ORTONA DEI MARSI, BORGO ECCELLENTE DELLA MARSICA

 

           Sia l’estate, quando Ortona pullula di ortonesi tornati per le ferie estive e di turisti innamorati di questi luoghi, sia l’inverno quando  il paese si spopola, spesso mi addentro entusiasta  nei vicoli del centro storico per una  delle mie solite passeggiate.

          Ogni volta, abituato a vivere gran parte dell’anno in città, provo delle strane sensazioni …come se stessi su un altro pianeta…tanto da sviare in alcuni momenti la mente dalla realtà, per farla galoppare nel mondo fantastico dei sogni e delle visioni. Debbo anche dire che mi sono sentito anche più leggero fisicamente e per  nulla  affaticato nel risalire  verso la parte alta del paese…

 

 “Ortona  è uno dei paesi  più affascinanti della Marsica ed è uno di quei borghi che rappresentano egregiamente il Medioevo e dopo… periodo in cui la coscienza popolare non ebbe mai né tempo né  la forza di ribellarsi ai brevi e mutevoli domini... un’ epoca di arbitrì, di sorprusi, di illegalità, di storie  intricate e confuse, grottesche, di signori in fuga che si sono rincorsi per scomparire poi  nel tempo, uno dopo l’altro.

          Oggi di quegli eventi  restano  monchi di mura perimetrali  del XII secolo in poi… che il vento, il sole, le piogge continuano  a  fendere e a sgretolare ogni giorno. Restano i vicoli con le pareti nude dalle tinte scure e grigie. Accanto alle case rinnovate e intonacate, dalle persiane verdi o marroni, si alternano antiche ed  eccellenti costruzioni con  finestre a crociera, bifore di pietra viva, frammenti di fregi in pietra, figurazioni ornamentali sugl’orli delle finestre e un susseguirsi di archi a sesto acuto...

           Molte case, in parte ristrutturate, conservano i portali in  stile gotico e  tutto il centro storico è inanellato dall’impronta medievale di  muraglioni, scalinate, di volte a crociera, di mensole  scolpite, di innumerevoli chiavi di volta dei portali, persino di vecchie  serrature degli usci, e di battiporta.

            Girovagando per il paese alcuni manufatti, mura, torri o absidi, stornate arbitrariamente alla pubblica appartenenza, sono state mutate in dimore o ripostigli personali!…Sarebbe cosa veramente saggia, buona e giusta, direbbe un prete,  se tornassero al bene comune.

             Le maestosità  delle montagne che circondano il Borgo suscitano sentimenti  ed emozioni ed un  respiro ambientale di immacolatezza rara, suffragata dalla nativa posatezza della gente che, soprattutto  nel periodo invernale, trascorre con serenità e con consapevolezza una stagione fredda rinchiusa nelle case al caldo di un camino acceso, in attesa della buona stagione.

            Per il paesano e il visitatore comune, potrebbe essere marginale e secondario sapere con certezza a quale epoca risalgono le mura  perimetrali del Borgo e dove si trovava la Porta segreta per chi doveva rientrare in paese dopo l’orario stabilito; o in quale anno fu  posta la prima pietra della Torre che ancora domina la smisurata distesa della piana  del Fucino  e la  valle del Giovenco. Che importa non avere la certezza del ripido percorso che faceva la biga, il cocchio  e poi la  carrozza dei  nobili di Celano, dei Cantelmo, dei Massimi, del Conte, del Duca  o del Signorotto, per raggiungere la sommità del  Castello? Era un Oppidum strategico o insieme dimora signoresca ? Erano mura guelfe o ghibelline? E infine a quale epoca risalgono  le prime scritte toponomastiche poste il alto sui muri all’inizio dei vicoli del Borgo?  Ad oggi la storia  scritta resta dubbiosa verità, una fiabesca narrazione. Non importa. Lasciamo sciogliere questi interrogativi allo  storico, allo studioso, all’archeologo e consentiamo all’uomo della strada il piacere di ammirare  questo brano di terra dove è adagiata la Comunità di  Ortona dei Marsi.  

              Questo paese, dopo tanti secoli, resta un Borgo invidiabile ed i suoi abitanti, anche se pochi, non hanno perduto la loro forte identità, ossia quella primitiva degli avi; una identità che moltissimi paesi anche abruzzesi hanno perduta da tempo.

