono sempre più cose del necessario.

      Vivo abbastanza confortevolmente, pur se con qualche carenza. Non so cosa succeda altrove. Non leggo periodici e non posso far funzionare né il televisore né la radio.

      Osservo il mondo esterno dal balcone e noto alcuni mutamenti. Una certa volta i tram smisero di transitare. In altra occasione avenida Santa Fe, che era a doppio senso di circolazione, divenne a senso unico. Non so quanti anni siano trascorsi da questi mutamenti. Ho perso la nozione del tempo, ma lo specchio, la mia calvizie, la mia lunga barba bianca ed il dolore delle mie articolazioni mi dicono che sono molto vecchio.

      Mio diversivo è lasciar vagare il pensiero. Non ho timori od ambizioni.

      Sono, insomma, relativamente felice.

 

( Traduzione © di  Mario De Bartolomeis )

 

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(*) Dalla Rivista Letras de Buenos Aires, Anno 3, Nº 10, Buenos Aires, settembre 1983 e dall'Osservatorio Letterario NN. 25/26 2002   

Link:

http://digilander.iol.it/osservletter/sorrentino.htm

http://digilander.iol.it/osservletter/sorrentino2.htm
http://213.4.108.133/trujaman/anteriores/febrero_02/27022002.htm
http://213.4.108.133/trujaman/anteriores/marzo_02/06032002.htm

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