PAESE DI ARTISTI

Una piccola comunità ricca di pittori, scultori, musicisti, scrittori e poeti

 

Ortona dei Marsi, poco meno di novecento abitanti, è un piccolo Comune della Marsica: regione storica dell’Abruzzo, ricca di tradizioni e monumenti. Il paese centrale è abbarbicato su un aspro colle al centro della Valle del Giovenco, ed è circondato da sette Frazioni poste in altrettanti luoghi ameni, ricchi di vegetazione e di colture portate avanti, nella tradizione, con metodi naturali.

Il clima, caldo in Estate, invita a lunghe passeggiate naturiste, immersi in sentieri ombrosi ed accompagnati dal profumo delle mele in maturazione, oppure lungo le sponde del fiume Giovenco in sintonia con l’acqua che scorre allegra e rassicurante. L’aria è sempre tersa, pulita, olezza di buono ed invoglia a respirare come non mai… allargano i polmoni, quasi, in un atto liberatorio… dopo mesi di smog ristagnante.

Di là dalla bellezza architettonica, paesaggistica ed ambientale d’Ortona, nicchia incontaminata ed oasi di ristoro, la sua caratteristica peculiare è la ricchezza d’ingegni che qui allignano ad iosa. In paese da sempre proliferano pittori, scultori, musicisti, scrittori e poeti in percentuale statisticamente significativa rispetto alla consistenza numerica della popolazione. In questa sede, senza avventurarmi in possibili spiegazioni del fenomeno, altresì degno di studio, desidero enumerare gli artisti attualmente operativi, riservandomi un excursus sul passato in altra occasione.

 

Dalle Esposizioni d’arte figurativa degli ultimissimi anni spicca la potenza espressiva e l’energia prorompente della pittura di Adriana Di Cicco; la buona forma del neoverismo naturalistico, alla F. P. Michetti, di Clemente Di Leonardo ove la figura umana è predominante e soverchia gli altri elementi compositivi; la grazia ed il colore naif del centralismo oggettuale delle tele di Angelo Iacobacci; la leggiadria del segno diafano, evanescente della matita che Daniela Asci pone nei suoi disegni; la forza nascosta e terrigna delle terrecotte di Tonina Asci, che seppur vivendo da anni in altri contesti socioculturali mantiene intatta la vis della sua etnicità unitamente alla dolcezza ed alla pietas tutta femminile dei suoi dipinti; all’eleganza degli acquerelli di Giuliana De Matteis che come un’Emily Dickinson ortonese crea sì un sublime rococò ma con escalations verso altezze vertiginose, metafisiche; al grigiore universale “dell’uomo senza qualità” delle enormi tele di Odorisio Perrotta che incombono sulle coscienze.

Ma non posso tralasciare la giovanissima Mara Albanese che informa di sé le Gallerie della nostra zona con una produzione ricca che si configura con chiarezza in un suo stile pittorico; né il paesaggista Tonino Del Gizzi, l’affermato Angelo Di Salvatore ed Antonio Cataldi il senior di tutti i pittori ortonesi.

 

Per la scultura cito Pino Buccella che padroneggia tecniche di più materiali: lignei, litici e metallici, di pregio la riproduzione in bassorilievo del primo sigillo ortonese del 1653; Remigio Eramo e la fenomenale fantasia dei suoi bestiari in radica di noce, ove in un solo pezzo si possono ammirare più elementi zoomorfici secondo come si orienta la scultura; Claudio Venti per la politura elegante e raffinata dei suoi manufatti: di notevole valore architettonico i balconi della casa di Vilfredo Taglieri ed altri ancora… Americo Eramo, Guido Taglieri ecc. ecc.

 

Tra i musicisti si caratterizzano: il chitarrista classico Piero Troiani per lo struggente lirismo esecutivo dei notturni di Chopin; il virtuoso del violino Osvaldo Taglieri, l’eclettico Nino Venti al mandolino, la potenza espressiva di Filippo Taglieri al sax tenore. Tra i giovanissimi, infine, eccellono Cristian Rodero per la sperimentazione di sonorità d’avanguardia al sax alto e la genialità poliedrica di Cristian Taglieri alla fisarmonica; recentemente è sorto un coro folklorico che dalle prime sortite in concert ha tutte le caratteristiche per un’affermazione sempre più estesa, ad esso un sincero buon lavoro.

 

Per la fotografia degni di nota: Giulio Di Benedetto, Antonio Di Cristofaro e Daniele Perrotta.

 

Nelle lettere rammento il poeta Vincenzo Buccella per la sua lirica civile, carducciana ovvero poesia della patria e della storia che non indulge a languori di stampo romantico ma designa solennemente la dignità d’ogni aspetto della vita di ordinary people.

Non da meno il fine rimatore Emilio Castrucci che in poche quartine traccia segmenti di “vita di paese”, quasi racconti minimalisti in versi, a volte forse dissacranti ma sempre ispirati da profonda umanità. Ora il nostro bardo si sta cimentando con una “Storia in rima d’Ortona novecentesca” di cui ho potuto cogliere qualche primizia, pertanto posso anticipare che sicuramente l’opera riscuoterà il dovuto successo.

In questo contesto svetta il poeta Tito Crisi che come scrive Giuseppe Buccella […] Con queste liriche T. Crisi dimostra in modo evidentissimo di essere dotato di estro poetico: alla ricchezza delle immagini sa far corrispondere altrettanta ricchezza di significato ed al calore dell’afflato la chiarezza dell’espressione che già si configura in uno stile. (da Il Tempo del 19 Gennaio 1978). Io posso aggiungere che la poesia di Tito Crisi, ad una lettura immediata e frettolosa, può sembrare di sapore simbolista proprio per la ricchezza d’immagini che la caratterizzano e che evoca nel lettore simbologie oniriche, metafore mentali, rappresentazioni interiori.

I simbolisti, come è noto, hanno fatto della poesia una forma di conoscenza ultima, dato che ritengono la realtà non esauribile in se stessa, ma celante una verità spirituale che solo il poeta può comprendere e possedere. Nel dichiarare che la natura è simile ad un tempio nel quale da vive colonne escono talvolta confuse parole, e che l’uomo vi passa come attraverso una foresta di simboli che l’osservano con sguardi familiari, (sonetto Corrispondenze) Baudelaire contrappone al mondo razionalista quello del puro sentimento. In questo manifesto chiaramente non possiamo incasellare la poetica di Tito Crisi; essa s’informa d’emozioni profonde ma contingenti ed esauribili nell’attimo stesso della loro percezione, per poi rincominciare con nuove sensazioni e così per sempre, il tutto però legato ad un unico filo conduttore: una figura di donna che genera il sentire.

La sua lirica, quindi, è immaginifica, nel senso che il creare immagini è solo l’espediente formale per costruire una buona gestalt che funga da habitus elegante per i propri sentimenti che devono essere sentiti, giammai spiegati.

Infine degna d’ogni lode la giovanissima poetessa Annamaria Palozzi che con linguaggio ermetico, nel senso di “poetica pura”, afferma la negazione della verbalizzazione degli stati emotivi, troppo personalmente intimi per essere propalati. Così i sentimenti, le passioni, la memoria del passato, l’angoscia e la gioia del vivere s’intravedono, fanno capolino qua e là… in controluce generando una lirica universale: l’epos delle umane emozioni.

 

Per concludere un pensiero particolare agli innumerevoli artigiani del ferro battuto, del merletto, del ricamo e del tombolo che con la sobrietà della loro produzione testimoniano la raffinatezza essenziale dell’estetica nostrana.

 

Giancarlo Antonangeli