DIVERTIRSI CON POCO

Il piacere di divertirsi consentiva di vivere serenamente momenti belli della propria vita

 

“Divertimento”, “Divertirsi” qual è il significato preciso di queste due parole? Il vocabolario italiano così recita: “Divertimento” è ciò che diverte, “Divertirsi” vuol dire occupare il proprio tempo in attività gradevoli e distensive, darsi ai passatempi, agli svaghi e simili.

E viene spontaneo chiedersi: quali sono, ma soprattutto quali sono stati i passatempi degli Ortonesi? Come si divertivano? Osservando la realtà ortonese oggi, in un paese nel quale la maggioranza della popolazione è anziana, indubbiamente la televisione costituisce il più importante svago.

Ma così non è sempre stato. Ortona agli inizi del Novecento era un paese popolato con tante persone giovani, coppie con prole numerosa, tanti single, diremmo oggi, e naturalmente persone anziane e tale è rimasto fino intorno agli anni sessanta – settanta.

Certo la vita era dura, trovare un lavoro, in tutte le sue diverse forme, era un obiettivo prioritario perché solo guadagnando qualche lira ci poteva essere una pur minima garanzia di “mangiare”. I prodotti della campagna erano la risorsa primaria, l’andare al negozio era un lusso per pochi.

In una realtà così difficile gli ortonesi non rinunciavano a divertirsi, volevano farlo, e sapevano farlo, soprattutto si divertivano con poco. Si concedevano, specialmente alla domenica, quando era più facile sottrarsi agli impegni quotidiani, una mezza giornata da dedicare agli svaghi che generalmente durava dal primo pomeriggio fino all’ora di cena.

E che cosa facevano?

Ballavano.

All’epoca non vi erano le discoteche che abbiamo oggi e i mezzi di trasporto che avrebbero consentito di raggiungerle. I giovani ortonesi però erano perfettamente organizzati, si erano creata la propria “discoteca fai da te”: prese “a prestito” delle stanze nelle case più grandi, procurato un giradischi e tanti, tanti dischi di liscio ed ecco pronta ed allestita “la discoteca”, il luogo di ritrovo dove l’imperativo era incontrarsi per ballare, chiacchierare, fare il filo alle ragazze e divertirsi per davvero.

Il piacere di danzare sulle note dei walzer viennesi, delle polke, delle mazurche, consentiva di estraniarsi dalla realtà quotidiana e vivere serenamente un bel momento della propria vita.

 

Il giradischi spesso non era necessario, il più delle volte si ascoltava e si ballava musica dal vivo: Marchitt’ di SullaVilla e Radiconte con il loro organetto, Tolmino e poi Fulvio e Guido Iacobacci (i sacrastar’) con la loro fisarmonica accompagnavano i ragazzi e le ragazze ortonesi nelle loro allegre e spensierate giravolte.

Diverse le abitazioni che hanno ospitato queste discoteche fai da te, diverse per le diverse generazioni: alcune nel rione S. Onofrio vicino alla Torre, dietro la Chiesa, presso la casa di Candida (sopra la fontanella), sotto casa di Santino e poi presso la casa di Cicipicch’ dove c’era un grammofono americano con l’altoparlante a tromba, presso la casa di Joletta detta i Beij, sopra la Torre, presso la casa di Benvenuto sempre sopra la Torre (vicino casa della Farretta), un’altra ancora vicino casa di Angelina di Rizziero.

 

Ma la gioventù ortonese la domenica pomeriggio era impegnata anche in altro modo.

L’arrivo delle suore intorno agli anni ’40 divenne un punto di riferimento per le famiglie ortonesi. Avviarono la scuola materna, il famosissimo asilo, che consentiva di fornire una prima semplice preparazione ai bambini più piccoli anche se agli inizi le suore non avevano grandi risorse e per preparare i pasti utilizzavano quanto ciascun genitore offriva.

Le suore si occupavano anche dello svolgimento di alcune attività utili per le giovani ragazze, infatti avevano organizzato il “laboratorio” e specialmente nella stagione invernale, tutti i pomeriggi, impartivano alle ragazze più grandi lezioni di taglio e ricamo.