          L’identità è un grande valore, uno di quei valori che come la fede  e la famiglia  danno forza all’uomo.  Una identità che ben  si coniuga con l’ambiente, la vegetazione, le colline, il fiume, la montagna...sempre uguali sicuramente agli anni andati.

           Qui la mano dell’uomo, ha soltanto intaccato, ma non contaminato irrimediabilmente il volto  originario del paese, né trasformato il quadro  originale del paesaggio:  immagine eccellente tra i luoghi più espressivi e tipici della Marsica e  della nostra Italia agricola contadina medievale.

          Per identità intendo dire anche usi, costumi, tradizioni, modo di vivere, il peculiare interloquire. Ortona conserva sia il sapore, sia il respiro della natura della terra, la madre Gea, che produce di tutto  anche se non abbondantemente come una volta. Questo paese è restato grazie a Dio illeso e va pertanto conservato, migliorato  e difeso.

          Il richiamo della città, il benessere,  i grandi negozi, i grattacieli, i colori e le luci  artificiali  hanno illuso molti ma assai poco gli ortonesi malgrado la forzata emigrazione per motivi di lavoro e, sia pure a distanza, il cuore, l’anima, i sentimenti, l’identità, sono  rimasti  abbarbicati al Borgo.

         L’ultimo nato nel letto materno di Ortona  se non erro  risale agli anni 1967-68 circa e comunque anche se nati nelle corsie ospedaliere, anche questi a guardar bene, sono riconoscibili nello sguardo, nel parlare, nelle singolare gestualità.

        Ortona  è  sopravvissuta alla trasformazione, al progresso negativo dell’industrializzazione corrotta e alla deformazione del vivere. L’ortonese, d’indole “cocciuta” ha saputo barcamenarsi egregiamente sul piano economico e sociale...una popolazione che ha messo  a profitto le proprie braccia, le proprie fatiche, il proprio ingegno...(Non c’è ortonese che non abbia una casa oltre a quella di Ortona… e questo non è poco!..). E’ questa la risposta che in qualche modo con la sua identità ha saputo dare sul piano  sociale, economico e, non ultimo culturale perché, lo sappiamo tutti, l’analfabetismo degli anni 60 è stato ampiamente sconfitto da queste parti.

         I giovani infatti sono quasi tutti laureati, culturalmente eccellenti e ben saldi al passo con i tempi, anche se lontani, restano, in osmosi profonda, legati orgogliosamente  al  paese dei propri avi ortonesi consapevoli che la città non è più vivibile ed  ha esaurito ogni sua  residua e recondita riserva.

 

       Alcuni scrittori dicono che la città crea e il paese imita. Io ho una visione un tantino diversa. Per me la città ha trovato sempre ispirazione nell’ambiente extraurbano. L’artista non ha prodotto opera, poesia, sculture, quadri, colori, voce, se non dopo essere stato in provincia. L’ispirazione dell’artista viene dalla natura, i colori vengono dalla terra, il desiderio, le creatività si partoriscono stando in provincia. E’ molto difficile spiccare il volo verso l’alto vivendo tra grattacieli, fumi e il caos della città.

         Ortona non è una prigione, come chi vive in città. Qui si è liberi di essere e di andare...ci si sente più leggeri....in città ci sono regole rigide, insopportabili, a volte restrittive,  impossibili….un ambiente logoro e dall’aria  cagionevole.

           Pensiamo al periodo estivo quanta e quanta gente  torna ad Ortona per trascorrere le vacanze.....ed anche ai  forestieri affascinati dal luogo...un luogo che, oltre  alla bontà dell’agglomerato nel suo insieme, come ulteriore attrazione ha una valenza naturalistica e paesaggistica   straordinaria.

          Per gli ortonesi che ritornano è amore, passione,  richiamo…il desiderio di rivedere i propri simili, la casa paterna… di percorrere i vicoli, rivedere la Torre, la Porta Schiorta, le chiese, la piazza di San Giovanni Battista…la Romitella, il Giovenco,  le sue montagne profumate ed oasi rare come  Fonte Giusta.

