un libro per una chiesa

 

Il pomeriggio del 7 agosto scorso, nella Chiesa Parrocchiale di Ortona dei Marsi, alla presenza di un folto pubblico e delle autorità locali, è stato presentato il libro dal titolo “Sabatino Silvagni - Storia di un Internato Militare Ortonese. 1943-1945”, in cui sono narrate le sofferenze patite da ben 650.000 soldati italiani, che furono loro malgrado le vittime incolpevoli delle vicende che seguirono l’armistizio dell’8 settembre 1943, stipulato dall’Italia con le Potenze Alleate.

Ma al fine di consentire al paziente lettore di ben comprendere come si è arrivati a questo evento, diciamo così, di natura storico culturale, è bene fare un passo indietro e vedere come tutto ciò ha avuto inizio.

Questa storia nasce non molto tempo fa, nel 2007, quando avendo in animo di rivitalizzare la locale Confraternita della Madonna delle Grazie, che da più di 50 anni languiva ed era presente solo nei ricordi dei più anziani ed in alcune sbiadite fotografie, feci circolare la voce circa questo mio intendimento.

Sabatino Silvagni, che da sempre vive nella vicina frazione di Sulla Villa e che per tanti anni ho incontrato sulle strade a svolgere per conto della Provincia il lavoro di cantoniere (è ancora questo il termine corretto per indicare quei lavoratori che hanno il compito di provvedere alla manutenzione della viabilità?), fu tra i primi a rispondere affermativamente al mio progetto e per questo cominciai a frequentarlo, facendogli spesso visita a casa.

Sapete come è, capita, a volte, di frequentare lungamente persone con cui si condividono esperienze, situazioni, pagine di vita e di ritenere, per questa continua vicinanza, di conoscere tutto di loro, anche se poi i fatti dimostrano che così non è. E’ quello che è capitato a me, che nato e cresciuto a Roma, mi sono trovato a trascorrere una buona parte degli ultimi miei 43 anni ad Ortona dei Marsi e tra la sua gente, perché prima fidanzato e poi sposo di una, in quel tempo, ragazza nata proprio lì. Sono 43 anni che trascorro tantissimo tempo in questo bellissimo borgo, che ora è divenuto anche il mio borgo, credendo di conoscere tutti e di sapere se non tutto, almeno molto, di quanti incontro per le “ruve” o nelle campagne circostanti il paese.

E credevo di sapere tutto anche di Sabatino, ma così non era, perché, in occasione di una delle mie visite, lui, conoscendo il mio passato di Ufficiale effettivo dell’Esercito Italiano (lo sono stato per 40 anni), si decise a parlarmi delle sue dolorose esperienze di prigionia, vissute dal settembre 1943 al maggio del 1945 e mi sorprese mostrandomi un memoriale da lui scritto sulle vicende di quegli anni così bui per il nostro Paese.

Me lo feci prestare con l’impegno di digitarlo sul mio elaboratore e di riprodurlo in più copie da distribuire, eventualmente, ai suoi cari (Sabatino e sua moglie, la signora Ida, non hanno figli, ma contano molti parenti e amici che riescono a riempire la loro vita).

Mantenni con scrupolo l’impegno preso e cominciai a leggere con grande interesse il manoscritto; mi resi, così, subito conto che per i suoi contenuti di dolore, di sofferenza e di eroismo meritava di assumere la dignità di un libro, che narrasse le vicende vissute da 650.000 soldati italiani che, catturati dopo l’8 settembre 1943 dalle truppe del Terzo Reich, furono l’oggetto di una ceca vendetta. Vendetta manifestatasi prima attraverso le lusinghe e la menzogna di un immediato ritorno a casa, poi con la violenza di una repressione brutale e sanguinosa e, in fine, con una detenzione lunga venti mesi, con l’obbligo per quegli sventurati di svolgere in condizioni di schiavitù, un duro lavoro per sostenere lo sforzo bellico della Germania nazista.

Rivisitai lo scritto, avendo tuttavia cura di mantenere integre la semplicità, l’immediatezza e la freschezza dello stile adottato dall’estensore; pensai altresì di integrare il memoriale con una serie di informazioni e di considerazioni di natura storica, politica e militare, per fornire ad un non informato lettore gli elementi di conoscenza necessari per una visione più generale e completa del contesto in cui si è svolta l’intera vicenda.

