S. ANTONIO ABATE

Di casa in casa, di bicchiere in bicchiere, basta un saluto per onorare l’ospite.

 

Il ciclo delle rituali feste annuali ortonesi si apre con quella in onore di S. Antonio Abate. Prevista da calendario il diciassette gennaio, giorno in cui ricorre l’anniversario della morte del Santo, può essere anticipata o posticipata al sabato più vicino onde consentire la partecipazione anche agli ortonesi e non che vivono abitualmente fuori dal paese.

 

I festeggiamenti si svolgono secondo uno schema ormai consolidato. Chi partecipa conosce tutte le fasi del rituale, ne assapora ogni momento pregustando già quello successivo.

 

L’unica vera incognita è il tempo. Gli inverni miti delle ultime stagioni hanno favorito anche la festa di S. Antonio ma la neve, il ghiaccio e le bassissime temperature, una costante di molti anni fa, conferivano un’atmosfera speciale all’avvenimento. Dell’infanzia, indelebile, è il ricordo, leggermente velato di malinconia, delle scarpe affondate nei cumuli di neve, delle traversate in mezzo alla bufera per raggiungere la chiesetta e partecipare alla novena, dei “cannlott” appesi alle grondaie, dei piedi che si trasformavano in lastre di ghiaccio mentre, imperturbabili, si resisteva e si assisteva, dalle terrazze che si affacciano su via S. Antonio, alla “corsa dei cavalli”.

Allora, come oggi, per i bambini, soprattutto, e per gli adulti anche, il giro dei cavalli lungo le “ruve” del rione è uno spettacolo emozionante. Questi animali, che godono della particolare protezione di S. Antonio, fieri, si lasciano cavalcare da chiunque come se percepissero, con la sensibilità che li caratterizza, che questo è un modo molto particolare di manifestare la profonda devozione al Santo. E da qualche anno, grazie all’impegno di alcuni ortonesi, i cavalli sono tornati ad essere paesani ed alcuni proprietari, riprendendo un’antica e bella tradizione, hanno ricominciato ad addobbarli per la festa.

 

Sono i colpi di sparo che si odono intorno alle 14,30 del pomeriggio stabilito che danno avvio ai festeggiamenti. Le persone così richiamate, si avvicinano, pian pianino, al piazzale del vascone; arrivano, poi, i cavalli scortati dai loro cavalieri e la banda che subito intona alcune marcette. Al termine della celebrazione, nella parrocchiale, della Santa Messa tutti si riversano nel piazzale e sui muretti della piazza del comune perché vogliono assistere alla benedizione delle macchine ed ascoltare la batteria pirotecnica.

 

Ma questo non è che il “la” della festa che prosegue nel rione omonimo dove raggiunge il suo culmine. Qui è tutto pronto per accogliere i partecipanti. La brace è scoppiettante, le salsicce sono state sistemate sulla graticola e cominciano a cuocere. L’aria si riempie del loro fragrante profumo. Cresce l’acquolina in bocca. Un panino, per devozione a S. Antonio, prima che il pomeriggio si concluda, va gustato. E, infatti, i panini vanno a ruba innaffiati da numerosi bicchieri di vino, non solo quello messo a disposizione dal comitato organizzatore quanto quello offerto dagli abitanti del rione.

 

I portoni delle case rionali sono spalancati: è l’invito, tacito, rivolto a tutti indistintamente, di entrare e di accomodarsi per ritrovarsi, per scambiare quattro chiacchiere, per bere insieme un bicchierino sgranocchiando ferratelle e biscotti, assaggiando pecorino e prosciutto nostrani.

 

“Cominciamo il giro delle case” è il richiamo che si sente da più parti.

 

E dopo il bacio della Reliquia, all’imbrunire, quando “la corsa dei cavalli” si è conclusa con la benedizione degli animali, inizia il “casarienn casarienn”, la vera peculiarità della festa.

Di fronte ad ogni uscio aperto l’invito ad entrare è irresistibile, è un’ esortazione che sarebbe oltremodo offensivo disattendere e che sottolinea, ancora una volta, il grande senso di ospitalità che è proprio dell’essere ortonese.

 

E chi vive fuori Ortona torna appositamente per non mancare all’appuntamento e garantire la continuità della tradizione.

 

Si entra in ogni abitazione perché basta un saluto per onorare l’ospite, ma ce ne sono alcune che diventano tappe obbligate. In una si assaggia il pecorino, nell’altra le ferratelle, nell’altra ancora le alici e così via. Su tutto trionfa l’immancabile bicchiere di vino, offerto all’invitato, simbolo di compagnia e di allegria, che non si può rifiutare e che, visita dopo visita, comincia a far sentire i suoi effetti.

 

E, a fine serata, tutti sono più briosi, vivaci e spigliati perché la festa di S. Antonio è anche questo. 

 

 

                                                                                                                                                            Tiziana

 

 

su Alcuni Momenti le foto della festa