PIANTE DELLE NOSTRE PARTI DA RISCOPRIRE

Le piante possono facilitare il nostro benessere e allontanare possibili insidie alla salute

 

Avevo una formazione scura, come un neo gonfio, vicino alla palpebra. Un medico mi disse: “è meglio toglierla ed analizzarla”. Istintivamente il pensiero mi andò ad altri tipi di cure che ricordavo applicati dagli anziani delle nostre parti ed a cose che avevo letto più recentemente sui libri.

Così cominciai un trattamento di celidonia: ogni giorno andavo a Sulla Villa, dove l’erba si trova comunemente lungo le mura delle case, e facevo la mia applicazione del succo giallastro della pianta. Come per incanto dopo tre settimane la formazione era scomparsa.

Nel passato la celidonia veniva usata dai contadini per togliere verruche, callosità, porri. E’ chiamata erba rondinella perché pare che le rondini mettano una goccia del succo di celidonia negli occhi dei piccoli per farli vedere.

Messegué nel suo libro “Ha ragione la natura” cita l’uso della celidonia per curare un tumore alla cornea. Nella medicina naturale ed in quella omeopatica la celidonia è usata per curare gli occhi e limitare il progredire della cataratta.

Una applicazione scoperta per caso qui ad Ortona, semplicemente provando, ha del miracoloso. Avete presenti quei fastidiosi pizzichi estivi di tafani, zanzare, vespe: ebbene una applicazione di celidonia non solo toglie il prurito, ma evita o almeno attutisce il gonfiore. E funziona anche facendo un estratto in alcool.

Erba da salvaguardare? Certo! Ma va usata con parsimonia e con attenzione perché il succo giallognolo ha proprietà tossiche e caustiche seppure “miracolose”.

Per togliere i porri nel passato veniva usato il succo di un’erba chiamata titimaglio (euphorbia helioscopia) anche essa comune nelle nostre montagne. Sembra una bella pianta grassa dalle foglie piccole che attira a raccoglierla. Ma attenti!: il succo è veramente molto caustico. Per questo era usata per bruciare i porri. Una ricetta scoperta cercando notizie su internet dice “…Chi si lava la bocca una volta al mese con il vino dove siano state cotte radici di titimaglio non ha mal di denti ed è un rimedio…" (da uno scritto del 1276). Chissà se prima o poi non sarà il caso di provare?

Proprio mentre ero alla ricerca di informazioni, mi sono imbattuto su una interessante applicazione delle “castagne pazze”, il frutto dell’ippocastano, quello del Parco della Rimembranza. Diceva: “…chi soffre di mal di gola e raffreddori metta nella camera quattro cinque castagne: ne trarrà beneficio…”. Così ho provato. Visto che ho sempre sofferto di raffreddore, ho messo castagne dovunque in casa. Sono ormai due anni che non ho più raffreddore, né lo hanno le persone che vivono in casa. Non so che dire, se non che qualche sera fa passeggiando per le strade di Ortona ho raccontato la storia ed il mio amico di passeggiata mi ha detto: “E’ vero! Lavoravo spesso all’aperto ed il raffreddore era continuo e snervante, fino a che all’Aquila qualcuno mi consigliò di mettere delle castagne pazze in tasca.  La cosa funzionò perfettamente e nel tempo mi sono tanto rinforzato che non ho più il raffreddore..” Ma allora è vero? Provate anche voi!

E che dire della bacca di rosa canina, i “cacavesc’” ortonesi. E’ ricco di vitamina C. Se in erboristeria comprate vitamina C, vi danno rosa canina in polvere. E che dire della bevanda di rosa canina: mettete a bollire tre o quattro bacche spezzettate, fate riposare, aggiungete miele: avrete il  “tè di rosa canina” calmante e gradevole. Io non bevo più il tè vero e proprio, preferisco quello dei cacavesc’.

Celidonia, titimaglio, ippocastano, rosa canina sono solo un esempio di piante preziose di casa nostra. E le mele, le patate, le “zannavott’ ”, le “ciacciavett’ “?

Ne parleremo un’altra volta. Un abbraccio.

 

Dalla residenza di Ortona il 20 Maggio 2004

 

Sergio

 

(foto: in alto la celidonia, in basso a sinistra la rosa canina)