CARO BABBO NATALE

Felice Natale nella mia dolce terra

 

Caro Babbo Natale, siccome quest’anno sono stata particolarmente buona, vorrei che mi regalassi qualcosa di speciale…

 

23 dicembre 2005. Sono ad Ortona. Dopo il lungo viaggio, l’aria pungente è un vero toccasana, il torpore svanisce come per incanto ed il maestoso abete in piazza sembra proprio che mi stesse aspettando. Non tardano ad arrivare anche i numerosi “Bentornata”, gli abbracci e i baci che, con allegria, i ragazzi, come sempre, mi riversano addosso, travolgendomi come una valanga.

Anche la neve ha disegnato ghirlande e festoni sui tetti, sugli alberi, sulle montagne. Insomma non manca proprio nulla. La giornata trascorre veloce tra le cose da sistemare e quelle da programmare per gli imminenti giorni di festa.

24 dicembre 2005. La giornata comincia presto per me e mamma…la spesa da fare, il pranzo da preparare…Dina, Frangiò, Salvatore…baccalà, tagliatelle, agnello…bhè, non potete capire la gioia che ho provato in questo frenetico e, un po’ buffo, girovagare, il gusto che ti può dare l’odore dei “pscitt sott’acit” di buon mattino, il continuo scambio di auguri sinceri. Sono tutte cose molto semplici, lo so, ma, proprio per questo, sono davvero autentiche e chi le vive sempre, ogni giorno, potrà anche trovarle banali e stupide. Per me sono state l’inizio di una grandiosa giornata.

Nonostante tutti questi “impegni”, non mi è mancato il tempo per una lunga passeggiata e mentre percorrevo la via di mezzo, coprendomi gli occhi, di tanto in tanto, per non essere accecata dai giochi del sole sulla candida neve, i pensieri continuavano a saltellare nella mia mente e, uno su tutti, il paragone fra due modi diversi di vivere il Natale. Qui dove abito, purtroppo, questa festività è un po’ avvolta nell’anonimato: grandi vetrine addobbate, fastosi centri commerciali tutti illuminati, persone cortesi che non vedono l’ora di servirti, la frenetica ricerca dei regali più belli. Ma nessuno si ferma mai a pensare al significato profondo di questi gesti: non che sia sbagliato, ma siamo proprio sicuri che si debba ridurre questa festività solo al continuo colmare, con doni sempre ricchi, la vacuità di noi stessi e che la vita ci impone? Ad Ortona non c’è nulla: inutile negarlo, niente di tutto ciò che, ormai, impera nel mondo di oggi. Ma forse, grazie a questo, nessuno ci obbliga ad essere nient’altro che noi stessi; siamo, invece, tutti invitati a riflettere sul fatto che quel gioiello o quel vestito, che, in altre occasioni, avremmo tanto agognato, non avrebbe reso più felice il nostro Natale: c’è più luce nella neve, nei sorrisi degli altri, nelle campane a festa, che in un diamante, anche il più prezioso del mondo.

Così, pensando pensando, torno in paese: è già ora di pranzo! Mi affretto a raggiungere casa, dove mi adopero ad aiutare, un po’, mamma.

Nel pomeriggio, sono libera di uscire di nuovo e lascio il mio angelo del focolare a spadellare contenta: non ci crederete, ma Ortona rende gradevole il cucinare, persino a mia madre!

Raggiungo i ragazzi che, messaggeri della Pro Loco, stanno ultimando il giro per il paese, iniziato già qualche giorno prima, per recapitare, alle persone anziane, un piccolissimo presente. Incuranti del ghiaccio e del freddo, ci incamminiamo per le ruve del rione S. Antonio. Tutti ci accolgono felici, offrono dolci e liquori, e si vede che sono proprio contenti: contenti che noi, la Pro Loco, insomma, tutti, si siano ricordati di loro, gli anziani, piccoli grandi uomini e donne, da cui i giovani di Ortona prendono esempio, come modelli di lotta, di fatica, di saggezza e di virtù.

Come tappa obbligata, il giro si conclude con il classico aperitivo a “Cà d’Alfons”; ci salutiamo e rientriamo affamati ed io sono un po’ smarrita all’idea che tutti troveremo, più o meno, lo stesso menu in tavola, ma si sa, la tradizione…

Ore 23.30. Siamo tutti in piazza per la Messa di mezzanotte. Ad essere sinceri, il vedere la Chiesa quasi vuota mi rattrista: abituata, come sono, a vederla gremita di gente a Ferragosto…ma poi capisco che la neve ed il ghiaccio possono essere d’ostacolo a chi viene dalle zone alte del paese, soprattutto alle persone non più tanto giovani.

I miei primi pensieri volano al mio papà, che per motivi di lavoro, non può trascorrere il Natale con noi: prima o poi, toccherà anche a me di dover lavorare durante i periodi festivi e penso che sarò triste, forse proprio come lui.

La mia attenzione viene attirata quindi dalla Sacra Famiglia, ai piedi dell’altare: non si può dire che sia un vero e proprio presepe, ma questa immagine così intima, nella nostra Chiesa, attorniata da poca gente trepidante per la nascita del Salvatore, mi riempie il cuore di commozione.

La Messa è finita: in piazza, ci aspettano panettone e vino brulé per lo scambio degli auguri.

Eh sì, ormai il Natale è arrivato e ci aspetta una giornata in famiglia, si spera, con tanta serenità e pace per tutti.

Avviandomi verso casa, rivolgo un ultimo sguardo alla valle, che dorme placidamente sotto la sua coperta bianca. Sì, sono felice di questo Natale un po’ diverso, ma sicuramente speciale. Grazie Ortona, per avermelo regalato.

 

P.S. E poi chi dice che Babbo Natale non esiste?!?

 

                                                                                                                                                             Erica