Ogni domenica le bambine e i bambini più piccoli e le ragazze fino a 16 anni d’età circa si riunivano intorno alle ore 14.00 presso l’asilo per la cosiddetta “adunanza”. Praticamente una sorta di invito a trascorrere il pomeriggio domenicale con le suore per ricevere lezioni di catechismo, ma, anche per giocare e svagarsi. I partecipanti erano suddivisi per gruppi secondo le fasce di età e il catechismo veniva impartito dalle maestrine ossia dalle ragazze più grandi.

Poiché le suore avevano creato anche ad Ortona una sezione dell’Azione Cattolica con connesso tesseramento, la distinzione per gruppi coincideva con quelli creati dall’Associazione medesima e quindi: piccolissime, beniamine, aspiranti e gioventù.

E, … terminato finalmente il dovere, si passava al piacere: tutti si riunivano in un’unica stanza per divertirsi giocando a palla prigioniera, a campana, a circolo, oppure, nelle belle giornate, facendo lunghe passeggiate.

Spesso si ballava accompagnati da Don Vincenzo che suonava la fisarmonica mentre Fulvio Asci scriveva poesie.

In quegli anni l’edificio che ospitava l’asilo si trovava presso la casa di Giuseppe Buccella.

Poi intorno agli anni ’60 venne costruito l’asilo comunale in via Roma.

Le suore organizzavano anche gite fuori porta che offrivano alle ragazze e ai ragazzi l’opportunità di uscire da Ortona.

 

Occasioni di svago e di spensieratezza si avevano anche durante la settimana, quando nelle belle giornate di sole, compatibilmente con gli impegni lavorativi, per scambiare quattro chiacchiere e godere della bella giornata, gli uomini si fermavano al sole e vi erano dei punti “strategici” dove poterlo fare: davanti casa di Pippetta il quale rallegrava sempre perché raccontava le barzellette, il cosiddetto “Ospedale”, cioè il muro di fronte al Comune, il muro di Flammariano ossia l’angolo all’inizio di Via Piano perché unico punto lungo quella strada assolato, ‘n coppa alla torre e poi alla Rota e aj Carrocc’ (punto proprio vicino al Castello).

Pure le ragazze si riunivano al sole e si dedicavano a lavori di cucito, rammendo, uncinetto e facevano la calza.

 

Tramontato il sole l’appuntamento imperdibile per le giovanette e per le donne era la partecipazione alla messa serale mentre gli uomini e i giovanotti si ritrovavano alla sera a bere un bicchiere di vino in osteria oppure si fermavano a chiacchiere dal barbiere, il più noto Alfred j Barbier, detto Debb’t, sotto la piazza, dal sarto e dal calzolaio.

 

Un altro tipo di divertimento era “i mont”: ci si ritrovava d’inverno, la sera, presso qualche stalla – dove era caldo – e qui si chiacchierava, si cantava, si raccontava, si facevano scherzi.

Un’altra occasione di divertente passatempo si verificava al tempo della raccolta del granoturco, “le mazzocche”. Alla sera ci si riuniva presso la casa che aveva fatto il raccolto per “scartocciare le mazzocche”, togliere cioè l’involucro di foglie attorno al frutto. A chi capitava di scartocciare una mazzocca “roscia” aveva il diritto di baciare una ragazza.

 

Anche l’impegno con il coro costituiva un’occasione di svago. Al termine della messa serale si svolgevano in chiesa le prove di canto. Circa una ventina di giovinette vi partecipavano per imparare nuovi canti e ripassare quelli vecchi che poi avrebbero arricchito le celebrazioni liturgiche domenicali e soprattutto quelle più importanti per il paese: la festa di San Generoso, il 15 Agosto e le feste di Settembre.

 

D’inverno gli uomini venivano reclutati dal Comune e forniti di pale per togliere la neve dalle strade. Ma in piazza e soprattutto davanti casa di Pippetta i ragazzi “facevano a “scivolarella” – i’ sc’lipp’ -, buttavano l’acqua sulla neve, che con le basse temperature ghiacciava, e poi via a scivolare con il massimo divertimento per loro e imprecazioni per chi su quella strada doveva passare.