           La storia di Ortona, e delle sue cinque frazioni, checché se ne dica non è finita; sotto le apparenti ceneri, in questo Borgo meraviglioso, c’è molta  “bracia” che  necessita di un soffio nuovo  per  sprigionare la fiamma ed accendere un grande fuoco che è quello della rinascita, serena, umana sociale culturale  a passo d’uomo, la stessa che servirebbe a questa  Italia in crisi.

        Se così fosse aumenterebbe l’invidia di  molti paesi che non hanno saputo conservare le aderenze alle proprie  radici  al richiamo della città ormai stressata come dicevo sotto tutti gli aspetti.

                Ortona, malgrado le guerre, le carestie, le intemperie, i terremoti che ha subito negli  anni e nei  secoli, è un isola  felice, un brano di terra che parla anche oggi, attraverso le attività ambientalistiche di volenterosi ortonesi, per mezzo di associazioni locali con varie manifestazioni folcloristiche e culturali e la disponibilità della  piccola ma nobile orgogliosa Municipalità.

I meravigliosi scorci del centro storico, l’aria salubre, usi, costumi, le tradizioni, le feste, il culto dei Santi e della Madonna di sulla Villa, dicono che Ortona è  vegeta,   dove non c’è segno consentitemelo di dire,  di ‘Nchiovacriste, o sorta di  Pilate, o Giudèe…ne ha  bisogno di sceriffi di Nottingam…

          Ortona sopravvive serenamente, nelle difficoltà quotidiane  comuni a tutti.  Oggi il suo aspetto in parte rinnovato invita all’accoglienza. La  vegetazione sotto la nuova spinta dell’uomo è in ripresa, la fauna è interessante, il profumo della flora è stimolante unitamente agli schietti prodotti che allettano il palato dei turisti...in sintonia  con il fluire del  Giovenco che irriga i gli orti e la valle.

         Ortona ha i suoi  prati, le sue colline, la montagna Grande…dove vivono tranquilli il lupo, l’orso, il daino, il cervo, il falco, la coturnice, l’aquila...tutti animali che ultimamente  possiamo incontrare  non solo in percorsi montani ma anche, con grande meraviglia,  sulla soglia del paese.

          I semplici ma composti costumi, la lingua parca ma saggia, mai blasfema...i volti umani che suscitano fraternità,  accoglienza  al forestiero, ne fanno un popolo fiero e  saggio.

L’ortonese è il vero marso, sia esso come dicono gli storici, figlio di Circe  o nipote di Angizia, sia esso discendente di Marsia Re de’ Lidi venuta dall’Asia Minore…come  è  marso  quello di Cerchio, di San Benedetto, quello di Celano  e di Tagliacozzo e di altri piccoli centri del Fucino.

         Ovidio, nato Peligno chiama i Marsi, gli Ernici, i Marruccini,  i Latini e i Sabini stessi, “ suoi consanguinei e parenti”.  Questi  popoli ricorda sempre Ovidio Nasone, “ si dedicavano per lo più alla pastorizia e al lavoro dei campi e vivevano  per casali e villaggi. I Marsi, maestri incantatori di serpenti, erano i più popolosi, ed occupavano tra tutti un maggior territorio. Il loro  sito erano le terre attorno allo spazioso e limpido lago del Fucino, di Celano, di Luco dei Marsi, sulle cui sponte orientali sono ancora visibili le vestigia di Marrubio e villaggi montani .. tutte comunità Marse degli Axantini, Lucensi, Antinati...e fortezze belligeranti  come  Plistia, Fresilia, Milonia:  le origini degli ortonesi sono queste.

 

      C’è da rimanere sbigottiti se leggendo testi o ascoltando interventi di illustri scrittori sul panorama abruzzese del mondo “Marsica”, spesso  si  ignori il Borgo di  Ortona.

      Tagliacozzo, Pescina, Angizia, San Benedetto, Civita d’Antino e tante altre sono città della Marsica, ma parlare della Marsica  ignorando quel brano di terra della valle del Giovenco  dove ancora oggi  si riscoprono vestigia della grande Milonia e la tomba della famiglia del guerriero Quinto Poppedio Silone  e si staglia  silenzioso ma  vivo il Borgo di Ortona, è come parlare del Vaticano e non parlare del Papa.

Questa terra non produce soltanto frutti, ma anche poesia,  canto..ed è  luogo di pace e di serenità per chi ci vive.

 

Viva Ortona e la  sua gente.

 

                                                                                                              Alessandro Moreschini