NONNO ITALO

Grazio Italo Troiani è nato il 07.09.1909 ed è morto il 15.06.1995

 

A mio nonno, perché tutto quello che mi disse non si disperda, come stanno le foglie d'autunno sull'albero.

 

Mi ricordo da bambino tanti pomeriggi trascorsi con mio nonno che mi raccontava parte della sua vita, come pagine di un libro infinito.

In quei momenti la sua mente rispolverava il passato, come un vecchio giradischi, con sopra un 33 giri, che riproduce le dolci melodie degli anni “60”. Mi raccontava della sua fanciullezza in terra d'Abruzzo fino agli albori nella Roma del dopoguerra. La vita in Abruzzo era per lui la più piacevole da raccontare, piena di sacrifici e sofferenze.

Inizia in una piccola contrada chiamata "Camminata" che si raggiunge dalla frazione Cesoli di Ortona dei Marsi con un'unica strada sterrata lambita da piante selvagge. Si arriva in breve tempo all’unico caseggiato a pietre naturali bianche come fossero batuffoli di lana. Le forti raffiche di vento incanalandosi tra le rientranze, le sporgenze e i comignoli dei tetti creano una vera sinfonia musicale. Ora la “Camminata”, se pur parte del fabbricato è caduto in rovina, mantiene ancora inalterato un angolo di terra di altri tempi, ove si sente il solo cinguettare degli uccelli sulle grandi piante di querce secolari. Mio nonno era nato alla “Camminata” e lì viveva con suo fratello e sua madre. Il padre non era sempre presente perché per mantenere la famiglia era dovuto emigrare in America, in cerca di fortuna. Per mio nonno la “Camminata” era un posto veramente bellissimo che lui chiamava "giardino". A sentire Stendhal l'Italia era il giardino d'Europa, a sentire ITALO la “Camminata” era il giardino dell'Abruzzo. In ogni parte c'erano piante di fiori a più colori che emanavano un profumo da vero eden, grandissimi mandorli, querce alte con forme metamorfiche e radici che si inerpicano tra le rocce come i tentacoli di una piovra.

L'Abruzzo di quel tempo, come tutta l'Italia, era povero e la povertà era vista dagli occhi di mio nonno che da ragazzo, a sedici anni, aveva la vanga tra le mani nella terra del Fucino, davanti un orizzonte senza fine.

In un paese limitrofo, Santa Maria Maddalena, mio nonno incontra “Angelina” che diventerà sua moglie.

Arriva il 25 Aprile 1930 e mio nonno viene chiamato alle armi presso il 2° Reggimento Granatieri di Sardegna, 7 Compagnia, ove rimarrà fino al 7 Settembre 1931.

I sacrifici della vita sembrano non finire mai.

Arriva la guerra e il 26 Febbraio 1942 viene richiamato alle armi. IL 22 Settembre 1942 partirà, con il 3° Reggimento Granatieri di Sardegna mobilitato, alla vota della Grecia, territorio dichiarato in “stato di guerra”.

Un altro enorme dolore incombe nella sua vita. IL 29 agosto 1943 viene fatto partire in licenza speciale per la perdita di una figlia in tenera età.

Ricordo che mi raccontava di essere arrivato con il treno a Pescara dalla Grecia, in tre giorni senza mai fermarsi. Alla stazione di Pescara vedeva tutto bombardato. Rimase scioccato dal vedere i binari del treno in aria come pali della luce. Pensava alla sua famiglia, ad Ortona alla sua casa, cosa avrebbe trovato. Preso un altro treno per andare da Pescara a Carrito nell’ultimo tratto, poco prima di arrivare in Carrito, il treno entra in una lunghissima galleria e lì prende fuoco. Il panico, la gente cerca di aprire i vagoni per lanciarsi fuori. Uno strazio unico. Ancora dolore e sofferenza ma poi tutto passa e la vista di Ortona gli fa luccicare gli occhi. Quelle poche lacrime sembrano un mare che riesce a spegnere il fuoco sul treno.

IL 15 Luglio 1944 collocato in congedo ritorna alla sua terra. La famiglia si arricchisce di due figli e sembra posarsi un velo di serenità.

La magra vita del dopoguerra costringe mio nonno a spostarsi altrove per cercare un lavoro più redditizio per le esigenze famigliari. Insieme ad altri ortonesi si reca alle porte di Roma. Lì trova lavoro e fissa le basi per cominciare una nuova vita. Mio nonno costruirà una casa, lavorerà la terra ma il suo cuore rimarrà sempre in Abruzzo, a quella terra che gli ha dato la forza di resistere agli urti della vita.

 

La vita va avanti e il 15 Giugno 1995 mio nonno è venuto a mancare. Si è spento in silenzio.

 

Ricordo che alcuni weekend trascorsi ad Ortona la gente del posto mi vedeva passare per le viuzze del paese e mi chiedeva chi fossi. Se facevo il nome di mio padre e/o quello di mio nonno non tutti mi riconoscevano ma mi bastava dire di essere il nipote di “palanca” che tutti mi conoscevano. Mio nonno per gli ortonesi era soprannominato “palanca” perché era un uomo forte, alto e robusto proprio come una “palanca” da muratore.

 

In un’altra occasione ebbi modo di comprovare di che bontà fosse mio nonno. Un giorno in paese venni fermato da una donna anziana che mi conosceva e mi raccontò questa storia: mentre lei si trovava in compagnia di altre bambine a giocare con bambole stracciate, in piazza, incontrarono mio nonno che doveva portarsi a Pescina per lavoro. Al suo ritorno regalò ad ognuna di loro una nuova bambola che aveva comprato appositamente. Un gesto di bontà che quell’anziana signora ancora adesso ricorda.

 

Grazie nonno di avermi raccontato la tua vita. Ne ho fatto tesoro e te ne sono grato. Ancora oggi penso a te, alla nonna e alle vostre storie. Rimarranno sempre nella mia vita, fiero di avere avuto nonni abruzzesi.

 

Claudio Troiani