 

Una ghiotta occasione di divertimento era il Carnevale con l’imperativo per tutti di mascherarsi. Tantissime le maschere che attraversavano le strade di Ortona con un canestro per la raccolta delle uova, mentre nella piazza, con la musica dell’organetto suonato da Zagajia (siamo nella metà degli anni ’30) si divertivano le maschere “brutte” così chiamate perché avevano dei costumi fatti con il sacco di tela o con pelle di capra o con tanti campanelli.

La sera si giocava a “ov’ ‘nganna” e si ballava un po’ dappertutto fino allo scoccare della Mezzanotte quando suonava il campanone cioè don don che segnava l’inizio del nuovo giorno nel quale non si potevano mangiare gli avanzi del giorno prima perché cominciava il tempo quaresimale.

Inoltre fino agli anni ’50, durante il periodo di Carnevale, si organizzava presso l’edificio che ospita il Comune un veglione nella cosiddetta Sala del Littorio (primo piano attuale).

Nel teatro, oggi centro per anziani, intorno agli anni ’30-’40, Ortona ospitava spesso alcune compagnie teatrali che rappresentavano spettacoli drammatici e comici ma per assistere si pagavano due soldi, quattro soldi e quindi non tutti potevano permetterselo.

Altre recite era organizzate dal maestro di scuola e messe in scena dagli alunni oppure da una compagnia di attori dilettanti ortonesi.

Spesso ci si recava al Teatro per ascoltare Don Mimì che suonava il pianoforte accompagnato da Senofonte Troiani che suonava il violino.

Negli anni ’30 al dopolavoro, che si svolgeva dove ora sta la casa dei Buccella, una fonte di intrattenimento era costituita dai prestigiatori venuti da paesi vicini.

E in alcune case si faceva dello spiritismo.

 

Tutto quello che costituiva un forte diversivo alle abitudini quotidiane veniva accolto come occasione di divertimento: così nel ’35 quando vennero a fare il campo ad Ortona i soldati del 99° Reggimento Fanteria dell’Aquila (occuparono il terreno ove ora c’è l’edificio della scuola e i prati vicini) e si ascoltava la fanfara o quando alcuni soldati vennero per il Campo invernale sopra Carrito e arrivò anche l’allora principe ereditario Umberto.

 

Don Ottavio, parrocco di Ortona negli anni ’33-‘40 aveva organizzato un’Associazione chiamata “Gli aspiranti di San Generoso”. Tutte le sere gli iscritti si recavano a casa del prete per cantare, giocare a tombola e alla befana c’era l’albero delle scatole, un grande albero pieno di scatole con dentro piccole sorprese: caramelle, mandarini.

La notte di Natale la maggior parte dei ragazzi giocava a tombola a casa di Cesare di Simone fino all’ora di andare a Messa.

 

Anche la novena alla Madonna di Sulla Villa ero lo spunto per divertirsi: quando si riscendeva era abbastanza scuro e i ragazzi scappavano avanti per sistemare un cappio col fil di ferro lungo la strada così che le ragazze andavano a sbattervi contro.

 

Memorabili e tanto attese poi le feste organizzate nei paesi vicini ad Aschi, San Sebastiano, Cesoli, Carrito.

 

Questi sono ricordi di vita vissuta (in un periodo compreso tra la fine degli anni venti e l’inizio degli anni sessanta) dalle nostre nonne e nonni, dalle nostre mamme e papà, per qualcun altro dai propri bisnonni che, comunque, davvero con poco sapevano “occupare il proprio tempo in attività gradevoli e distensive, darsi ai passatempi, agli svaghi” ossia divertirsi.

Possono essere un esempio per la nostra generazione, per i ventenni alla continua ricerca di nuove e diverse forme di intrattenimento. Uno sguardo al passato per trovare degli spunti, delle idee valide anche per la realtà di oggi, che a prima vista possono sembrare impraticabili e invece sono attuali e realizzabili.

 

Tiziana Di Iacovo