In sostanza, mi si presentava l’opportunità, salvando la memoria dell’esperienza vissuta da Sabatino, di salvare una tessera, una piccola tessera, che altrimenti sarebbe andata perduta, del grande mosaico che è la storia dell’Uomo.

Sono convinto, infatti, che ogni uomo, tutti gli uomini anche i più umili, siano portatori di messaggi piccoli e grandi che meritano di essere perpetuati, affinché la società o meglio ancora l’umanità li faccia suoi, al fine di migliorare l’esistenza dei propri membri.

E’ sulla narrazione delle sofferenze patite in quei lunghi venti mesi che si incentra il contenuto del libro. Un periodo nel corso del quale ai soldati italiani catturati, abbandonati alla violenza ed alla rabbia dei loro aguzzini, furono negate le garanzie e le tutele previste dalle Convenzioni Internazionali di Diritto bellico.

 

Venti mesi vissuti nei campi di concentramento, con un’alimentazione assolutamente inadeguata ai consumi energetici connessi con una attività lavorativa prolungata e faticosa, indumenti inadatti a sopportare le condizioni climatiche in aree geografiche caratterizzate da inverni rigidissimi; vita in ambienti malsani; assoluta assenza di qualsiasi assistenza sanitaria; uccisioni ingiustificate attuate anche con efferata crudeltà. E tutto nella più completa assenza di contatti con la madrepatria  e con le proprie famiglie.

Perché una esperienza di guerra vissuta quasi settanta anni fa, anche se così dolorosa, è stata narrata in un luogo sacro: nella Chiesa parrocchiale di Ortona dei Marsi?

I motivi sono molti: il primo di natura eminentemente pratica; ad Ortona non esistono spazi ove la comunità si possa riunire per occasioni come questa. Il recente terremoto ha, infatti, reso inagibile la sala conferenze realizzata dall’Ente Parco Abruzzo, Lazio e Molise, presso l’edificio scolastico, privando il paese dell’unico spazio di aggregazione di un qualche rilievo.

Gli altri motivi potrei definirli di valenza spirituale e non privi di una certa religiosità.

650.000 uomini innocenti furono costretti a percorrere un vero calvario ed a portare le loro croci per quasi due anni e di questi ben 50.000 persero la vita per le violenze subite.

Inoltre, Sabatino, nel suo memoriale, narra che in un frangente particolarmente grave della sua detenzione, provato dalla sofferenza, ha creduto di vedere la Madonna del Santuario di Sulla Villa.

Il culto della Vergine in questa piccola località ed in Ortona è molto sentito ed a Lei ci si rivolge con fede nei momenti di maggiore difficoltà. Sabatino così fece quando, insieme ad altri commilitoni stivati sino all’inverosimile in una nave, con un alta probabilità di essere silurati ed affondati e andare, quindi, incontro ad una morte atroce, si sentì vicino alla fine e si affidò ad una preghiera.

Ora, a distanza di quasi settanta anni, è la Madonna di Sulla Villa ad avere bisogno della solidarietà dei suoi fedeli; il terremoto del 6 aprile del 2009 ha ferito la Sua Chiesa e l’ha resa inagibile. La statua della Vergine è stata trasferita nella Parrocchiale di Ortona ed è venuto a mancare, così, un pezzo importantissimo della tradizione religiosa di questi luoghi. Si è deciso per questo di devolvere le offerte ricevute in cambio di una copia del libro di Sabatino ad un fondo che dovrà contribuire a coprire le spese per il recupero della chiesa.

Sarò forse un visionario, ma ho ritenuto di scorgere in tutto quanto ho narrato, il compimento di un cammino percorso dalla Vergine di Sulla Villa; cammino iniziato in un lontano giorno di settembre del 1943 nella stiva buia di una nave colma di una umanità dolente, proseguito attraverso le sofferenze patite dagli uomini in un campo di concentramento, seguito molti anni dopo dalle conseguenze del terremoto aquilano e oggi concluso con un primo atto di fede, volto a ripristinare la stabilità del Suo Santuario.

                                                                                                                                                           Vero