ORTONA DALLA CAMERATA DI UNA CASERMA

Lo stato d’animo di un giovane ragazzo che si allontana dalla sua terra

 

21 anni, tanti amici, tanto divertimento, una vita davanti ma una testa legata ancora al passato, all’adolescenza, a quando eravamo ragazzini, alle prime esperienze “da grandi”. Eppure mi sono ritrovato davanti ad una lettera che mi chiamava come volontario per l’Esercito Italiano e, nonostante l’avessi voluto proprio io, in quel momento mi sembrava tutto così impossibile.

Improvvisamente il piccolo Cristian era diventato grande. Così quella realtà, che fino ad allora mi era apparsa lontana, come un qualcosa che spettava “ad altri”, ora mi interessava direttamente. Dentro di me un continuo chiedermi cosa c’entrassi con quella lettera io che fino a poco tempo prima giocavo a pallone in piazza insieme ai miei amici, andavo a scuola come tutti i ragazzini, non pensavo a costruire il mio futuro ma solamente a divertirmi! E poi cosa ne sarebbe stato di Ortona, della mia casa, della mia famiglia, della mia vita di sempre? Come avrei potuto abbandonare Ortona così in fretta lasciandomi alle spalle tutto quello che mi aveva regalato? Fino a quando, da solo, mi sono dato una risposta: “Forse è arrivato il momento di crescere, di iniziare a costruirsi il proprio futuro, di pensare di più a cose serie perché, in fondo, non si può essere bambini in eterno!”

Tra domande e risposte è arrivato il maledetto giorno della partenza, quel 4 Luglio 2005 non me lo scorderò più! Ho dovuto lasciare tutto e andare incontro al mio dovere si, ma anche al mio volere, anche se a malincuore. I primi tempi non facevo altro che pensare al mio paesino lontano chilometri e chilometri da me. Non l’avevo mai abbandonato per tutto quel tempo. Dalla camerata della mia caserma potevo solamente immaginare che oltre quel vetro ci fosse Ortona perché di fatto, davanti, tutto c’era tranne che le sue mura, le sue persone, i suoi profumi freschi e puliti, le sue strade che fino a qualche giorno prima percorrevo continuamente. Ma non potevo certamente mollare. Superati i primi periodi, data anche la lontananza, ho imparato a guardare avanti, ad apprezzare i pro di tutto quello che stavo facendo, a costruirmi una piccola vita anche lì, mentre quella vera e grande la conservavo e la conservo tuttora in uno spazio prezioso del mio cuore, pronto a tirarla fuori ogni volta che ho voglia di rivivere i suoi momenti: a partire dalle giornate trascorse interamente dentro al campanile, alle partite a pallone in piazza senza toccare libro (perché ovviamente era la scuola un hobby, non il pallone), ai lunghi giri in motorino, alle risate con gli amici, alle lunghe chiacchierate, ai primi amori, alle sbornie dei sabati sera, alle morre, alle serate a “Ca’ d’Alfons”, alle cenette e poi, d’estate, ai preparativi per le pupazze, alle feste nei paesi vicini, alle ragazze adocchiate…!

Anche adesso, a otto mesi di distanza, in mezzo alla settimana non faccio altro che il conto alla rovescia aspettando il mezzogiorno di ogni venerdì quando, finito il turno, non vedo l’ora di salire in macchina perché, solo in quel momento, capisco che la mia unica destinazione è Ortona! E arrivederci al prossimo lunedì, cara caserma!!

 

                                                                                                                                                             Cristian