il patriarca

 

E’ difficile credere che nel primo giorno di primavera, quando la natura comincia a risvegliarsi dal lungo sonno invernale, un grande albero possa essere abbattuto.

E’ accaduto ieri, 21 marzo 2011, a Ortona: la grande noce in prossimità della curva di via XX Settembre giace a terra  fatta a pezzi dalla scure.

 

Il grande albero era sicuramente uno dei pochi patriarchi esistenti a Ortona, in mezzo alle case, aveva 126 anni ed era stato piantato da un bambino nel lontano 1885. Sappiamo bene le date perché il bambino era mio nonno e la noce ha visto passare sotto la sua ombra le generazioni della mia famiglia.

Ieri ho provato un grande dolore, quasi mi sono sentita male, perché sotto quell’albero ci sono cresciuta … ci siamo cresciuti.

Ma le cose inevitabilmente cambiano, non è colpa di nessuno, il grande albero non serviva più, ha dovuto cedere il posto ad altro.

Ma era un albero, prezioso, vivo, forte. Non si dovrebbero abbattere gli alberi!

E non a caso Dio pose un albero nel giardino dell’Eden i cui frutti accoglievano la conoscenza del bene e del male, non a caso Ulisse edificò la sua casa intorno al tronco di un ulivo, non a caso Aureliano Buendia scelse di morire legato ad un castagno  per non vedere i cent’anni di solitudine a cui era condannato il suo villaggio, non è un caso che ogni albero è vitale per questo nostro mondo pazzo.

 

Scampato all’incendio del luglio 2007, violentemente scosso dalle raffiche di tramontana, paziente sotto il peso della neve, tirato a lucido dalla pioggia, accoglieva gli uccelli e anche una coppia di scoiattoli che saltavano di ramo in ramo e nonostante l’età dava ancora tanti frutti e le foglie profumavano intensamente.

Mi consola un poco il fatto che il grande albero vive ancora nel noceto che mio padre piantò 25 anni fa, mettendo nella terra le sue noci, assicurandogli così una specie di continuità.

 

Ma non basta, abbiamo perso un bene unico, uno splendido dono della natura, quasi un amico.

Quando ero piccola sotto la noce persi un anellino d’oro che non  riuscii a ritrovare, ho sempre pensato che quell’anellino d’oro me lo custodiva la noce, di non averlo perso definitivamente.

Da ieri non è più così: l’anellino d’oro è perso per sempre insieme al grande patriarca delle “Mandrille”.

 

                                                                                                                                                           Marina